Boato: troppe pressioni sulla giustizia di Antonella Rampino
Boato: troppe pressioni sulla giustizia Dopo D'Alema, gli interventi dei relatori. D'Onofrio: sul federalismo 5 nodi da sciogliere Boato: troppe pressioni sulla giustizia Salvi: Scalfaro potrà restare in carica fino alla riforma ROMA. «La riforma non sarà la bandiera di una maggioranza parlamentare precostituita, ma il traguardo faticoso di un impegno comune»: Massimo D'Alema è in piedi, dietro il lungo banco allestito per i relatori del progetto di riforma costituzionale che si discute nell'aula di Montecitorio. Ha 20 minuti, il presidente della Bicamerale, e sfora di 2. Violante lo sollecita a concludere, ma D'Alema tira dritto per la propria strada. Ha cominciato evocando i padri costituenti di mezzo secolo fa, richiedendo «lo spirito laico e l'onestà intellettuale di tutti», sta terminando con un'osservazione ficcante: «Io non ignoro le difficoltà e le diffidenze che ci attendono. Non ci è stato dato in sorte di salvare la nazione: la politica, oggi, è una cosa grigia, e il Paese sfiancato, dobbiamo rinnovare il patto con i cittadini». Si sta parlando della nuova Costituzione, ma l'atmosfera è sotto tono. Un quarto di deputati presenti, e i banchi dell'opposizione vuoti. Al contrario di quel che succede sempre, ci sono i leader, Berlusconi, Fini, Casini, Bertinotti: tutti applaudiranno ogni intervento dei relatori. C'è il governo, rappresentato da Veltroni, Napolitano, Turco, Bogi. Il momento è solenne, ma i deputati lo snobbano. «Colpa del lunedì» dirà poi Berlusconi. «Fu così anche nel '48» noterà Boato, che si è andato a spulciare le carte di Umberto Terracini. Massimo D'Alema ha sottolineato che sono state tenute presenti le esigenze di tutte le parti sociali perché «nessuno doveva sentirsi estraneo da una ricerca comune». Poco dopo, il relatore sulla parte della giustizia Marco Boato, che proprio accanto a D'Alema è seduto, tornerà a parlare delle «indebite ingerenze» della magistratura, delle sue pressioni, con un incipit che quasi nega che in Italia vi sia «uno Stato di diritto degno di questo nome». Ma, soprattutto, D'Alema ha citato le «assai stimolanti proposte dei sindaci e dei presidenti delle Regioni». Siamo l'unico Paese che ha scritto due Costi¬ tuzioni in mezzo secolo, dice orgoglioso. Anche se «il voto sulla forma di governo è prevalso di misura, e in modo rocambolesco». Il discorso di D'Alema ha fatto da prologo ai relatori delle varie parti della nuova Costituzione. Francesco D'Onofrio ha sottolineato che la via al federalismo presenta ancora 5 nodi, l'affermazione del principio di sussidiarietà, una miglior definizione dehe competenze legislative dello Stato e delle Regioni, una miglior definizione del federalismo fiscale, l'ingresso di giudici di designazione locale nella Corte Costituzionale, la possibilità di estendere anche ad altre Regioni le autonomie speciali. Pronta la risposta in aula, nel pomeriggio, della Lega: voghamo per la Padania lo stesso statuto della Sicilia. Cesare Salvi, relatore sulla forma di governo, ha detto che il semipresidenzialismo all'italiana «non nasce d" "na cena di irresponsabili commensali», ma dal grande filone del costituzionalismo europeo. E il premierato non fu scartato «per un colpo di mano della Lega», ma perché questo modello «comprime il Parlamento, e non è un caso che nessun Paese europeo preveda l'elezione del premier mentre la grande maggioranza prevede quella del Presidente della Repubblica». Salvi ha replicato an¬ che all'obiezione circa gh scarsi poteri del Capo dello Stato nella proposta di semipresidenzialismo: ci sono poteri espressamente previsti, e poi «nella normalità del sistema il Presidente è estraneo alle funzioni pohtiche dirette dal governo». Come chiosa alla relazione, Salvi ha proposto una norma transitoria che verrebbe applicata nel caso in cui le riforme non fossero pronte alla scadenza del mandato di Scalfaro. Succederebbe questo: verrebbe eletto un nuovo Presidente (magari lo stesso Scalfaro) con le norme attuali, per poi procedere all'elezione diretta del nuovo Capo dello Stato appena la riforma entrasse in vigore. Ida Dentamaro ha parlato a braccio della «ridefinizione del concetto di sovranità del Parlamento, delle nuove forme di esercizio», e della necessità di un bicameralismo differenziato. Marco Boato si è lanciato in un'arringa, per quanto pacata, di difesa «della piena e consapevole autonomia» dei bicameralisti contro il «patetico e giuridicamente inconsistente tentativo di cercare di delegittimare alla radice la nostra attività di riforma». L'ultimo relatore della mattinata è di minoranza. E' Armando Cossutta: dice no al «presidenzialismo», no alla separazione delle carriere dei magistrati, no al bicameralismo, no al referendum confermativo unico. Dice no «perché il presidenzialismo porta il segno di Fini, e la riforma della giustizia ha l'impronta di Berlusconi». Antonella Rampino Il presidente «Siamo il solo Paese ad avere scritto due Costituzioni in mezzo secolo» E la Lega rilancia «La Padania abbia lo statuto della Sicilia» A sinistra Cesare Salvi e a destra Marco Boato
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