Un bandito
Un bandito Un bandito «Era un figlio l'obiettivo» BRESCIA. E' andato avanti per tutta la giornata l'interrogatorio di Agostino Mastio, 41 anni, originario di Galtellì (Nuoro), che il 17 giugno dello scorso anno partecipò al sequestro Soffiantini. In un'aula della corte d'appello di Brescia, Mastio, che per primo ha iniziato a collaborare con la giustizia dopo l'arresto avvenuto il 19 ottobre, ha raccontato in ogni dettaglio le fasi del sequestro e i suoi preparativi. Mastio aveva già raccontato, subito dopo l'arresto, tutti i particolari sui preparativi del sequestro, sul rapimento vero e proprio e sulla gestione della sua prima parte, fino alla sparatoria in cui perse la vita Donatoni. Ora i magistrati della Procura di Brescia hanno chiesto l'incidente probatorio in quanto vogliono che le sue dichiarazioni entrino nel processo e possano essere utilizzate in un prossimo dibattimento. Mastio ha raccontato di aver deciso di collaborare con la giustizia dopo la morte dell'ispettore Donatoni. «Io non pensavo che sarebbe finita così. Anche quando ho portato le armi a Riofreddo, pensavo che servissero per la difesa. Poi quando hanno ucciso l'agente dei Nocs tutto è cambiato, mi è crollato il mondo addosso e ho detto "Non ci sto più"». Mastio avrebbe ribadito che non era intenzione della banda sequestrare Giuseppe Soffiantini, l'anziano imprenditore malato. Obiettivo della banda sarebbe stato Paolo Soffiantini, figlio minore, che all'epoca del sequestro era in servizio militare. Il rapimento di Paolo non andò in porto, secondo il racconto di Mastio, a causa delle informazioni sbagliate fornite dal basista, il manerbiese Pietro Raimondi. [Ansa]
Persone citate: Agostino Mastio, Donatoni, Giuseppe Soffiantini, Paolo Soffiantini, Pietro Raimondi, Soffiantini
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