«Lo Stato può salvare Soffiantini»

«Lo Stato può salvare Soffiantini» Il governo prende le distanze dal rigido blocco dei beni, i ministri: questo dramma ci ha scossi «Lo Stato può salvare Soffiantini» Napolitano e Flick: la legge favorisce la liberazione dei rapiti ROMA. Il governo prende le distanze dal rigido blocco dei beni ai Soffiantini. I ministri Giorgio Napolitano (Interno) e Giovanni Maria Flick (Grazia e Giustizia) hanno firmato un comunicato congiunto per far sapere che, «scossi dal dramma», si aspettano che lo Stato favorisca la liberazione dell'ostaggio. Il che, in concreto, significa lasciare libera la famiglia di pagare il riscatto. Non lo dicono in maniera esplicita, i due ministri, ma il messaggio è chiaro: la legge consente le scappatoie. E' chiaro anche chi è il destinatario del comunicato: quel magistrato che a Brescia caparbiamente insiste per la linea dura. Il giudice Giancarlo Tarquini ancora due giorni fa ripeteva che «la legge ci impone di bloccare tutti i beni di famiglia». Ieri mattina aveva appena ammorbidito i toni: «Vogliamo la liberazione di Soffiantini. La nostra non è una linea qualificabile con la fermezza o non fermezza. E' una linea conforme ai nostri doveri. Non è una linea rigida, la legge è il nostro unico punto di riferimento». Ieri sera ha preferito non commentare le dichiarazioni dei ministri. Ma la discussione «blocco sì, blocco no» ormai ha ben poco di teorico. Non si parla di future modifiche. Si dibatte sul come applicare la legge esistente. Da una parte c'è la procura di Brescia che non si stanca di ripetere che «il blocco dei beni è un dovere». Dall'altra, a sorpresa, proprio il teorico della linea dura, il procuratore Antimafia Piero Luigi Vigna, la contraddice: «La legge non esclude la possibilità che il magistrato che conduce l'inchiesta, qualora ne ravveda l'esigenza, conceda l'autorizzazione al pagamento del riscatto. La vita dell'ostaggio rimane sempre l'obiettivo primario dell'azione investigativa». E anche il procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, è interlocutorio: «Se fossi magistrato, farei di tutto per impedire il pagamento. Se fossi padre, farei di tutto per pagare». Con questi appigli in mano, i due ministri si gettano apertamente nella polemica. «Partecipi dell'angoscia dei suoi familiari», Napolitano e Flick lanciano alcune indicazioni inequivocabili. Primo, prendere esempio dal sequestro di Silvia Melis: in quel caso fu pagato un riscatto, probabilmente con il tacito assenso delle autorità. Secondo, il magistrato può concedere la deroga: «Lo stesso procuratore na¬ zionale antimafia ha opportunamente richiamato la possibilità che le norme vigenti offrono per favorire la liberazione degli ostaggi». Terzo, «le forze di polizia hanno fatto e stanno facendo col massimo impegno la loro parte sotto la direzione dell'autorità giudiziaria». E' un modo per ricordare che la responsabilità è di Tarquini e dei suoi sostituti. Sta a loro decidere se allentare la linea dura oppure no. L'uscita in pubblico dei due ministri si capisce meglio se si considera lo scenario più accre¬ ditato tra gli investigatori della polizia: ormai i carcerieri di Soffiantini, isolati dal resto della banda, vogliono chiudere la vicenda; l'offensiva delle lettere, pubbliche e private, è un segnale di debolezza; a questo punto meglio lasciare che si paghi il riscatto e poi potrà scattare la grande caccia all'uomo. E questa sembra anche la linea scelta dal governo. Che in definitiva spiazza anche le opposizioni, pronte a cavalcare la polemica contro la legge antisequestri. Un fronte composito che va da Achille Serra (Forza Italia) al Sindacato autonomo di polizia (Sap), gli ex sequestrati Silvia Melis e Dante Belardinelli, Maretta Scoca (Ccd), l'avvocato Fabio Broglia (coordinamento nazionale famiglie ex sequestrati), Gian Mario Selis (presidente Consiglio regionale Sardegna), il libero sindacato di polizia (Lisipo), Gianni Murgia (ex rapito, coordinatore dell'associazione rapiti sardi), Ombretta Fumagalli Carulli (Lista Dini). Persino il procuratore generale della Sardegna, Francesco Pin- tus, boccia la legge: «Da quando la legge è in vigore, almeno in Sardegna, i sequestri sono aumentati». E mentre l'imprenditore sardo Nicki Grauso fa sapere che «Soffiantini poteva essere libero sulla parola», avendo partecipato a un avvio di trattativa nel novembre scorso, si fa sentire il vescovo di Brescia, monsignor Bruno Foresti: «Spero che la famiglia possa trovare un canale per pagare». Francesco Grignetti Vigna: «La vita dell'ostaggio rimane sempre l'obiettivo primario degli investigatori» Tinebra: «Se fossi padre farei di tutto per pagare il riscatto alla banda» A destra la famiglia Soffiantini. Da sinistra l'imprenditore rapito, i figli Giordano, Paolo, Carlo e la moglie Adelina A destra la busta indirizzata al direttore di Canale 5 e la lettera scritta da Giuseppe Soffiantini

Luoghi citati: Brescia, Caltanissetta, Roma, Sardegna