E Telebisogno sbaragliò TeleUlivo di Massimo GramelliniEnrico Mentana

E Telebisogno sbaragliò TeleUlivo Dai terremotati a Di Bella, fino ai rapitori, Mediaset diventa la voce del contropotere E Telebisogno sbaragliò TeleUlivo CON la lettera di Soffiantini al Tg5 è nata ufficialmente Telebisogno, la contea di Mediaset che confina con Emilio Fede e comprende Canale 5 e l'isolotto di Santoro a Italia Uno. Rispetto al progetto originale di Costanzo ha forse una «bi» di troppo, ma il risultato finale è lo stesso. Sottrarre alla Rai la piazza principale del Villaggio. Diventare il megafono, il riferimento e la valvola di sfogo di chiunque non si riconosca in un'istituzione consolidata. Rapiti e rapitori, Cobas del latte e del letame, occupanti di licei e scienziati emarginati: chi ha qualcosa di indispensabile da dire alla gente, adesso ha un posto dove andare. Senza mediazioni esagerate ed esasperanti cautele. Basta che accetti le regole del gioco. Emozioni e conflitti, come nello spettacolo. Confronti diretti, come nello sport. Se avete bisogno, benvenuti a Telebisogno. I primi a capirlo furono i terremotati umbri, che affidarono le loro rabbie al Gabibbo di «Striscia» dopo aver visto i troppi gabibbi dei telegiornali Rai aggirarsi fra le macerie urlacchiando «Va tutto bene!». Gh agricoltori, gente pratica, si sono accodati immediatamente ed è toccato ancora una volta al tg sempre meno satirico di Antonio Ricci destabilizzare la Grande Melassa che tutti ci sommerge e ci ipnotizza. Mostrando le manganellate, il ritiro del portafogli e gli altri soprusi subiti dai rivoltosi. Poi, mentre la mucca Ercolina preferiva il Costanzo Show alle numerose stalle della Rai, arrivava l'intervista esclusiva di Canale 5 a Silvia Melis. Non era solo lo scoop di due bravi giornalisti come Costanzo e Mentana. Era la testimonianza che il centro del Villaggio aveva cambiato sede. E' quella sera, siamo pronti a scommetterlo, che i rapitori di Soffiantini decisero di inviare al Tg5 e non a Saxa Rubra la loro macabra missiva. Sulla busta hanno scritto «Enrico Mentana, Mila- Enrico Mentana no», perché persino ai pastori sardi riesce impossibile pensare che un signore così efficiente e nevrotico lavori a Roma, la città delle istituzioni e della loro voce: la Rai. Non è una questione di audience o di prestigio, ma di affinità. Con le debite proporzioni, la decisione dei sequestra tori di Soffiantini ricorda quella dei brigatisti al tempo del rapimento Moro, quando le Br scelsero come buca delle lettere un quotidiano ancora poco diffuso, «la Repubblica». Sentivano che era un interlocutore vicino al Potere come gh altri, ma più flessibile e spregiudicato. Gli stessi motivi per cui oggi chiunque sia in minoranza, all'opposizione o più drammaticamente alla macchia preferisce comunicare con Telebisogno che con la Rai. Persino un vecchio medico come Di Bella, che probabilmente non ha mai visto una puntata di «Stranamore» in vita sua, finisce per affidarsi alla tv commerciale. A quella che, mentre la Rai si macera sui veti di Rosy Bindi, fa esplodere il caso della somatostina nel talk show di Santoro e lo riprende, decuplicato di attese, in una serata-evento su Canale 5. La politica non c'entra. Almeno non la politica intesa come idee: i protagonisti di Telebisogno simpatizzano per l'Ulivo esattamente come quelli della Rai. C'entra invece, e moltissimo, la politica intesa come potere. Nonostante le sue smanie progressiste, il centrosinistra non ha tolto alla tv di Stato quell'immagine di istituzione che sta sempre dalla parte dell'Istituzione (governo, sindacato, medicina ufficiale). Un'etichetta che, lungi dal renderla autorevole, ha fatto smarrire alla Rai qualsiasi credibilità presso il mondo dei bisogni reali. E' questa, al di là delle bizze di un Siciliano o di un Iseppi, la vera scommessa perduta. La sconfitta storica di TeleUlivo. Massimo Gramellini Enrico Mentana

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