La triste galleria delle donne di Bill di Fiamma Nirenstein

La triste galleria delle donne di Bill Storie troppo ordinarie di cinismo e superficialità, senza un filo di classe La triste galleria delle donne di Bill SU Clinton, il suo priapismo, il suo arcaico ius primae noctis, invariabilmente associato con la forza del potere, c'è poco da dire: è quasi simpatico per quanto appare fuori della storia, quasi pazzoide. Un uomo così bravo, così politicamente attendibile, il primo democratico rieletto per due termini consecutivi, che tiene in piedi un'economia tanto solida di fronte alle tempeste asiatiche, un navigatore che sa tenere a bada Netanyahu e Arafat nelle stesse ore in cui tutta l'America ride della sua sessualità... Chissà, se va bene forse dice la verità, almeno in parte. Così sia, per ora. Ma nelle storie d'amore e di sesso bisogna essere sempre in due: e qui comunque i due sessi sono implicati, allindi occupiamoci per il momento delle varie lei. Raramente, come in questa storia, l'imbarazzo è stato tanto vasto, disteso a 360 gradi: moglie, amante, amica dell'amante, l'una che fa una figura peggio dell'altra. Ma perché, perché Hillary Clinton, per esempio, se n'è uscita non solo con una pubblica dichiarazione di solidarietà, ma anche con l'impegno di coordinare la squadra professionale per la difesa legale e morale del Presidente? Dopo che già una volta aveva salvato la carriera pohtica del marito apparendo con lui in televisione per una pubblica dichiarazione di amore post tradimento, non sarebbe adesso stato di migliore esempio Ldel per le donne, verso cui ha pure delle responsabilità, aspettare un momento, tacere, o almeno dichiarare con discrezione il suo grande affetto per Bill senza entrare in una dimensione tanto pratica, combattente, starei per dire affaristica? Così facendo, invece, Hillary suggerisce un'idea peraltro suffragata da tutte le cronache di palazzo: ormai infatti si dice e si scrive che la moglie del Presidente, così intelligente, colta, il vero autore del successo del marito, il lavoro di first lady lo compia appunto come mia professione, molto importante. Ma senza amore. Lasciando da parte Paula Jones, un tipo interessato certo molto più al denaro che alla pubblica morale (almeno così appare) e rispettando la storia d'amore con Jennifer Flowers troppo lunga e complessa perché si possa dirne su due piedi alcunché, veniamo a Monica Lewinsky. Abbiamo sognato giovani donne che non si sedessero, finalmente, sulle ginocchia del boss in ufficio. Va bene, era solo un sogno, e poi questo è il grande BUI: un uomo bello e importante, un a Bill papà così eccezionale, il Presidente! Certo, confuso col fascino del potere nella testa di Monica c'era anche una grande passione giovanile: poteva tenersi nel cuore questo segreto e farsene una forza per la vita. Ma certo, se invece verrà fuori che Monica, come si dice, ha conservato le tracce biologiche della sua grande avventura per vari anni, invece di mandare la camicetta in lavanderia, qui c'è qualcosa che non va. Inoltre se sarà confermato che l'unica forma di rapporto era il sesso orale, se fra i due questa ginnastica era esphcita, reiterata, una specie di accordo quasi fisso anche se non esphcito, anche questo risulta triste. Dato che ognuno ha i suoi gusti non lo sapeva tuttavia Monica che si fa anche in un altro modo? Era così soggiogata da non farci caso? Infine, l'amica di Monica, la gran pettegola signora Linda Tripp, fissata sugli amori del Presidente, di cui aveva già spiato e spifferato un altro ipotetico episodio, carica di fili elettrici e orpelli meccanici per registrare le ripetute telefonate, frenetiche, fissate, della giovane amica del Presidente, a volte alcune decine al giorno, carpendone semplicemente la buona fede. Mi pare di vederla: «Dimmi cara, come ti capisco! E allora lui? E allora tu?». Che figura, care donne! Fiamma Nirenstein

Persone citate: Arafat, Clinton, Hillary Clinton, Jennifer Flowers, Linda Tripp, Monica Lewinsky, Netanyahu, Paula Jones, Storie

Luoghi citati: America