«Così viviamo da cinque anni con un bimbo senza cervello»

«Così viviamo da cinque anni con un bimbo senza cervello» Catania: storia di Alberto, colpito dalla stessa malformazione del neonato di Torino «Così viviamo da cinque anni con un bimbo senza cervello» CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE C'è un altro Gabriele che da quasi sei anni vive la sua battaglia con la vita, circondato da una famiglia che gli dà amore e che lo ritiene «un miracolo di Dio». Si chiama Alberto e vive a Catania con Domenico e Chiara D'Antonio, 42 anni lui, 40 lei, una coppia di genitori adottivi che hanno anche una figlia di 15 anni e un'altra di 13, adottata quando era ancora in fasce. La loro è una storia di amore e di speranza; la loro gioia di vivere e di far vivere lascia sbalorditi. «Lo abbiamo preso in affidamento quando aveva 7 mesi - racconta Domenico D'Antonio, che fa il capostazione -. Noi facciamo parte dell'associazione Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Un giorno, un'assistente sociale ci ha segnalato il caso di un bimbo idroanencefalico ricoverato dalla nascita al policlinico perché i genitori naturali lo avevano abbandonato. Io e Chiara siamo andati a vederlo. Durante le ore di visita, lui e altri due bambini molto ammalati venivano coperti con i lenzuolini. Ce ne siamo innamorati e siccome era stato dichiarato adottabile, lo abbiamo chiesto. I medici ci dissero che aveva pochissime speranze di vita. Noi abbiamo pensato: Se deve morire, meglio a casa nostra che qui». Alberto aveva una situazione ancor più grave di Gabriele, 0 neonato torinese di cui la madre voleva donare gli organi: oltre alla mancanza dei due emisferi cerebrali, infatti, la calotta cranica era invasa dal liquido delle meningi, che ogni giorno di più premeva. «Quando ce l'hanno dato, era la settimana di Pasqua del '93. Lo abbiamo subito portato all'ospedale Garibaldi e lo abbiamo fatto operare per rimuovere quel liquido. Anche lì ci diedero poche speranze. Ora è qui, accanto a me. Tra poco compirà 6 anni. Non vede, non sente, non può parlare, non cammina e ha sempre i pannolini, ma sorride, ama stare in braccio, ama stare nel lettone con noi. Se piange, lo prendiamo dal suo lettino e ce lo mettiamo in mezzo al nostro. E lui smette». «La nostra voglia e il suo sorriso ci hanno permesso di fargli fare una vita normale, anche se non vorrei essere frainteso quando uso questo termine: va all'asilo, va con mia moglie in piscina, lo abbiamo portato sull'Etna, a tremila metri, abbia- mo preso funivia e seggiovia e lui neanche un raffreddore, mentre noi ce lo siamo presi. Mangia frullati. Certo lo imbocchiamo, ma per noi e gli altri nostri figli è normale. Ci ha fatto vedere dimensioni che non conoscevamo». Alberto ormai va sempre meno dai medici: «Prima aveva molte convulsioni, anche sei, otto in un giorno e ognuna poteva essere fatale. Ora ne ha molte meno. I medici dicono che lo stiamo costruendo. Lo osservano perché non c'è una grande casistica in questo settore. E se lui vive 6 anni, si potrà dire che un bambino in queste condì- zioni può vivere fino a 6 anni; se ne vivrà 12, diranno che si può vivere fino a 12». Sposati da diciotto anni, dopo sette anni di fidanzamento, i D'Antonio vivono in un appartamento in pieno centro, al sesto piano di un palazzone che guarda un altro ospedale cittadino, il Ferrarotto. Riconoscono il solo disagio di non poter far entrare la carrozzella con Alberto nell'ascensore, «ma siamo ancora giovani e ce la facciamo». Quando il bimbo entrò in casa loro, della famiglia faceva parte anche una ragazza di 17 anni che avevano in affidamento: «C'è sempre un po' di andirivieni a casa nostra - scherza Domenico D'Antonio - ma a noi va bene così»». L'arrivo di Alberto ha indotto Chiara a lasciare l'insegnamento della musica: «Ma per scelta felice», precisa. Anche per gli altri parenti, i 6 anni di Alberto in quella casa non sono più un problema. «Certo, prima erano un po' scioccati, li abbiamo messi in crisi ricorda Domenico - oggi però anche loro sostengono che è un miracolo. Mia madre mi dice "guarda, ti sorride, ti ha sentito". Ha visto che viviamo tutti una vita normale». Il discorso inevitabilmente torna su Gabriele, sulle polemiche e le ferite che si sono aperte: «Stamattina mia moglie mi ha detto che con i genitori di Gabriele noi siamo come parenti stretti. Vorrei dir loro di essere sereni. Noi siamo opponibili a incontrarli. Per noi è una gioia quella che stiamo vivendo. Può diventarlo anche per loro. Ho letto sui giornali che la madre lo va a trovare e lo accarezza; le dico che è sulla buona strada. Gabriele potrebbe morire tra un anno, fra tre, sei, chissà. Saranno gli anni migliori della loro vita perché lui ha un modo per amare e per essere amato». E per 0 suo Alberto, che futuro vede Domenico D'Antonio? «Se se ne dovesse andare domani, avrà già fatto un grande lavoro di conversione all'amore, per tanta gente. Ma, a dispetto di quel che dice la scienza, io penso che mi vedrà morire». Fabio Albanese «Ci dissero che doveva morire, ma oggi è qui con noi, sorride E' un miracolo» «Frequenta l'asilo e la piscina. I medici ci hanno spiegato che lo stiamo costruendo» La coppia che lo ha adottato: «Ci piacerebbe incontrare i genitori di Gabriele e spiegare loro che ciò che stanno vivendo può essere una gioia» Alberto, 5 anni, insieme con la madre Chiara D'Antonio

Persone citate: Chiara D'antonio, D'antonio, Domenico D'antonio, Fabio Albanese, Giovanni Xxiii, Oreste Benzi

Luoghi citati: Catania, Torino