«Fiero di quel patto» di F. 1.1.

«Fiero di quel patto» «Fiero di quel patto» Mori: e sul covo di Riina i magistrati sanno tutto FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Mario Mori, promosso generale dal primo di quest'anno, è un ufficiale dal carattere difficile. A tutto antepone il suo orgoglio di carabiniere ed è sempre pronto a difendere con determinazione l'operato dell'Arma. Per questo ritiene offensivo anche soltanto il minimo dubbio che possa essere avanzato sulle operazioni compiute dai suoi uomini. Per questo ieri, trovandosi di fronte i cronisti che hanno scritto dell'ormai famigerata trattativa con Vito Ciancimino, non ha potuto fare a meno di mostrarsi risentito per quelli che lui considera «attacchi ricevuti». «Chi mi conosce», esordisce coi giornalisti, «sa come sono solito comportarmi sul lavoro». «E comunque - aggiunge - per fugare ogni polemica basterebbe prendere atto di un fatto semplice e cioè che Vito Ciancimino l'abbiamo arrestato noi, due volte. Che Angelo Siino, a suo tempo, l'abbiamo arrestato noi. Che, infine, Salvatore Runa - è bene non dimenticarlo - è stato arrestato dai carabinieri». Ce l'ha coi giornalisti, il generale Mori. Dice di non sopportare la banalità di alcune osservazioni «specialmente da chi le cose dovrebbe saperle per essersi occupato di mafia per anni». Non serve obiettargli che i cronisti invano, per settimane, hanno tentato di ottenere risposte ai loro quesiti. Anzi lascia intendere che si è dovuto pentire per aver accettato un colloquio che poi «si è tramutato in una imboscata». Evidentemente si riferisce all'unica intervista concessa su questi argomenti. «Questa di stamattina - spiega - mi sembra l'occasione adatta, il luogo istituzionalmente corretto per chiarire quanto c'è da chiarire. Anzi, sarebbe stato opportuno che tutti ci si fosse adeguati a questo modo di procedere». E Invece? Mori lascia cadere, anche se la tentazione di entrare nei particolari è forte. Non gli sembrano condivisibili le critiche mosse alla «trattativa» con Ciancimino. «Io quella operazione la rivendico. Ne sono orgoglioso. Avevamo la necessità di mcrinare la difesa blindata di Cosa Nostra. Eravamo nel 1992, non scordatelo, e allora era la mafia a vincere e noi stavamo in braghe di tela. La scelta di Ciancimino significava mirare alto, la certezza di arrivare ai vertici del gruppo corleonese. E comunque ci proponevamo di portare dalla nostra parte l'ex sindaco di Palermo. Nessuno può contestarci che ci siamo riusciti. Noi, alla fine, seppure con poche armi nelle mani perché avevamo niente da offrire a Ciancimino, abbiamo consegnato alla magistratura palermitana un uomo che aveva deciso di collaborare non più segretamente ma secondo le leggi. Se questo non è avvenuto non è dipeso da noi». E che cosa dice sulla cattura di Riina? «Al covo di via Bernini ci eravamo arrivati da soli. L'arrivo di Balduccio Di Maggio ha accelerato l'operazione. L'arresto di Runa non ha nessun buco nero, come dimostrano gli atti e tutto quanto è stato prodotto». Già, ma cosa è successo dopo la cattura? Mori questa volta non perde la pazienza e sceglie la diplomazia: «E' avvenuto qualcosa che ha per testimoni sei ufficiali dei carabinieri e sei magistrati della Procura di Palermo. Qualcosa di cui non parlo perché, mi dicono, c'è una inchiesta in corso». [f. 1.1.]

Luoghi citati: Firenze, Palermo