De Donno: Concimino voleva fare rinascere Tangentopoli

De Donno: Concimino voleva fare rinascere Tangentopoli Gli ufficiali del Ros spiegano in aula la trattativa con l'ex sindaco di Palermo per catturare Riina De Donno: Concimino voleva fare rinascere Tangentopoli FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO A sentirla raccontare dai diretti interessati, il gen. Mario Mori e il cap. Giuseppe De Donno, sembra tutt'altra cosa la storia della famigerata ((trattativa» fra Stato e Cosa Nostra. Il «dichiarante» Giovanni Brusca, seduto davanti alla stessa Corte d'Assise che dovrà giudicare i presunti autori delle stragi del '93, l'aveva descritta come una sorta di autentica mediazione, tentata dallo Stato per cercare di fermare la violenza stragista di Totò Riina. Una mediazione che sarebbe dovuta partire sulla base del «papello» presentato dai capi di Cosa Nostra, cioè da vere e proprie richieste scritte. Ieri si è arrivati alla conclusione che il «papello» non fu mai presentato a Mori e De Donno (((perché altrimenti lo avreste trovato acquisito agli atti»). Brusca mentiva, allora? Non è detto: può essere accaduto, infatti, che i contatti tra i carabinieri e Cosa Nostra - attraverso Vito Ciancimino che a sua volta parlava col dott. Cina, medico curante di Riina - non siano sfuggiti all'ambiente. Tanto da far arrivare all'orecchio dell'allora capomandamento di San Giuseppe Jato, la notizia che «quelli finalmente si son fatti sotto». Una simile eventualità, infatti, non la esclude neppure il gen. Mario Mori, sentito per la seconda volta, insieme con Giuseppe De Donno, l'ufficiale che nel 1992 riuscì a creare il «contatto» con Vito Ciancimino, attraverso il figlio dell'ex sindaco di Palermo, Massimo. Che tipo, il Ciancimino venuto fuori dal racconto dei due investigatori. Altro che vecchio in disarmo. Non solo accetta spregiudicatamente il contatto coi carabinieri, non solo accende speranze di intervento in direzione dei capi «corleonesi» con l'obiettivo di far cessare le stragi. Oltre a questo complicatissimo gioco, l'ex sindaco di Palermo che sa di dover tornare in carcere quando la pena inflittagli diventerà definitiva - cerca di mettere in piedi una colossale «provocazione» e si offre come ((infiltrato» nello scivoloso mondo che sta a cavallo fra politica, affari, mafia e corruzione. Don Vito propone a De Donno - a margine del terreno su cui dovrebbe svolgersi la loro «trattativa» - di aiutarlo a reinserirsi nel mondo degli appalti. Come? «Ripescando» e trasferendo all'estero (condizione che avrebbe previsto la restituzione del passaporto sequestratogli) due vecchie imprese in disuso che gli avrebbero permesso di rientare in contatto con le grandi aziende, anche quelle del Nord, e ricreare il meccanismo messo in crisi dalle indagini del pool di Milano. Perché i carabinieri potessero avere il controllo dell'operazione sotto copertura, Ciancimino si dichiara disposto ad «assumere» il cap. De Donno di cui ormai dice di fidarsi ciecamente. Ma perché il chiodo fisso di Tangentopoli? Per il semplice fatto che don Vito, da vecchio uomo di mondo già collaudato nella spartizione delle tangenti e da tutti riconosciuto «equo e corretto» appunto nella spartizione, in questo suo delirio, riteneva di poter ricostituire il sistema delle tangenti, l'unico che secondo Ciancimino - «poteva ga¬ rantire la sopravvivenza della politica». In sostanza, senza tangenti lo Stato sarebbe andato verso il collasso, «è una macchina senza le ruote». Questa era la «diagnosi» che Ciancimino faceva su quanto accadeva allora in Italia. Secondo lui, dunque, si sarebbe dovuto «inventare» la condizione ideale per creare i reati, ma per poi reprimerli, dal momento che i carabinieri altro non avrebbero potuto fare. Strane idee, ininfluenti, comunque, alla sorte della «trattativa» principale. Mori e De Donno, infatti, precisano che il silenzio dei carabinieri di fronte al delirio dell'ex sindaco, altro non era che un modo per «dargli corda». L'obiettivo dei due ufficiali era quello di spingerlo, infatti, verso un punto di non ritorno e catturarlo in direzione degli interessi dello Stato. La verità è, però, che neppure i carabinieri si aspettavano una disponibilità così totale e soprattutto così repentina. Tanto che, quando Ciancimino comunica (al quarto in¬ contro con Mori) di aver ottenuto il contatto coi capi di Cosa Nostra che - a loro volta - chiedevano «chi rappresentate e cosa volete», i carabinieri si trovano spiazzati. Impreparati e soprattutto senza proposte serie da inoltrare, dal momento che, ammette Mori, «non avevamo nessuno alle spalle». Ma allora perché avviare il contatto? Dice il generale: «Dovevamo fare qualcosa per reagire al senso di frustrazione dopo la strage di Capaci. Ciancimino ci sembrava la persona adatta per portare contraddizioni all'interno di Cosa Nostra». In sostanza, dall'ex sindaco di Palermo gli ufficiali del Ros non si aspettavano di più di qualche «dritta» sullo stato della mafia, su chi dirigeva quella offensiva stragista e forse qualche «(buona notizia» per catturare Salvatore Riina. Dice Mori: «Credo che se non fossero precipitati gli eventi, alla fine Ciancimino ci avrebbe fatto prendere Riina. Il suo scopo era quello di evitare il carcere». Ma la cattura di Riina, faceva parte della «trattativa»? Sull'operazione del 15 gennaio 1993, in via Bernini, Mori non ammette dubbi: «Tutto regolare». Il presidente della Corte d'Assise ne è tanto convinto da stroncare sul nascere qualsiasi domanda degli avvocati: «Con questo processo la cattura di Riina non c'entra». Fine dell'udienza e, si spera, delle polemiche. Francesco La Licata OLI INCONTRI PERICOLOSI Si gettano le basi, le pre-condizioni per un reciproco «sondaggio»; Il generale Mori spiega di aver portato avanti la trattativa con l'ex sinduco pensando di ottenere ai massimo qualche informazione. Ciancimino accenna n a Mori la sua posiÀw 1 zione giudiziaria, e Mori gli parla de|le ; stragi, dello scontro frontale con lo Stato, e domanda: «Ma non si può parlare con questa gente?», riferendosi ai capi dei cor le onesi. ■■■ Al terzo incontro Vito Ciancimino: sorprènde Mori e De Donno facendo loro capire che il dialogo con la «controparte» in Cosa Nostra era stato ovviato, tramite un intermediario. Ciancimino annuncia: ho un contatto con i capi, e domanda: ma voi chi rappresentate? Mòri esce allò scoperto e risponde che qualunque trattativa non può che avere come condizione la resa dei capi. Il capitano dei carabinieri De Donno in una foto d'archivio assieme al generale Mori A sinistra il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni ieri a Partinico per l'inaugurazione del «Giardino Di Matteo» assieme a Gigia Cannizzo sindaco del paese