Una mazzata al dollaro di Ugo BertoneLarry King
Una mazzata al dollaro SEXYGATE E MERCATI Una mazzata al dollaro E Wall Street sconta lo scandalo MILANO. Finora, a Wall ! Street, era nota la legge di John Maynard Keynes: il listino tende a salire a mano a mano che la moda accorcia le gonne, segnale infallibile di ottimismo. D'ora in poi, però, i guru del listino e dei mercati valutari ricorderanno pure l'effetto Clinton. C'è voluta, infatti, l'ennesima scappatella del presidente per ribaltare gli umori dello Stock Exchange e del dollaro: in sole 48 ore, mentre sui monitor di Bloomberg, l'agenzia finanziaria più diffusa, appariva sempre più di frequente l'immagine di Miss Monica Lewinsky, il dollaro passava da quota 1811 a 1753 lire e il Dow Jones infilava sedute negative che hanno portato intorno a quota 7700 (duecento punti perduti nella seconda parte della settimana) e, soprattutto, diffuso malumori e paure tra i broker di tutto il mondo, spaventati dalle prospettive di minori utili in vista per le «blue chips» della Borsa, come dimostrano già gli ultimi conti deH'Ibm. Ma perché il mondo degli affari, da Tokyo a Milano, deve preoccuparsi della moralità del signor Clinton? «Perché commenta l'autorevole Financial Times - il mondo ha bisogno di una leadership piena degli Usa per mille motivi, di cui almeno tre sono più che urgenti». Ovvero: una cura decisa per la crisi asiatica, prima che il germe della deflazione infetti l'economia globale; una ripresa del dialogo in Medio Oriente, a garanzia della stabilità dei prezzi sul fronte delle materie prime; una avallo politico a favore della liberalizzazione dei commerci e della caduta delle barriere protezionistiche, contro ogni eventuale tentazione. L'assenza di una leadership autorevole a Washington o, peggio, l'eventualità di un presidente dimezzato dalle sciagure d'alcova, rischia perciò di influenzare in maniera considerevole il corso di quel fiume di denaro (trilioni di dollari...) che ogni giorno s'incanala sui circuiti telematici di tutto il pianeta. «All'improvviso - afferma Bob Near, vicepresidente della Bank of New York - ha fatto crescere il fattore rischio associato agli Stati Uniti». E questo in un momento delicato, quando solo gli Stati Uniti possono offrire garanzie di stabilità e sicurezza ad un'azione di risanamento del Far East che s'annuncia tutt'altro che facile o agevole. Il crollo della rupia indonesiana, quasi parallelo alle nuove difficoltà di Bill Clinton, è un chiaro segnale del disordine sotto i cieli della finanza del Far East. Nel giro di una settimana la valuta di Giacarta ha perso quasi metà del suo valore.(rispetto a sei mesi fa la svalutazione nei confronti del dollaro è addirittura dell'80%) sotto l'incalzare dell'inquietudine politica (il clan Suharto sembra deciso a non arretrare) e della sensazione che il tracollo finanziario sia quasi inevitabile: i debiti in valuta delle banche e delle società indonesiane, per giunta a breve, sarebbero superiori all'ammontare dei prestiti del Fondo Monetario. E' molto difficile che il tracollo dell'Indonesia non abbia pesanti conseguenze nel resto del Far East. E non appare, a questo punto, poi così impossibile lo scenario più nero: tracollo dell'import asiatico e, al contrario, guerra commerciale a suon di prodotti a basso co¬ sto verso l'Occidente. Nei soli Usa, secondo l'Economie Policy Institute, la crisi asiatica ha messo a rischio oltre un milione di posti di lavoro, sia tra gli esportatori che, soprattutto, tra le aziende che potrebbero andare in crisi sotto l'incalzare della concorrenza asiatica. I problemi di Clinton, insomma, cadono in un momento molto delicato. Ed è difficile che qualcuno possa surrogare ad un vuoto di potere di Washington. Dal Giappone arri¬ vano segnali incoraggianti, grazie alle riforme avviate da Hashimoto, ma Tokyo sarà per molto tempo impegnata a risolvere i problemi interni. In Asia, a metà febbraio, volerà il ministro delle Finanze tedesco, Theo Waigel, a conferma che le banche di Francoforte sono non meno esposte di quelle americane o giapponesi in Far East. Ma è dubbio che basti Waigel per cancellare i danni delle «bimbo eruption». Ugo Bertone L'eventualità di un leader dimezzato incrina l'immagine di stabilità associata all'economia Usa Qui a destra Monica Lewinsky, Bill Clinton e (sotto) una presunta ex amante del Presidente, Gennifer Flowers intervistata dalla Cnn al Larry King Show
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