Il telefono «premaman» di Fabio Galvano

Il telefono «premaman» Fa discutere in Inghilterra l'apparecchio per parlare al feto Il telefono «premaman» PLONDRA RONTO, chi parla?». «Non dire sciocchezze, sai benissimo chi sono». E se a tanto non si arriverà sarà per il buon senso dei due interlocutori, la mamma e il nascituro. Perché se dovesse dipendere dalla Chrischild, intraprendente azienda di Bixby, nell'Oklahoma, già presente su Internet e ora all'assalto dell'Inghilterra, il suo Fetal Phone, o telefono fetale, è l'ideale per comunicare con il pancino. Si sa che il bambino sente la voce della mamma non appena è sufficientemente sviluppato, attorno al quinto mese. Ma apparentemente non basta. Ha anche bisogno, secondo gli inventori americani, di una «hotline», un filo diretto. Perché la voce della mamma è confusa, dicono, proiettata com'è verso l'esterno: serve quel marchingegno che sembra una trombetta acustica - un tubo in cui si parla e un cono da appoggiare sull'epidermide in prossimità del feto - per avviarla nella direzione giusta. Con beneficio di tutti: soprattutto del feto, insistono dall'Oklahoma, che diventerà «più intelligente». Perché non solo, una volta nato, il pupo riconoscerà meglio la voce della mamma e avrà quindi con lei un legame più stretto (senza parlare di papà, fratelli, sorelle, zù e nonni, che potranno tutti parlargli facendo uso di quel telefono); la pretesa è che la mamma possa già mandarlo all'asilo, insegnandogli le lettere dell'alfabeto e i numeri. Il mondo medico reagisce strabuzzando gli occhi. «Sciocchezze», taglia corto Malcolm Chiswick, pediatra al St. Mary's Hospital di Manchester: «E' vero che il feto reagisce ai suoni dopo 18 settimane, ma soltanto a livello di riflesso. Il suo cervello non è abbastanza sviluppato per l'apprendimento». Quel che è peggio, non è in grado di sbattere il telefono in faccia a quei seccatori. Fabio Galvano

Luoghi citati: Inghilterra, Manchester, Oklahoma