«Amore? Solo sesso dopo il litigio»

«Amore? Solo sesso dopo il litigio» Lei: Massimo era dolce, ma mi rubò il portafogli. Lui: mi chiamava coccolo, per i soldi era pronta a tutto «Amore? Solo sesso dopo il litigio» Faccia a faccia in aula fra gli ex amanti di Capriolo BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Lei lo chiama «il signor Massimo Foglia». Lui, fa anche peggio: «Maria Angiola mi chiamava coccolo, ma l'unica cosa che le interessava erano i soldi. Per quelli sarebbe disposta a calpestare chiunque. Anche ammazzare suo marito Oliviero, che chiamava bastardo perché aveva tutto intestato». Eccoh qui, gh amanti di Capriolo. Uno contro l'altro, adesso che sono davanti a un giudice e che alle spalle hanno le martellate e le coltellate di quella notte nel villino con i nani di cemento in giardino. Si accusano a vicenda, fino a rinnegare tutto. «Amore? Ma dopo la prima htigata è stato solo sesso», giura lui, jeans nero, dolcevita nero, «olio Johnson sui capelli», come tiene a precisare. «Massimo era dolce, ma la prima volta che siamo usciti mi è sparito il portafogli, poi mi ha detto che faceva le rapine, che aveva partecipato a un assalto a un portavalori e c'era scappato il morto. Poi, quella notte...», spara lei d'un fiato, senza guardarlo negli occhi. Anzi, arriva a chiedere l'aiuto del presidente Roberto Pallini: «Signor giudice, il Foglia continua a fissarmi...». «Può farlo», è la risposta che non ammette repliche. Quella che raccontano, i due imputati di tentato omicidio premeditato, è una storia d'amore e sesso, tanto sesso. Senza mezzi termini, senza peh sulla lingua, senza nascondere nulla che adesso non è più il momento delle bugie, non è più colpa degli albanesi, come aveva sostenuto Maria Angiola Assoni quella notte. «Sa, si parlava tanto di extracomunitari e di albanesi...», si giustifica lei. .9vojJbi «Massimo era dolce, sapeva capire i miei punti deboli», spiega Maria Angiola a! giudice. Che in- calza, che vuol sapere, che quasi si scusa se con certe domande violerà la privacy, ma a questo punto tutto deve essere chiaro. «Perché, lo frequentava?», chiede il giudice. E lei balbetta: «Era dolce, era dolce, non so rispondere». Stessa domanda a Massimo Foglia. Non si tira indietro: «La prima notte che ci siamo incontrati alla discoteca Number One diceva che voleva scappa-e con me. Sì, all'inizio c'era l'amore, ma dopo la prima htigata, solo sesso, tanto sesso. Ci usavamo tutti e due. Io di barba ne ho tanta, ma lei di pelo ne ha parecchio». Giura, Massimo Foglia: «Mercoledì sera, il 16 aprile, il giorno prima del fattaccio, ci siamo visti dalle parti di Palazzolo. Abbiamo avuto il sohto rapporto, lei sdraiata sul cofano della sua macchina». «Un rapporto contronatura?», chiede il pm Paolo Guidi. «Dipende da cosa intende...», è la risposta di Fogha. Che specifica: ((Avevo rapporti con Maria Angiola, davanti e dietro». Ammette tutto, Massimo Fogha. Ma non di essere stato nel villino quella notte, non l'aggressione a Oliviero Signoroni, il marito di Maria Angiola. Non le coltellate, il mattarello picchiato in testa, i pugni e i calci e il sangue ovunque. «Io quella sera non c'ero», giura lui, in carcere da settembre mentre lei è lì, libera tra i suoi avvocati, libera di fumarsi le sigarette una dietro l'altra e di sorridere. E di confermare che quella maledetta sera, Massimo Fogha era lì. «Avevamo litigato, quella sera l'ho chiamato alle 23. Volevo sapere se era ancora arrabbiato. Mi disse che non ce la faceva più, che si sentiva solo. Lo invitai a casa perché avevo dei sensi di colpa», inizia il suo racconto la donna. E ricorda la tv accesa, le luci spente, il marito a letto da un'ora e lei sul divano bianco che aspetta. «Arrivò a mezzanotte, fantasticò sulla fuga che avremmo potuto fare. Poi ci abbracciammo», spiega Maria Angiola, adesso con la voce bassa e cento occhi addosso. ((Abbiamo avuto un rapporto sessuale, un rapporto anale e ho urlato. Avevamo i pantaloni abbassati, temevamo che arrivasse qualcuno. Poi il rapporto è continuato...», non lesina i dettagli. Tutto diventa nebuloso nei minuti successivi, quando assicura di aver visto Massimo correre in cucina, rompere una calza da mettere sul volto, infilarsi nella stanza del marito. «Sentivo urlare, ero nel panico, ho visto mio marito coperto di sangue...», racconta Maria Angiola. «Non ero lì, non ero lì», ripete Massimo Fogha in un ritornello che dura dal momento dell'arresto. E ancora una volta scarica tutto su di lei, dipingendola nel peggiore dei modi: «Una volta mi fece vedere i documenti della casa, le polizze, tutto intestato a lui. "Quel bastardo deve morire", mi diceva. E un giorno mi chiese: "Non conosci qualcuno che possa ammazzarlo?"». ((Avevo paura», assicura Massimo Fogha. Rivela di essere stato lui ad avvisare il marito che Maria Angiola frequentava uno. «L'ho fatto per evitare il peggio, l'ho fatto per non finire qui», spiega questo giovane camionista che dice di non avere un alibi per quella notte e di essere finito in una storia più grande di lui. «E le macchie di sangue sui suoi jeans?», gh chiede il giudice Palli- ni. «Me le sono fatte rompendo un bicchiere», smentisce. «E il suo orologio trovato per terra, in stanza?», incalza il giudice. «Lo avevo dato a Maria Angiola perché me lo aggiustasse. Non ero lì, quella notte», rismentisce. Parole che non gh hanno salvato il carcere, allora. Né a lui, né a lei. Ma una volta liberi, gli incontri e le telefonate riprendono. Quello di cui ha bisogno Foglia, è una spiegazione: «Ai primi di settembre, quando l'ho rivista, volevo darle un sacco di pedate nel culo. Mi sono messo a piangere, ha pianto anche lei e poi mi ha fatto un sacco di coccole». Fabio Polerti

Luoghi citati: Brescia, Capriolo