«Ulivo e Polo da rifare»

«Ulivo e Polo da rifare» «Ulivo e Polo da rifare» Al convegno di Liberal Vattacco di Martinazzoli FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Nel castello di Caffagiolo, sulle colline del Mugello, proprio dove Antonio Di Pietro ha fatto a pezzi il Polo e Berlusconi, pronunciando r^ruindi un lapidario verdetto, «Il Polo è cotto», la fine dello schieramento di centrodestra nato nel 1994 e rivoltato nel 1996 è stata decretata dagli intelletuali e dai politici che partecipano al convegno degli Amici di Liberal «Il bipolarismo che non va». Dopo un'introduzione di Ferdinando Adornato, direttore del nuovo settimanale, che ha proposto come pietre di paragone per il bipolarismo italiano il modello Kohl e il modello Blair, la prima giornata è stata dedicata al centrodestra, con un intellettuale conservatore come l'ambasciatore Sergio Romano in veste di accusatore. La sua relazione (che abbiamo in parte pubblicato ieri) ha denunciato i fallimenti della creatura berlusconiana su privatizzazioni, europeismo, federalismo, corruzione e riforme, concludendo con un giudizio di inettitudine sulla cultura politica del Polo e di apertura al movimento centrista di Cossiga, sapendo però che realizzare un'alternativa «insieme con Berlusconi è difficile, senza Berlusconi è impossibile». Su queste conclusioni, davanti a un pubblico di duecento invitati, si è svolto un nervoso dibattito, fatto di interventi rapidi, che in assenza di due partecipanti molto attesi come Cesare Romiti e Francesco Cossiga è stato dominato, quanto a verve, non tanto dai liberali bensì dai cattolici, anzi dagli ex de. Il più aspro è stato l'avvocato Mino Martinazzoli, ex segretario democristiano, che non ha concesso al berlusconismo alcuna chance, dichiarando «mortale» l'idea che l'evoluzione del Polo debba passare attraverso una rinegoziazione del rapporto con Berlusconi. Sulla situazione politica si è espresso senza mezzi termini: «Questo governo di centrosinistra è il meno peggio che gli italiani potessero sperare, mentre l'opposizione di centrodestra è il peggio che potevano temere». Pessimista sulla palingenesi cossighiana della destra: «La sua iniziativa non porterà da nessuna parte, perché il recupero del bipolarismo non avviene nella politica politicante, ma nella cultura e nella società».'La cosa da fare, per avviare un'evoluzione, è rifiutare il frutto della «politica politicante», cioè la «minestra immangiabile» della Bicamerale, contro la quale l'ex ministro della Giustizia ha invitato a votare, raccogliendo dalla platea un lunghissimo applauso. Ha chiuso con una metafora da principe del foro sui vari sforzi per rifare il centrodestra, compreso quello dell'ex Presidente della Bepuhblica: «Accade che alle mosche piaccia di conquistare qualche centimetro di carta moschicida». Mario Segni c'è rimasto piuttosto male, perché aveva appena ricordato che «l'impotenza di Berlusconi» era stata denunciata fin daU'inizio «da me e Martinazzoli» e sperava che il vecchio amico credesse come lui in Francesco Cossiga. Per Gianni Baget Bozzo «bisogna riconoscere a Berlusconi il merito del recupero di An, ma è chiaro che non è un grsnd'uomo», anzi è proprio «l'uomo sbagliato» per contrastare un centrosinistra che pratica la «politica togliattiana» del compromesso. E Rocco Buttiglione dichiara a una televisione nei corridoi del convegno: Berlusconi è stato il «dittatore del centrodestra», il tipo di dittatore che i romani nominavano in momenti difficili, ma ora non ce n'è più bisogno e deve quindi «deporre la dittatura». Contro il Polo così co me è, sono anche D'Onofrio e Scognamiglio. Gli unici a tentare una difesa, fra mille distinzioni e cautele, sono stati Domenico Fisichella e Giulio Tramonti. Per il leghista Tabacci «è rimasto sul campo un Polo solo, forse uno e mezzo; non vale più la pena di gio care, perché si sa già il risultato». Nelle sue repliche Sergio Romano ha contestato a chi mette in discussione il rapporto con Berlusconi che ciò significa non capire cosa rappresenta Forza Italia, ha negato che la Lega possa, come sperato da Buttiglione, essere utile per qualsiasi tentativo di evoluzione del centrodestra e ha riservato al cattolico Martinazzoli la frecciata polemica del laico «QueUo che non trovo mai nei suoi interventi è l'ansia di modernizzazione del Paese». Oggi si cambia: tocca ai centrosinistra, con l'iilivista Augusto Barbe ra relatore e, forse, accusatore.

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