Vacanza di morte sulle Alpi francesi

Vacanza di morte sulle Alpi francesi In 40 partecipavano a un'escursione fiioripista a Les Orres: venti i feriti, sei sono gravissimi Vacanza di morte sulle Alpi francesi Undici studenti uccisi da una valanga, uno è disperso LES ORRES DAL NOSTRO INVIATO Ha il baffo che trema questo capitano Gerard Valich del soccorso alpino di Grenoble quando ci vorrebbe raccontare che cosa è successo lassù, da dove, ancora alle 10 di sera, arrivano gli elicotteri sollevando aliti di freddo e portando un vento di morte. Là da dove sentiamo un guaiolare di cani che mette i brividi addosso: «La neve di quest'anno è molto pericolosa, bisogna essere prudenti». Poi si trattiene, il capitano Valich. Vorrebbe forse dire che non sono state prudenti le guide che poche ore fa hanno portato trenta ragazzi a camminare con le racchette su «quella» neve. Un'imprudenza o molto peggio, «dirà l'inchiesta», chiude il capitano. Ma la cronaca ha già detto: undici corpi - noe ragazzi, due adulti - sono nella cappella di Embrun, sul fondovalle a quindici chilometri da qui. Un altro è ancora sepolto sotto la neve. Un ufficiale della Gendarmerìe, Kasi Meradet, alle 10, ci dice che lemcerche sono sospese, continueranno a cercarlo domani mattina (oggi) perchè lassù, di notte, è troppo pericoloso. Una notte gelida e limpidissima, qui a Les Orres, dove la tragedia di questa mattina ha cristallizzato nell'aria un senso di sospensione. Si parla a bassa voce, si cammina con la testa bassa, l'orizzonte della montagna è screziato dalle luci blu delle auto di soccorso che salgono e scendono. «Verrà il primo ministro Jospin», ci dicono i gendarmi. «0 forse il ministro dell'istruzione». H lutto è pesante, «trqp lourd)), troppo pesante, dice il capitano Valich che trattiene con difficoltà la rabbia per morti fin troppo gratuiti. Undici più il disperso senza speranze, qui a Les Orres per la settimana bianca, classe de ski, lezioni di sci e, maledizione, di racchette. Erano della scuola Francesco d'Assisi di Montigny-les-Bretoneux, della regione ovest di Parigi. Quattordici-sedici anni. Un gruppo di trentacinque persone, compresi i due insegnanti. Sci e racchette. Ieri mattina era il turno delle racchette per carnminare sulla neve, fuori pista, là dove non ha mai camminato nessuno. C'erano i due maestri di sci di ogni giorno, c'era in più il moniteur di racchette. Tutti di Les Orres, protetti ora dalla solidarietà dei colleghi che qui intorno ci guardano male quando insistiamo con il capitano Valich per sapere quanta sia la loro responsabilità in questa tragedia. «Conneries», sciocchezze, dicono rabbiosi i ragazzi maestri di sci di Les Orres. «Chi poteva prevedere. Loro sapevano quel che facevano e dove andavano». Mah. Il posto è a circa 2.200 metri, non troppo lontano di qui, e lo chiamano da mer de neige», il mare di neve perchè sembra infinito, senza orizzonte, come il mare. Su quel mare l'incerto vascello dei ragazzi di Montigny è naufragato, forse proprio per la responsabilità di comandanti imprudenti. Alle 13,30, più o meno, s'è staccata una avalanche con un fronte di cento metri. La crosta della neve era stata rotta dal passaggio dei ragazzi. Il boato del «mare» di neve, che chi l'ha sentito almeno una volta sa che ha il timbro deU'inferno, ha precipitato trentadue del gruppo in una scivolata di quattrocento metri, come ci spiega gentile Bruno Viers, un altro del soccorso alpino di Grenoble. Quattrocento?, gli chiediamo per essere sicuri di aver capito bene. E Bruno ripete: «Quattrocento», accompagnando le parole con un gesto largo della mano. «Non sono precipitati verticalmente per 400 metri, ma sono scivolati lungo un pendio non molto ripido fino ad una foresta, dove il «mare» di neve si è cònvl^oyjn una>oentrifuga di morte e di orrore. Otto li hanno trovati subito, per altri tre ci sono voluti^ cani e i cer-r catori. L'ultimo' é^ancbra là sotto1'. Venti sono i feriti, sei gravi. Tutti sotto choc. Ne abbiamo visti un paio - salvi - avvolti da quattro o cinque strati di coperte, con gli occhi serrati come se gli fosse difficile anche muovere lo sguardo, come se il boato del mare di neve gli avesse bloccato il respiro e sospeso la vita. L'ufficiale Meradet quando ci annuncia la sospensione delle ricerche dice che sono stati usati «metodi tradizionali», ovvero i cani e gli uomini, con le sonde. Settantadue persone per quasi otto ore hanno palpato quella neve, davvero un mare, profonda, qua e là, a seconda dei punti, fino a 4 metri. Le ricerche sono state sospese perchè «pericolose». E ci spiega l'ufficiale Meradet che lassù in alto, dove si è spaccato il «mare» di neve, tagliato di netto dal tragico passaggio dei ragazzi di Montigny, c'è un'«onda» sospesa, un fronte di cento metri sospesi sul nulla. Bastano piccoli cambi di temperatura, un animale, il vento, un rumore, un niente. Nella camera ardente di Embrun, laggiù a fondovalle, cominciano ad arrivare i genitori dei ragazzi, da Parigi, un viaggio lungo e terribile. Ritrovano lividi ed esangui quei visi lasciati sorridenti alla partenza di una vacanza. Si sente terribilmente opprimente, qui a Les Orres, intorno alle tende del soccorso alpino, perfino nella cucina dove ribolle un gigantesco pentolone di minestra, il peso della vacanza che si trasforma e capovolge. E' davvero un alito di morte, quello che gli elicotteri rossi ci sbattono sul naso mulinando la neve. E allora proviamo ancora con il capitano Valich, per capire come può essere successo. E proviamo chiedendogli se davvero questa mattina il rischio di valanghe segnalato dal Meteo era di 4 in una scala di cinque. Valich dice che il Meteo non è un segreto e dunque non ha nulla da confermare. Ma spiega cosa diavolo volesse dire con quella «neve troppo pericolosa». Dice Valich che quest'anno non si è formato un manto di neve uniforme: «E' nevicato, poi c'è stato il vento del sud, poi è di nuovo nevicato, poi è piovuto, t poi di nuovo neve...» Insomma quel «mare» che sembrava tutto d'un pezzo era invece un oceano da cui poteva nascere all'improvviso la più terribile tempesta: non un pack compatto di neve, ma strati sovrapposti, uno che scorreva sull'altro, instabili al minimo imprevisto. «Troppo pericolosa». L'ultima cosa da fare era quella di attraversarlo con le racchette, in fila indiana, in quaranta, uno dopo l'altro. E' stato come affettarlo con un coltello. Crudele, la verità. Cesare Martinetti r FRANCIA ITALIA Sopra un ferito appena salvato dalla neve viene trasportato verso l'elicottero Nella foto in alto i soccorritori sulla valanga mentre cercano i dispersi del gruppo Nessuna speranza . di trovare ancora in vita il ragazzo che manca all'appello Nelle ricerche impegnati 72 uomini con sonde e cani Sotto accusa gli accompagnatori «La neve quest'anno è instabile, troppo pericoloso attraversarla in fila indiana»

Persone citate: Bruno Viers, Cesare Martinetti, Crudele, Gerard Valich, Jospin

Luoghi citati: Assisi, Montigny, Parigi