Rai, è subito guerra sulle poltrone

Rai, è subito guerra sulle poltrone Prodi conferma la sua «non ingerenza». In pole position i nomi di Mieli, Passera e Rossi Rai, è subito guerra sulle poltrone Quanti i consiglieri da scegliere? E scatta il totonomine ROMA. Romano Prodi conferma la sua «assoluta non ingerenza» nelle questioni Rai. Lo aveva scritto in una lettera pubblicata ieri su La Stampa, in cui spiegava di aver sempre seguito una Linea di condotta ispirata al criterio del più rigoroso rispetto dell'autonomia aziendale e delle competenze specifiche del Parlamento. Lo ha poi ribadito in un comunicato in cui chiarisce che le sue affermazioni «non possono essere interpretate in nessun modo come un segno di sfiducia verso i vertici di viale Mazzini». Un modo per rispondere a chi aveva voluto vedere nelle sue parole una presa di distanza dal direttore generale Franco Iseppi. Il quale non si è dimesso. Nel palazzo di vetro, mentre Enzo Siciliano già pensa alla presidenza dell'Enciclopedia Treccani (dove Rita Levi Montalcini scade ad aprile), il direttore generale spiega che, oltre a non essere richieste, le sue dimissioni sarebbero assolutamente irresponsabili. Intanto, tra il palazzo della Rai e quello della politica, ci si interroga sulla futura composizione del consiglio, ed è già partito il toto-nomine. L'ipotesi che prevale è quella di un cda con una presenza pidiessina più marcata, e un presidente forte: un manager di riconosciuta capacità e magari già addentro all'informazione, capace di traghettare la Rai verso una nuova legge, trasformandosi eventualmente in quell'ammini¬ stratore unico che a parole tutti i partiti di maggioranza - in primis il pds - dicono di volere. Sia pure affiancato da un organismo pluralista di mdirizzo e controllo. I nomi che circolano con più insistenza sono sempre quelli di Corrado Passera, ex ainministratore delegato dell'Ambroveneto, di Guido Rossi, ex amministratore delegato di Telecom e, soprattutto di Paolo Mieli, attuale direttore editoriale dell'Rcs-Corsera. Al quale l'Unità ieri ha dedicato un articolo elogiativo, che si conclude sostenendo che «la sua presidenza potrebbe riscattare un'immagine negativa dell'ente pubblico». Mieli comunque ieri escludeva di aver avuto contatti con persone istituzionalmente preposte alle nomine Rai. Tra le voci che circolano, c'è anche quella di una tendenza a cambiare i vertici di alcune reti e testate giornalistiche. Un candidato alla direzione di un tg sarebbe Pietro Calabrese, forte dei suoi buoni risultati alla direzione del Messaggero. Scenari e ipotesi devono tuttavia fare i conti con un problema preliminare, posto dalla ferma volontà di Federica Olivares e Fiorenza Mursia di non dimettersi: Violante e Mancino dovranno nominare tutti e cinque i consiglieri, o soltanto i tre che si sono dimessi? Le interpretazioni dei giuristi divergono. La diatriba è stata innescata dal presidente della commissione di Vigilanza Francesco Storace, fautore della tesi della permanenza di chi non si è dimesso. Storace annuncia che tra lunedì e martedì chiederà un parere ai presidenti della Camere, avendo il problema della convocazione del cda in commissione, rimasta in sospeso con le dimissioni a cascata. E' la famosa audizione in cui i Verdi avevano minacciato la sfiducia dei vertici, minaccia poi fatta propria dal capogruppo della Sd Fabio Mussi. Un gesto che ha irritato il Polo, che ora difende a oltranza il cda climissionario. «Mica siamo ai tempi di Gava, che mandava a casa il suo consiglio con una schicchera», ironizza Storace. Ma anche per l'azzurro Paolo Romani «la questione posta da Mursia e Olivares non è affatto semplice». Infastiditi per la durezza del pds restano anche i popolari. Spiega Giancarlo Lombardi, responsabile Comunicazione: «Noi avevamo detto: teniamo questo consiglio, con un presidente nuovo, vicino al pds, e acceleriamo l'iter della legge. Non solo quella di nomina del cda, ma anche il 1138: perché l'assetto futuro della società trasformata in holding e le cariche al vertice non possono non essere legate. Invece loro hanno voluto fare un atto di prepotenza». In ogni caso, anche per il ppi saranno Violante e Mancino a dirimere la controversia giuridica sui 3 o 5 consiglieri da sostituire. A dirlo è anche il capogruppo Sergio Mattarella che, personalmente, propende per i cinque: «Da che mondo è mondo, quando un organo composto da cinque membri registra le dimissioni di tre, decade». Per i presidenti delle Camere, che vorrebbero risolvere il caso Rai alla svelta, le beghe non mancano. Ma più di questa, la vera questione calda sarà forse la stessa composizione del cda. «Un presidente forte? Vedremo, dovrà discuterne la maggioranza», dichiara battagliero Lombardi, [m. g. b.l «In questo Paese sono rimasti pochi gli uomini con il senso delle istituzioni: dovremmo quasi rivolgerci al Wwf» li comunque escludeva di avuto contatti ersone istitumente prepoe nomine Rai. le voci che ano, c'è anche di una ten a cambiare i i di alcune reti ate giornalistiUn candidato irezione di un arebbe Pietro rese, forte dei buoni risultati direzione del ggero.

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