FRA DONNE E NEVI ETERNE

FRA DONNE E NEVI ETERNE DUE MOSTRE AD AOSTA FRA DONNE E NEVI ETERNE I misteri della femminilità e Cesare Maggi divisionista y N omaggio alla donna e un altro al pittore divisionista Cesare Maggi, oltre a una bella scelta di foto-grafie di Stefano Torrione dal titolo «No s-atre» (Noialtri), sono le tre considerevoli iniziative in campo artistico che la Regione Valle d'Aosta ha realizzato nel quadro delle celebrazioni per il 50° anniversario dello statuto speciale di autonomia. Rinviando ad un prossimo numero un resoconto sulla rassegna fotografica, diciamo subito che le due mostre di pittura valgono, come suol dirsi, il viaggio. La femme, les femmes. il titolo di questa mostra, curata da Solange Auzias de Turenne, è esplicito. Nel Museo Archeologico di Aosta sono state raccolte 64 opere pittoriche fra oli e disegni, più 26 fotografie di Man Ray, che pongono appunto la donna al centro dell'attenzione. La rassegna segue alcuni itinerari ideali, che sfaccettano l'inesauribile tema. L'artista sul quale è stato ritagliato uno spazio particolarmente ampio è Picasso. Oltre a due oli («Donna in poltrona» del 1929 e «Ritratto di Jacqueline» del 1960, con le caratteristiche anatomie scomposte) e a un guazzo classicheggiante («Ritratto di Madame de Lazerne in catalana»), si ammira una mirabile serie di sei disegni e quattro incisioni deli'«epoca Geneviève» in cui, siamo nel 1951, la giovane donna ispira al già settantenne pittore una fioritura rigogliosa di felici immagini sorridenti, fresche, dal tratto gioioso. Ed è tutto da guardare anche il minuscolo malizioso «Nudo» dello stesso Picasso quando aveva soltanto dodici anni. Si diceva degli itinerari ideali. Naturalmente la maternità ne è parte obbligata, con un insolito Balla chiaroscurato, un Picabia («Madonna con Bambino») e una tenera scena familiare di Maurice Denis. Altro classico tema è quello della toeletta, esemplificato da tre nudi in cui la sensualità trova forme espressive diverse: da quello di spalle di Julius Pascin (alla presenza di un uomo del quale si vedono soltanto una gamba e un braccio), alla «bagnante» raccolta su se stessa di Felix Valloton alla «grassona» di Fernando Boterò che si guarda pensosamente allo specchio. La «donna totem» può avere le sembianze inquietanti della moglie di Moi'se Kisling o dell'autoritratto di Jeanne Hebuterne; oppure il volto assorto della «Testa» di Renoir o la composta bellezza dell'acrilico di Andy Warhol su Lady Diana; o ancora il tratto orientaleggiante della «Oviri» di Gauguin, scolpita in bronzo patinato di nero, e l'assoluta mancanza di fisionomia del grande ritratto di «Jane Seymour» opera di Manolo Valdés. Non potendo elencare tutto, segnaliamo la svolazzante «Sirena con il pino» di Chagall, «Brigitte Bardot imballata» di Christo, la «Gabrielle all'algerina» di Renoir e l'enigmatica «Giovane donna» di Maxence, un gigantesco Campigli con le sue donnine a clessidra, le magnifiche «Dame del sole» di Edouard Pignon (i cui colori netti e sfavillanti ricordano il nostro Schifano), i due profili su sfondo bruno del «Jeune ménage» di Rousseau il Doganiere. E poi ancora Soutine, Magritte, Matisse, Derain, un piccolo intensissimo Ernst. Una sezione a sé è formata dai classici ritratti fotografici in bianconero di Man Ray: donne immobilizzate nella loro bellezza in sé, con l'aiuto di un sapiente ritocco, visi torsi sguardi sorrisi che avvincono nel loro rivelare maliziosamente soltanto qualche sprazzo dell'eterno mistero femminino. Cesare Maggi. «Nevista» per eccellenza, questo pittore seppe affermarsi in ogni genere, anche se predilesse di gran lunga il paesaggio. Nato nel 1881 a Roma da una coppia di attori, Maggi legò la sua vita soprattutto alla montagna, al punto di eleggere come sua residenza, fra il 1904 e il 1913, La Thuile. Visse poi quasi sempre a Torino, fino alla scomparsa nel 1961. Fece della montagna una ragione di vita, sottoponendosi a sacrifici enormi: lunghissime sedute all'addiaccio in pieno inverno, per cogliere direttamente le suggestioni di un'alba, di un paesaggio innevato, di un alpeggio desolato. Il Centro Saint-Bénin di Aosta accoglie ora 37 opere di questo artista che seppe utilizzare in modo personale la tecnica divisionista, con l'accostamento minuzioso e frazionarissimo dei colori, facendo tesoro della lezione di Segantini ma senza raggiungerne la profondità filosofica. Gli esiti sono comunque assolutamente affascinanti, anche perché Maggi non scade quasi mai nel cartolinismo, nemmeno quando, dopo il 1914, abbandona la pittura divisa. Gli ultimi anni di Maggi furono segnati da amarezze, sia perché la critica non lo seguiva più (anche se il pubblico e gli acquirenti non gli mancarono mai), sia per gli acciacchi derivanti dagli strapazzi del gelo e dalle troppe sigarette. La selezione della mostra aostana, curata da Giuseppe Luigi Marini, nella sterminata produzione maggesca annovera opere semplicemente stupende. Per esempio «Il viatico», una tela del 1911 di medie dimensioni, divisa in tre piani orizzontali (neve, montagna, cielo): una sparuta fila di montanari guidati dal parroco con la croce in mano, che si allontanano arrancando da una baita isolata, bigia, avvivata soltanto da una favilla di luce che traspare dalla finestra, nella quale il moribondo ha appena ricevuto il sacramento dell'ultima ora. La partizione della tela in tre piani è una costante di Maggi («Sentori d'inverno» del 1913, «Il Monte Bianco» del 1925-'28, «Neve in alta montagna» del 1908, «L'ultimo fieno» del 1907, «La slitta» del 1905, «Pascolo sotto il Dente del Gigante» del 1932-'35). E certe opere (come per esempio «Alta montagna» del 1914, «Quando scende la sera» del 1912) rivelano la ricerca di una essenzialità che, pur non raggiungendo gli esiti perentori e severi di un Sironi, rivelano una profondità di pensiero che attenua le esigenze sostanziali di verismo per le quali la clientela mostrava una esplicita predilezione. La figura umana trova in Maggi un ruolo quasi sempre secondario, complementare del paesaggio. Fulgide eccezioni, nella mostra di Saint-Bénin, l'intenso «Autoritratto», l'affettuoso profilo di «La fidanzata» e la straordinaria «L'ombra», in cui la donna accasciata tra la neve perde ogni segno di teatralità, diventando simbolo stesso della natura viva in un contesto di algida immobilità. Leonardo Osella La lemme, les femmes Aosta, Museo Archeologico Regionale, piazza Roncas 10 ' Fino al 26 aprile Cesare Maggi Aosta, Centro Saint-Bénin via Festaz Fino al 3 maggio Orari: 9,30/12,30 e 14,30/18,30 Lire 10 mila per ogni mostra Cataloghi Giorgio Mondadori Informazioni: 0165/273.200 m Sopra: «Donna dal colletto bianco» dì Modigliani e a destra «Funambola» di Marie Laurencin Sotto: a sin. «Gressoney» e a ds. «Alta montagna» diMaggi

Luoghi citati: Aosta, La Thuile, Roma, Torino, Valle D'aosta