LAVORARE STANCA MA FA RIDERE di Silvia Francia

LAVORARE STANCA MA FA RIDERE COLOSSEO LAVORARE STANCA MA FA RIDERE Antonio Albanese dal 20 gennaio ironizza sull'arte di sgobbare LAVORARE stanca, scriveva Pavese, e lo ribadisce il comico. Già, perché in «Giù al Nord», spettacolo che Antonio Albanese presenta al Colosseo dal 20 al 25 gennaio, 10 spartiacque vero tra le due metà della Penisola è, ben più che il teorema leghista, proprio 11 rapporto con il lavoro. Un rapporto che, risalendo il paese, si fa sempre più maniacalmente ossessivo, mentre diventa sberleffo liberatorio, se ci si incammina verso Sud. L'equazione latitudine uguale filosofia di i gdi vita regge, ironicamente, l'intera performance del comico di «Mai dire gol», diretta da Giampiero Solari su testi firmati da Michele Serra, dallo stesso Albanese e da Enzo Santin (musiche live del percussionista Piero Guerrera e del sassofonista Massimo Cavallaro). iVello spettacolo, il paesaggio prevalente è quello «nordico»: desolanti orizzonti di lamiere, orpelli d'oggetteria meccanica e, su tutto, il ritmico ronzare del tran-tran iperproduttivo. In questo poco ospitale ambiente vive (si fa per dire) una stirpe d'uomini fedele alla religione del lavoro sino al sacrificio, sfruttatori implacabili di se stessi. In una parola, alienati. A costoro, Albanese dedica il suo trasformistico talento: per incarnare, attraverso i suoi multipli nevrotizzati, al¬ trettante vittime dell'arte dello sgobbare. Su un ameno sfondo di registratori di cassa ronzanti e scampanellanti, si muove agile l'indomito Perego, industriale self-made-man, produttore illegale di «eternit» e rapito dal verbo «lasciatemi lavorare». Il capo-officina, invece, è il boss della catena di montaggio, capace ormai di stringere relazioni solo con presse e macchinari aziendali. Ci sono poi le figure dei lavori lii ll h i ratori alternativi: quello che si interna per il suo turno di otto ore in discoteca, oppure lo scultore di fumo, che plasma effimere figure aeree. L'apoteosi del terziario confuso è l'uomo che non sa che lavoro fa, una sorta di «consulente globale full optional e iperattivo, millantatore di false professioni». Nella sconfortante galleria dei superproduttivi, non manca, l'eccezione. Per presentarcela, Albanese ripesca dal suo repertorio il personaggio di Alex Drastico: uno che sprizzando rifiuto per il lavoro, s'è inventato un'occupazione alternativa in una palestra dove si rimodellano la testa e «il nécessaire». L'epilogo è lirico e romantico, come a smussare gli angoli delle taglienti lamiere che segnano il confine di esistenze senza prospettive. Silvia Francia