VASSALLI: E' GIUDA LA LUCE NELLA NOTTE DEL LUPO di Giorgio Calcagno

VASSALLI: E' GIUDA LA LUCE NELLA NOTTE DEL LUPO VASSALLI: E' GIUDA LA LUCE NELLA NOTTE DEL LUPO Il traditore nei Vangeli in realtà è il solo a non tradire ORSE Dio esiste, nella storia. Sebastiano Vassalli non ne deve essere del tutto sicuro, anche se ci gira attorno per 180 pagine. Certamente esiste il diavolo, lo scrittore non ha dubbi. O forse pensa che non esistano né l'uno né l'altro, ma non possiamo farne a meno, come proiezione di un immaginario che attraversa i millenni, per spiegare le vicende dell'uomo. Il diavolo, certo, il Nemico della tradizione, l'Antagonista della dialettica. Ma antagonista di chi? Per lo scrittore che vuole riportarlo in scena le cose si complicano, bisogna andare indietro nel tempo, risalire fin là, a quei giorni in Galilea, a quel tragico pomeriggio in Gerusalemme. E il sipario si apre su un corteo di poveracci, pescatori, contadini, ex gabellieri, che salgono con le loro donne dal passo malfermo la strada per la Città Santa. Al centro il figlio del carpentiere, Yoshua Ha-Nozri, Gesù lo Straniero, l'uomo venuto di là dal mare, con i suoi dodici: a cominciare da Simone la Pietra, quello che gli evangelisti ricordano in aramaico come Cefa e la Chiesa, da duemila anni, preferisce chiamare san Pietro. «La notte del lupo» si può leggere come un libro simbolico, o ironico, o blasfemo, o perfino religioso, o, più propriamente, come tutte queste cose insieme, superando il fastidio di dover accettare un registro per passare all'altro, e dando per scontata, nel contrasto, qualche stonatura. Il suolo punto fermo, nel fondo, anche se cangiante, nello svi¬ luppo della narrazione, è l'antagonista-protagonista, Giuda di Quéirot, il traditore dei vangeli, il solo a non tradire, nella capovolta meccanica del romanzo. Ha capito, a differenza degli altri undici, il vero messaggio di Gesù: che non avrebbe inteso fondare una nuova religione, con un tempio ancora più sontuoso di quello salomonico, ma stabilire un rapporto nuovo, diretto, fra l'uomo e Dio, saltando la mediazione dei sacerdoti. Per questo il figlio del carpentiere cerca lui, lo predilige fra gli altri (quanti echi, forse inconsapevoli, del «Maestro» di Max Brod, in questo rapporto). E, a duemila anni di distanza da quella vicenda palestinese, Giuda si ripresenta a Roma, reincarnato nel turco Ali Agca: che per le stesse ragioni del suo lontano archetipo - ma è lo stesso personaggio cerca di uccidere il successore di Pietro. Vassalli recupera il racconto dei vangeli giocando per progressivi spiazzamenti, alterando i particolari, per dare un segno alla funzione rovesciata del suo personaggio. Il figlio di Quéirot incarna il male (o il bene?) soggettivo, individuale, sottratto alla Storia e ritornato nelle mani dell'uomo. E la storia deve accettare un cambio di indirizzo. Così i trenta denari non sono la cifra che l'apostolo del tradimento riceve dal Sinedrio per consegnare il maestro, ma la borsa del maestro stesso, di cui Giuda si appropria per sottrrarsi alla vendetta dei sacerdoti. Così Pietro non usa la spada per colpire il servo Malco nella notte del Getsemani, ma è l'altro che lo colpisce, e poi ri¬ mette l'arma nel fodero, senza bisogno del monito di Gesù («chi di spada ferisce...»). Non tutte le invenzioni di Vassalli sono così originali, e non tutte di grana altrettanto fine. C'è un po' di indulgenza al romanzesco, un gusto della deformazione che qua e là prende la mano, fino a scivolare nella parodia quasi goliardica. Come quando Pietro promette denari ai ragazzi di Gerusalemme perché accolgano anche loro l'arrivo di Gesù gridando l'Osanna al Messia. O come quando, nell'ultima cena, gli apostoli inebriati dal vivo palpano le donne della compagnia sui divani; e c'è anche chi, avendo osato troppo, si prende uno schiaffo da Maria di Magdala. Più rischiose ancora le pagine di attualità, quando la vicenda si sposta fra piazza San Pietro e il carcere di Rebibbia. E qui incontriamo, insieme, centrali di spionaggio e comizi di Spadolini, misteriose trame dell'Est e spari contro la vettura pontificia fino all'incontro di Giovanni Paolo II con il suo attentatore nel carcere di Rebib- bia, sotto l'occhio della televisione che ha costruito tutta la scena. Rimane, presente al di là di ogni caricatura, l'altro vero personaggio, l'antagonista dell'Antagonista; che, sempre in penombra, si prende, a dispetto di tutti, il centro del romanzo. Così c rappresentato - questo sì con fedeltà evangelica, come signum contraddictionis, il grande perdente nella città dell'uomo perché è venuto a portare il messaggio della città di Dio. E' piccolo, insignificante nell'aspetto, morirà abbandonato, tradito, nella vergogna dei tempi. Vince solo quando si trova a tu per tu con il rivale, nella notte del lupo, in una grotta fra i monti, dove avvia il confronto decisivo: e divide, con il suo mancato assassino, lo stesso vino e lo stesso pane con i quali un giorno istituirà l'Eucarestia. Questo accostamento, Vassalli non lo sottolinea, forse non lo intendeva neppure, nel suo disegno. Ma è così improprio leggerlo, nella pagina? Giorgio Calcagno LA NOTTE DEL LUPO Sebastiano Vassalli Baldini Se Castoldi pp. 182 L. 24.000 Un romanzo simbolico, o ironico, o blasfemo, o perfino religioso Particolare dalla flagellazione di Cristo di Piero della Francesca

Luoghi citati: Gerusalemme, Roma