Architetto e filosofo

Architetto e filosofo VITA E OPERE Architetto e filosofo NATO a Parigi nel 1932, Paul Virilio è figlio di un immigrato clandestino italiano e di una bretone; da giovane ha frequentato una Scuola d'Arte e ha lavorato con Braque e Matisse; poi ha seguito i corsi alla Sorbona con Jankélévich, Jean Wahl e Raymond Aron, dove si è perfezionato in filosofia, ma il suo campo è l'architettura. Il suo primo libro, Bunker Archeologie (del 1975, ma ristampato nel 1994 da Les Editions du Demi-Cercle, p. 213, ff. 150) è un album fotografico e architettonico delle fortificazioni costruite dai tedeschi lungo l'Atlantico. Vicino all'Abbé Pierre, nel 1970, è membro della redazione della rivista cattolica «Esprit»; amico di Perec, pubblica Specie di spazi nella sua collezione «L'Espace Critique». Il libro che lo fa conoscere in Italia è Velocità e politica, tradotto da Multhipla nel 1981, cui segue L'orizzonte negativo (Costa & Nolan, 1986) centro della sua riflessione «transpolitica», forse il suo libro più interessante insieme a La macchina che vede (Sugarco, 1988) e Lo spuz/o critico (Dedalo, 1988). Nel frattempo Virilio è diventato redattore di «Critiques» e di «Traverses», le riviste che negli Anni 70 hanno segnato il dibattito francese e internazionale, si è dedicato all'insegnamento universitario; ha pubblicato anche: Estetica della sparizione (Liguori, 1992) piccola summa delle sue teorie. Gli ultimi volumi usciti sono Lo schermo e l'oblio, tradotto da Anabasi nel 1994 sul ruolo della televisione, poi L'Inertie polaire (Ch. Bourgois, 1990), Un paysage d'événements (Galilée, 1996). Di recente sono uscite due interessanti interviste: Voyage d'hiver (Editions Parenthèses, pp. 100. Ff. 60), conversazione con l'urbanista Marianne Brausch e Cibermonde. la polttique du pire (Textuel, p. 108, Ff. 79) sull'intera opera di Virilio condotta con bravura da Phi lippe Petit. [m.b.]

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