PER GUADAGNARE TEMPO ABBIAMO PERSO LO SPAZIO di Marco Belpoliti

PER GUADAGNARE TEMPO ABBIAMO PERSO LO SPAZIO PER GUADAGNARE TEMPO ABBIAMO PERSO LO SPAZIO //pensiero di Virilio contro l'ansia della velocità RA i due o tre libri preferiti da Brace Chatwin c'è un volume intitolato Bunker Archeology, traduzione inglese di un libro inconsueto dedicato alle fortificazioni in cemento della seconda guerra mondiale, pubblicato in francese nel 1975 da un urbanista, Paul Virilio, diventato celebre nel decennio successivo con una serie di volumi consacrati al tema della dromologia, all'influsso della velocità sulla società occidentale. E' curioso che Chatwin, viaggiatore nell'epoca della fine dei viaggi, sia stato un attento lettore di colui che con più lucidità ha descritto la progressiva restrizione del mondo e il passaggio dal viaggio allo spostamento. La Francia, scrive Virilio nel suo ultimo libro tradotto in italiano, La velocità di liberazione, è «un quadrato di un'ora e trenta di lato», alludendo ai tempi di percorrenza dell'Aerobus. Secondo lo studioso francese, dall'introduzione dell'automobile (in verità da molto prima) si è ingaggiata una lotta mortale tra il tempo e lo spazio; mentre il primo risulta comprimibile (questo è anche il senso delle tecnologie informatiche), il secondo non è facilmente colonizzabile, nonostante che la quarta dimensione ci provi costantemente: se possiamo cercare di recuperare tempo, non possiamo tuttavia occupare contemporaneamente spazi differenti. All'urbanizzazione dello spazio reale, che è la caratteristica principale della civiltà greca e romana, subentra con il Medioevo, e soprattutto con la Modernità, l'urbanizzazione del tempo reale «che è, alla fine, quella del corpo proprio del cittadino, cittadino terminale, presto super-equipaggiato di protesi interattive il cui modello patologico è questo "handicappato motorio" equipaggiato per controllare il suo ambiente domestico senza spostarsi fisicamente, figura catastrofica di una individualità che ha perduto, con la sua motricità naturale, le sue facoltà di intervento immediato e che si abbandona, in mancanza di meglio, alle capacità dei ricettori, dei sensori e agli altri segnalatori a distanza». La velocità di liberazione a cui allude il titolo è quella di 11,2 km al secondo, oltre la quale ci si scioglie dalla camicia di forza della gravitazione che condiziona ogni nostro spostamento, vero punto limite sperimentato dagli astronauti per i quali alto e basso, vicino e lontano non hanno più senso. Come i precedenti libri di Virilio, anche questo contiene molte immagini e ragionamenti, tenuti insieme da una prosa che sfiora la letterarietà e ha come prerogativa il continuo zigzagare, il movimento irrequieto e a tratti irrelato, quasi l'autore volesse competere sia con il tema che cerca di circoscrivere che con la velocità dei pensieri che sgorgano spontanei dal cervello di chi scrive; per questo più di un commentatore ha notato che la scrittura di Virilio contiene qualcosa di nevrotico, uno scuotimento che si ritrova anche in autori come Deleuze o Baudrillard, ma che nell'urbanista e studioso di dromologia si manifesta come capacità di creare continui scenari mentali utilizzando citazioni e frasi chiave, ammobiliandoli con le immagini di strumenti tecnici, gadget e forme incongrue. Virilio è il descrittore della catastrofe in cui viviamo immersi e che egli esprime con la formula dell'«estetica della sparizione». Come mostra con grande efficacia un altro libro tradotto di recente, Guerra e cinema. Logistica della percezione, è stato il cmematografo a sconvolgere le forme della percezione umana, introducendo l'esperienza di una allucinazione collettiva e accelerazione continua. Tutta l'opera di Virilio è una analisi della sostituzione della conoscenza visiva a quella tattile, del passaggio dal mondo del «permanente» a quello dell'«accidente». Guerra e cinema, uscito in origine nel 1986, dovrebbe essere il primo capitolo di uno studio dedicato allo sviluppo parallelo delle tecniche di visione (fotografia e cinema) e della guerra a partire dal primo conflitto mondiale: dal colpo d'arma da fuoco al colpo d'occhio, scrive Virilio, che culmina nella guerra elettronica, come ha dimostrato la Guerra del Golfo. Virilio sostiene da tempo che le nuove tecnologie producono la sparizione dei corpi, la loro smaterializzazione e la conseguente derealizzazione dell'esperienza; l'uomo vive in ima condizione costante di voyeurismo: osserva il mondo e se stesso mediante lo sguardo indiretto delle macchine (fotografia, cinema, televisione, computer), sue protesi visive. Citando Degas, egli ci ricorda che già nella pittura del secolo scorso un paesaggio non era uno stato d'animo, ma uno stato d'occhi. Nella tecnologia virtuale non si usano più le dita, ma l'occhio: il pilota non premerà i pulsanti On o Off, ma avrà un ricettore a infrarossi che indagherà la direzione del suo sguardo «seguendo il fondo della retina». La «motorizzazione della vista» è cominciata con la Prima guerra mondiale, con quella che Ernst Jùnger, in un celebre articolo chiama la Mobilitazione totale (in Foglie e pie- tre, tr. it. di F. Cuniberto, Adelphi, pp. 195, L. 28.000), cioè il congiungersi di «genio della guerra» e «genio del progresso». Virilio risulta un implacabile analista delle tecnologie comunicative e informazionali che modificano non solo i profili dei tradizionali Stati-nazioni, oggi al loro tramonto, ma anche i comportamenti inerziali delle masse. Per lo studioso francese il futuro dell'umanità sarà il nomadismo, dopo aver perso ogni legame sociale e territoriale, dopo il tramonto delle ideologie politiche, la soppressione delle forme rappresentative e la diffusione del potere in masse anonime e quasi incontrollabili, prospettiva che fa capolino anche nelle pagine conclusive del Secolo breve di Hobsbawm, dove tuttavia l'analisi dello sviluppo tecnologico è quasi assente. Marco Belpoliti LA VELOCITA' DI LIBERAZIONE Paul Virilio a cura di T. Villani e U. Fadini Strategia della Lumaca pp. 166, L. 24.000 GUERRA E CINEMA. Logistica della percezione Paul Virilio trad. di D. Buzzolan, Lindau pp. 120. L. 22.000 Rldddcsdlss«c(tamcslrpr

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