L'UOMO NUOVO DI BURZIO PONTE FRA LE DUE CULTURE di Filippo Burzio

L'UOMO NUOVO DI BURZIO PONTE FRA LE DUE CULTURE L'UOMO NUOVO DI BURZIO PONTE FRA LE DUE CULTURE IL primo demiurgo compare nell'Atene di Platone, l'ultimo nella Torino di Filippo Burzio. A differenza del demiurgo platonico artefice del mondo, il demiurgo di Burzio vuole essere soltanto l'artefice dell'uomo nella tragica Europa degli Anni Trenta. La teoria demiurgica di Burzio, sviluppata in una serie di scritti fra il 1923 ed il 1948, è una singolare rielaborazione dell'elitismo paretiano. Burzio riconosceva come suoi maestri Rousseau, Goethe, Bergson, Croce e Pareto, considerandoli personificazioni diverse di «un nobile Occidente, un'ammirabile Europa». Trovava in Rousseau il maestro del cuore, in Goethe il sole della virilità, in Bergson lo slancio vitale, in Croce la ragione della storia. Ma solo nel solitario Pareto di Céligny, anch'egli ingegnere umanista, Burzio trovava quella congiunzione fra scienza e sociologia sulla quale poteva fondarsi il «mito costruttivo» del demiurgo moderno. Il demiurgo di Burzio è un modello di individuo in controtendenza rispetto alla letteratura sulla crisi occidentale. I suoi connotati sono l'universalità, il distacco e la «magicità». L'universalità significa per Burzio sintesi ira cultura scientifica e cultura umanistica, sviluppo armonico delle facoltà umane, concezione dell'individuo come microcosmo in contrasto con la specializzazione che riduce l'individuo a ingranaggio del meccanismo sociale. Il distacco è in contrasto con l'idolatria del successo. Il senso del magico è una sorta di emozione creativa che si esprime nell'azione pratica, in contrasto con il decadentismo. L'individuo demiurgico si con¬ trappone quindi sia all'individuo di massa omologato nel collettivo, sia al superuomo nietzschiano o dannunziano. La teoria delle élites che Burzio mutuava da Pareto contiene in origine la critica dell'egualitarismo ed anche del democratismo. Si può tuttavia distinguere, come ha fatto Norberto Bobbio, fra l'interpretazione conservatrice della teoria delle élites ed un'interpretazione democratica quale fu quella di Gobetti, e sulla sua traccia di Guido Dorso e di Burzio. Per la verità nel pensiero di Burzio il disprezzo verso la cecità del demos affiora ogni tanto, soprattutto negli scritti del 1933. Ma l'interpretazione democratica della teoria delle élites risulta nella sostanza confermata dall'ultimo dei suoi libri politici, Essenza e attualità del liberalismo, l'ultimo in attesa di ristampa. Si deve infatti alla Fondazione Burzio di cui è presidente Vittorio Chiusano e vicepresidente Marco Weigmann la riedizione dal 1993 ad oggi di quasi tutte le opere principali di Burzio. Negli anni scorsi sono usciti per i tipi della Utet Piemonte, Anima e volti del Piemonte e la biografia di Lagrange. Poi un quarto volume, Dalla Liberazione alla Costituente, che raccoglie gli articoli scritti da Burzio fra il 1945 ed il 1947 come direttore de La Stampa. Ora dopo un lungo lavoro redazionale sono pubblicati un'ampia selezione degli Scritti scientifici a cura di Gae¬ tano Pellegrino con prefazione di Luigi Bonanate e due volumi di Scritti demiurgici a cura di Paolo Bagnoli. I tre libri saranno presentati il 23 gennaio nella Scuola di Applicazione di Torino, nella ricorrenza del cinquantenario della morte di Burzio. La riedizione contestuale degli scritti scientifici e degli scritti demiurgici mette in evidenza l'eclettismo culturale di Burzio, che fu insieme teorico della politica, giornalista, storico del Piemonte e professore di matematica e di balistica al Politecnico di Torino e all'Accademia militare di Artiglieria. Il palazzo del Castellamonte in via Arsenale dove Burzio si dedicò alla scienza militare è lo sfondo più confacente a quella rievocazione del Settecento piemontese cui Burzio dedicò le sue pagine migliori. Se ne ritrova l'eco anche negli scritti politici, soprattutto nel saggio su Giolitti del 1921. Al pari dei grandi ministri sabaudi del Settecento Giolitti servì la Corona senza spirito cortigiano, in nome del «lealismo della serietà». Per comprendere il piemontesismo di Burzio più che la teoria demiurgica serve la congenialità con Giolitti, lo statista bistrattato dei retori del suo tempo. Nel 1921 Giolitti era al tramonto ma nel ritratto che ne fece Burzio c'è una premonizione: «E' come antiretore che bisogna valorizzarlo». Valerio Zanone FILIPPO BURZIO CINQUANTANNI DOPO - PENSIERO SCIENTIFICO E PENSIERO POLITICO Il convegno avrà luogo domani, 23 gennaio, inizio alle 9.30, Scuola di Applicazione di Torino, Palazzo dell'Arsenale. Saluto del gen. D'Alessandro. Introdurrà i lavori l'aw. Chiusane presidente della Fondazione. Interventi: Paolo Bagnoli, Luigi Bonanate, Luciano Gallino, gen. Pellegrino, on. Zanone. Conclusioni di Carlo Rossella, direttore de «La Stampa». Filippo Burzio scienziato e umanista, direttore della «Stampa» dopo la Liberazione Quest'anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte