Rai, si dimettono anche Covoni e Scudiero di Maria Grazia Bruzzone

Rai, si dimettono anche Covoni e Scudiero Rimangono al loro posto solo le «poliste» Mursia e Olivares, ma il cda è di fatto decaduto Rai, si dimettono anche Covoni e Scudiero Spaccatura pds-ppi, ora decideranno Mancino e Violante ROMA. La seconda, dopo il presidente Enzo Siciliano, è stata Liliana Cavani, il terzo Michele Scudiero. Nel giro di ventiquattrore i consiglieri ulivisti della Rai hanno finito per dimettersi tutti in un effetto cascata sensazionale. Lasciando sole a presidiare viale Mazzini le due consigliere in quota Polo, Fiorenza Mursia e Federica Olivares, che non hanno mai avuto la minima intenzione di lasciare. E infatti restano in carica, fanno sapere, convinte «che non si abbandonano le aziende nei momenti cruciali». Ma la loro buona volontà non basta ad evitare l'automatica decadenza dell'intero consiglio. Il cda non può infatti funzionare con meno di tre membri. La Rai è ormai decapitata. E a questo punto, escluso il commissariamento, per il quale ci vorrebbe un decreto legge che nessuno vuole, esclusa l'ipotesi favorita fino a ieri dal pds di arrivare in un mese a una nuova legge di nomina, la palla passa ai presidenti di Camera e Senato. Obtorto collo, Violante e Mancino dovranno piegarsi a quel che non avrebbero mai voluto fare una seconda volta: trovare altri consiglieri. E già si fanno i primi nomi per il futuro presidente: l'ex direttore del Corriere della Sera, attuale direttore editoriale dell'Rcs-Corsera Paolo Mieli; l'ex amministratore delegato di Telecom Guido Rossi; l'ex amministratore delegato dell'Ambroveneto Corrado Passera. Ma come si è arrivati a tutto questo? La situazione è precipitata nel primo pomeriggio, dopo il vertice di maggioranza convocato, pareva, per confrontarsi sulla possibilità di arrivare al più presto a nuovo regole di nomina del consiglio. In realtà diventato un confronto sul dopo-Siciliano. Fino a tramutarsi in uno scontro dal quale la maggioranza esce spaccata, col pds contrapposto frontalmente al ppi. Il capogruppo della Sd Fabio Mussi se ne esce infatti subito dopo annunciando che il suo partito (più Verdi e Ri) sono disposti a votare la sfiducia all'attuale cda nella commissione parlamentare di vigilanza, per arrivare alla nomina di un nuovo consiglio con le vec¬ chie regole. «Al di là di una generica buona volontà, l'unità per varare rapidissimamente la legge sui vertici di viale Mazzini non c'è ancora - spiega Mussi. - Abbiamo deciso di lavorare per raggiungerla, ma ci vorrà qualche mese. E siccome sostituire il presidente dimesso sembrerebbe un rattoppo, per di più prò tempore, riteniamo che la soluzione più limpida siano le dimissioni di tutto il cda». «Per noi le dimissioni di Enzo Siciliano devono comportare quelle dell'intero consiglio» aggiunge il verde Mauro Paissan, di nuovo in sintonia con la Sd. Dall'altro fronte, il popolare Sergio Mattarella è di diverso parere: «Non voteremo la mozione dei Verdi in Vigilanza perché ci sembra una soluzione troppo traumatica», annuncia, pur rinviando ai partiti la decisione di integrare o no il cda. E col ppi si schiera anche Rifondazione: «Noi chiediamo che venga surrogato il presidente di- missionario», dichiara ai giornalisti Oliviero Diliberto. Mattarella preferirebbe non azzerare il vertice per non rendere ancora più precaria la situazione. IL TOTONO Un'opinione condivisa dal presidente del Senato Mancino, che fino all'ultimo conta che il cda possa ancora reggere. E il Polo, vedendo la maggioranza in difficoltà, non le viene certo in aiuto. «Noi non vo- teremo nessuna sfiducia a questo consiglio», fa sapere il responsabile informazione di Fi Paolo Romani, rovesciando le carte. Ma le parole di Mussi hanno ormai provocato un effetto a catena. La Cavani annuncia per agenzia le sue dimissioni. Il ppi teme la frana ed è sempre più irritato. Giancarlo Lombardi, responsabile Comunicazione di piazza del Gesù, parla di «prepotenza inaudita del pds», e si precipita da Prodi appena lo intravede nel Transatlantico. D'Alema va da Violante e si intrat- TA ELLA nda tizzata tamente tiene con lui per venti minuti. Marini cerca nel Transatlantico Vincenzo Vita. Intanto si è dimesso anche Michele Scudiero, il consigliere più vicino a Mancino. La rottura si è ormai consumata. Restano le accuse e le controaccuse sulla vera ragione del contendere: lo strapotere dei popolari nel primo cda ulivista, in particolare quello del direttore generale Franco Iseppi. «La verità è che voi volete mantenere in vita questo consiglio, perché avete due consiglieri e il direttore generale», accusavano pidiessini e verdi nel vertice. Più tardi, in Transatlantico, i popolari smentiscono che ci fosse una sintonia fra Iseppi e Prodi. «E comunque Prodi ha detto a un autorevole esponente di piazza del Gesù che della Rai si occupa Veltroni», è la voce che fanno circolare gli uomini di Marini. Ma l'altra voce che si fa strada è che, in cambio di una ricucitura che comunque prevede un nuovo cda, il pds abbia ottenuto da Palazzo Chigi proprio la testa del direttore generale. Maria Grazia Bruzzone IL TOTONOMINE A VIALE MAZZI N

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