Riesplode Tangentopoli, Pugni toma in cella di Paolo Colonnello

Riesplode Tangentopoli, Pugni toma in cella L'accusa: 22 miliardi di mazzette dalle Ferrovie a de e psi. Residenza obbligata per Necci Riesplode Tangentopoli, Pugni toma in cella // banchiere brinda a champagne, poi va in carcere MELANO. Temevano che arrestandolo per l'ennesima volta, le coronarie malandate di Francesco Pacini Battaglia, il banchiere italosvizzero «un gradino sotto Dio», facessero brutti scherzi. Così avevano chiamato un'ambulanza e due medici per ogni evenienza. Invece «Chicchi», quando alle 10 di sera ha incontrato nella hall dell'hotel Plaza di Milano due finanzieri con in mano un ordine di cattura, prima di lasciare l'albergo per la prigione di Opera, ha voluto concedersi due coppe di champagne: «Suvvia, andiamo, va». E' un fronte antico e tormentato a far riesplodere l'inchiesta Mani Pulite: quello degli appalti per le Ferrovie dello Stato. Una vicenda che si trascina almeno dal 1993 e che soltanto adesso la rilettura di alcune agende sequestrate all'epoca all'imprenditore Vincenzo Lodigiani e diversi interrogatori di indagati e testimoni, è sfociata in una serie di perquisizioni e di arresti eseguiti l'altro ieri su ordine del gip Maurizio Grigo. Un'operazione che a palazzo di giustizia indicano come la porta d'ingresso per colpire livelli mai raggiunti. L'ipotesi è che per rimettere in moto nel '91 gli appalti delle ferrovie, aggiudicati nell'81 e bloccati nell'87, l'ex amministratore Lorenzo Necci, al quale è stata ordinata la residenza obbligata a Tarquinia, abbia avallato, tramite Pacini Battaglia, un gigantesco giro di tangenti ancora imprecisato. Si parla per il momento di almeno 22 miliardi, di cui finora ne sono stati rintracciati soltanto 3 e 700 rnilioni. Ma il giro complessivo degli affari in tutt'Italia, e solo per la co- struzione dei depositi ferroviari e di quelli che vengono definite le «prestazioni integrate», era stimato in 2500 miliardi. Oltre a Pacini Battaglia, le Fiamme Gialle hanno arrestato anche Luigi Rendo, figlio del più famoso Mario, uno dei Cavalieri del lavoro di Catania. L'imprenditore, che ieri pomeriggio a San Vittore, colto dallo sconforto, ha chiesto di rimandare l'interrogatorio, è stato fermato nella sede romana della Cogei, una delle società coinvolte nell'indagine che proprio l'altro ieri pomeriggio è stata dichiarata fallita dal tribunale di Roma. Due i provvedimenti rimasti ineseguiti: uno per il braccio destro di Pacini Battaglia in Svizzera, Roger Francis, residente all'estero. E uno per il costruttore Vincenzo Lodigiani, praticamente già arrestato e inquisito in tutt'Italia, e che da diverso tempo si troverebbe in Costa Rica per «affari». L'accusa per tutti è conconcorso in corruzione, frode fiscale e falso in bilancio. Ma nel¬ l'inchiesta è contemplato anche il reato di finanziamento illecito ai partiti per alcuni miliardi che, nel '91-'92, sarebbero finiti nelle casse ancora aperte di de e psi. Nelle 50 pagine che formano l'ordine di cattura, e dove vengono riportate anche le testimonianze rese dai vertici delle Ferrovie prima e dopo Necci, ovvero l'ex presidente Mario Schimberni e l'attuale amministratore Giancarlo Cimoli, si fa riferimento in particolare al consorzio d'imprese «Ferscalo» di cui facevano parte la Lodigiani, la Cogei di Rendo e, al 25 per cento la C.C.C., società della Lega delle cooperative di Bologna. Un'azienda quest'ultima che, potrebbe essere presto chiamata a rispondere degli stessi reati contestati agli altri imprenditori. Il consorzio di cui faceva parte infatti, si aggiudicò per 565 miliardi l'appalto per lo scalo Fiorenza, alle porte di Milano: un gigantesco deposito treni che ieri i sindacati hanno descritto come una struttura già fatiscente. Lavo¬ ri che dopo una prima partenza bloccata nell'87, vennero ripresi nel '91 con alcune integrazioni d'opera come ad esempio la posa in opera dei binari che paradossalmente mancava dal precedente contratto. In questo caso le tangenti sarebbero state pagate in parte con dei fondi neri per 3 miliardi e 700 milioni, creati attraverso false fatturazioni rese dalla Korak, una società controllata dal vice di Pacini, Francis Roger. Ma è nei vecchi verbali di Lodigiani che si trova una delle chiavi di lettura di quest'ultimo blitz. Nel '92 davanti a Di Pietro e nel giugno '93, davanti al pm Paolo Ielo (che è, insieme a Fabio De Pasquale e Francesco Greco uno dei firmatari delle richieste di arresto), Lodigiani raccontò dei suoi rapporti con Pacini Battaglia indicandolo come l'uomo che nel '91 «si era saltuariamente occupato del problema delle concessioni ferroviarie di prestazioni integrate» e spiegando quali cifre (15 miliardi) avrebbero dovuto pervenire a de e psi. Inoltre parlò anche di tangenti versate non solo a politici ma anche a importanti sindacalisti. La differenza con le indagini di allora è che adesso i magistrati ipotizzano che buona parte del denaro passato dalla Karfinco, sia finito in realtà a Necci e ad altri manager delle Ferrovie. «E' rimasto inascoltato - ha detto il legale di Pacini, avvocato Rosario Minniti - l'appello del Presidente della Repubblica. Il tintinnar di manette risuona ancora come prima». Paolo Colonnello

Luoghi citati: Bologna, Catania, Costa Rica, Italia, Milano, Roma, Svizzera, Tarquinia