Scatta la «trappola» dell'oro

Scatta la «trappola» dell'oro Scatta la «trappola» dell'oro Olanda e Germania: Roma inaffidabile LA RINCORSA ITALIANA PROMA OSITIVO, l'incontro con Kohl è stato molto positivo». Al telefono con Prodi, prima della partenza del premier per la Macedonia, Carlo Azeglio Ciampi si è fatto raccontare per filo e per segno il colloquio con il Cancelliere tedesco. Ne haricavato un discreto conforto. I progressi in finanza pubblica in vista dell'Unione monetaria ci sono stati, sono lì, scritti e approvati dall'Ecofin di lunedì. Eppure c'è chi continua a studiare il «caso Italia», con spirito non proprio costruttivo, e senza uno straccio di quella «disponibilità» prospettata da Kohl. In queste ore tra Palazzo Chigi, Tesoro e Farnesina c'è una preoccupazione latente. E' la questione della vendita dell'oro della Banca d'Italia all'Ufficio italiano cambi. Questione non nuova, per la verità, ma che adesso rischia di diventare l'ultimo, esiziale sgambetto ai danni dell'Italia sul traguardo di Maastricht. Lo stesso documento della Commissione europea approvato lunedì a Bruxelles lo cita, a volo d'uccello, per dire che il caso verrà sottoposto all'esame del Consiglio, e che l'Eurostat «lo sta esaminando», per valutare «la natura dell'operazione». E lo riassume così, il caso: «Nel 1974, per combattere gli attacchi speculativi sulla lira, la Banca d'Italia ottenne un prestito di 2 miliardi di dollari dalla Bundesbank. Per garantire quel prestito, l'Uic acquistò dalla Banca d'Italia 543 tonnellate d'oro. Il prestito fu estinto nel settembre del '78, ma l'oro rimase da allora in bilancio dell'Ufficio italiano cambi. Fu rivalutato nel corso degli anni, ma i relativi capital gains non sono mai stati tassati, perché secondo le leggi tributarie italiane sono sottoposti a imposizione solo all'atto del realizzo. Nel luglio del '97 l'Uic, tra l'altro in corso di liquidazione, ha rivenduto quell'oro alla Banca d'I- talia. Questa operazione ha generato un capital gain per l'Ufficio pari a circa 7600 miliardi di lire, e di conseguenza l'obbligo di un versamento d'imposta di 4 mila miliardi, parte dei quali (3400) versati a novembre '97». Il punto è questo. Visco si è ritrovato «in cassa» questi 3400 minareti, che sono stati regolarmente registrati nel fabbisogno, inchiodato al 2,7% del Pil a fine '97, cioè ben al di sotto della fatidica soglia del 3% prevista dai criteri di Maastricht. Il dubbio di Eurostat, l'ufficio statistico di Bruxelles, è questo: di che natura è quell'operazione? Ed è lecito conteggiare quegli 0 miliardi a vendita Bankitalia no cambi introiti fiscali nel fabbisogno? Il documento approvato lunedì scorso precisa che «Eurostat ha recentemente stabilito (il 17 dicembre '971 che ogni trasferimento a bilancio pubblico del controvalore relativo ad operazioni di rivalutazione delle riserve auree deve essere catalogato come "operazione finanziaria", e quindi deve essere escluso dal calcolo del fabbisogno netto». Ma aggiunge che l'affare UIcBanca d'Italia «non appare direttamente comparabile con casi analoghi» già studiati in Europa, e per questo è in corso l'esame approfondito sulla «natura dell'operazione». Perché questa vicenda, apparentemente innocua, rischia di diventare velenosissima per noi? Quei 3400 miliardi di imposte sulla vendita dell'oro - quand'anche Eurostat e poi l'Ecofin ne invalidassero il conteggio rappresentano lo 0,18/0,2% del Pil. Stornandoli dal fabbisogno, e trasferendoli all'indebitamento, il saldo finale del '97 per l'Italia salirebbe a ridosso del tetto del 3%. Ce la faremmo cioè, sul criterio del deficit, per il rotto della cuffia. Ma la posta in gioco, nel caso dell'oro, non è finanziaria. In ambienti di Francoforte e dell'Aia, questa vicenda fa gola, perché servirebbe a dimostrare che l'Italia non è cambiata: è sempre la stessa, patria di «spaghetti-boys» che cercano scorciatoie e fanno trucchi contabili. Per questo, non può ancora essere ammessa nell'esclusivo Club dell'Eu ro. Dell'oro italiano, oltre all'Ime e per conto dell'Eurostat, si starebbe occupando nei Paesi Bassi Stefan Keuning, capo della contabilità na zionale dell'Ufficio centrale per la statistica (l'Istat olandese) e membro del Comitato europeo per le statistiche sulle bilance dei pagamenti. Keuning starebbe effettuando un'indagine a tappeto sui possibili «trucchi contabili», in tutti i Paesi candidati all'Uem: di fatto, quindi, è l'uomo che ha in mano il potenziale verdetto sui «deficit eccessivi». Essendo olandese, cioè connazionale dell'anti-italiano Gerritt Zalm, e risentendo del cli¬ ma rovente pre-elettorale di quel Paese, Keuning starebbe seguendo il caso dell'oro italiano con particolare «accanimento». Probabilmente tutt'altro che terapeutico. E infatti nei Palazzi romani c'è non poca apprensione per l'esito di questa vicenda. Le probabilità che Eurostat respinga l'operazione Uic-Bankitalia sono molto elevate: se la cosa non fosse gestita al meglio sul piano dell'immagine, e se qualcuno, anche sui mercati, vo- lesse strumentalizzarla, si potrebbero innescare processi incontrollati sul nostro Paese, proprio nel trimestre cruciale per Maastricht. Un indizio di questa preoccupazione italiana lo si coglie anche nelle parole di Prodi, sulla via del ritorno dalla Macedonia: «Non voglio nessuna promozione preventiva, voglio semplicemente che quando escono i dati non vengano discussi nella loro metodologia e serietà». La linea difensiva italiana, sul caso dell'oro, è semplice. Primo, il governo non c'entra niente e non ha chiesto né imposto nulla a nessuno. Secondo, l'Ufficio italiano cambi è un'istituzione indipendente, con la quale lo Stato non ha nulla a che vedere, e lo stesso dicasi per la Banca d'Italia. Quindi, quella compravendita sulla partita di 543 tonnellate d'oro è una regolarissima transazione commerciale tra due organismi di natura privatistica, sottoposta al regime fiscale ordinario. Ma Keuning, e il Comitato europeo per le statistiche sulle bilance dei pagamenti, farebbero leva su un paio di interrogativi, dal loro punto di vista non del tutto peregrini: si può definire «indipendente» un'istituzione come l'Uic, con vertici designati o provenienti dal ministero delle Finanze e dalla Banca d'Italia? E poi, quest'ultima è in mano a istituzioni private, è vero, ma allora perché il 60% dei suoi utili li incamera lo Stato? La partita è aperta, ed è maledettamente delicata. Ciampi, sul tema dei «trucchi contabili», è tranquillo e lo è sempre stato: «Non ne ho mai fatti in vita mia, e non ne farò mai» continua a ripetere. Ma qualche timore c'è, di un OffensivaIl 5 e 6 febe a Francole ragioni clamoroso «sgambetto» sull'oro. Tutte le altre «armi» anti-italiane sono ormai spuntate: l'inflaziono, il deficit, la lira nello Sme. Persino l'alto debito italiano - pur raggiungendo in rapporto al Pil il doppio del livello richiesto dai criteri di Maastricht - non può bastare a tagliarci fuori dall'Euro. Perché altrimenti - come dice Luigi Spaventa - «se volessero tagliarci fuori per il debito al 122%, dovrebbero tener fuori tutti: noi, il Belgio, la stessa Germania che ormai viaggia verso il 62%, e l'euro potrebbero farselo solo la Francia e il Lussemburgo». Il debito resta una «spada di Damocle», come lo definisce Mario Sarchielli: ma da sola, quella spada, non è sufficiente a tagliarci le gambe. Ci vuole anche l'oro, per dimostrare che l'Italia, nonostante tutti i suoi clamorosi risultati, i suoi incredibili sforzi, è rimasta sempre la solita: pasticciona, furba, inaffidabile. A voler essere maliziosi, persino quella domandina apparentemente imiocua che Kohl ha rivolto a Prodi, durante la cena da Fortunato al Pantheon, era già quasi una mezza premonizione: «Che fine hanno fatto Fanfani e Forlani?». Come dire: quello è il vostro più recente passato. Voi l'avete rimosso, ma noi non ce lo dimentichiamo. Hanno torto, marcio, ma non sarà facile farglielo capire. Ciampi sta preparando un'offensiva diplomatica in grande stile. Il 5 febbraio sarà a Borni, dove vedrà Kohl e poi parlerà al Bundestag, il Parlamen- to tedesco. Tema, «Il governo dell'economia in Italia e in Europa», con ampie rassicurazioni sul fatto che la «cultura della stabilità», nel nostro Paese, oltre che economica sta diventando anche politica. Il giorno dopo, 6 febbraio, il ministro del Tesoro volerà a Francoforte, dove incontrerà il presidente della Bundesbank Hans Tietmeyer, il presidente dell'Ime Wim Duisenberg e i banchieri tedeschi. Gli parlerà di moneta e inflazione. Del nostro debito, del nostro deficit, del nostro bilancio. Quelle parole, davvero, potrebbero valere «oro». Massimo Giannini Finiti nel mirino 3400 miliardi relativi a una vecchia vendita di riserve auree da Bankitalia all'Ufficio italiano cambi Offensiva di Ciampi in Europa Il 5 e 6 febbraio vola a Bonn e a Francoforte per spiegare le ragioni della stabilità Il premier con il cancelliere Kohl l'altro ieri a Roma