I VERI NEMICI DEL SENATUR

I VERI NEMICI DEL SENATUR I VERI NEMICI DEL SENATUR FACENDO votare compatta la Lega a favore di Previti, Bossi non poteva dare uno strattone più forte al suo elettorato. Perché lo ha fatto? La risposta è una sola: per tornare di prepotenza nel gioco politico, anche a costo di perdere per strada alcuni pezzi del suo elettorato. La posta in gioco sta diventando decisiva. Se andasse in porto un serio progetto federale della Bicamerale o se soltanto si materializzasse il movimento federalista radicale del Nord-Est, per Bossi sarebbe la fine. In quest'ottica l'attacco diretto contro la magistratura non è soltanto un'autodifesa preventiva contro le misure giudiziarie previste per alcuni suoi esponenti. E' un atto politico in piena regola, per rimescolare le carte, per padanizzare, per cosi dire, la questione della magistratura. «La verità è che il vecchio partito comunista, con il nome cambiavo, reprime il dissenso con ogni mezzo a sua disposizione, anche con i pm». E con queste parole che il capogruppo leghista ha giustificato il voto in aula. Sono espressioni che mettono sullo stesso piano «i comunisti» e il pool di Mani ptilite e omologano indirettamente le accuse sollevate contro Previti con quelle avanzate contro alcuni leader della Lega. Questo molti leghisti nel Paese fanno fatica a capirlo. Nelle province del Nord molti si stanno chiedendo se gli ipotetici corruttori («romani» oltretutto) possano essere messi sullo stesso piano dei guerriglieri del campanile di San Marco. Se il sospetto di corruzione politica e l'accusa di attentato all'unità del Paese siano la stessa cosa. E' un bocconeamaro per i leghisti di Varese, di Alessandria o di Pordenone. Ma lo devono ingoiare, se vogliono seguire i loro leader che hanno Gian Enrico Rusconi I CONTINUA A PAG. 13 SECONDA COLONNA

Persone citate: Bossi, Gian Enrico Rusconi, Previti

Luoghi citati: Alessandria, Pordenone, Varese