Burzio, un Demiurgo per l'Europa

Burzio, un Demiurgo per l'Europa Mezzo secolo dopo, un convegno ricorda il primo direttore della «Stampa» dopo il fascismo Burzio, un Demiurgo per l'Europa Da Rousseau alla balistica, le passioni di un intellettuale STORINO INQUANT'ANNI fa, il 25 gennaio 1948, moriva a Ivrea per una crisi cardiaca Filippo Burzio: scrittore, scienziato, filosofo, politico, uno fra gb intellettuali più versatili della cultura italiana, primo direttore della Stampa dopo la caduta del fascismo. Era nato a Torino nel 1891, aveva frequentato le scuole tecniche, per diventare ingegnere come voleva il padre, ma già coltivando la segreta passione per il pensiero e la poesia. Così l'allievo del Politecnico studiò insieme meccanica applicata e Rousseau, calcolo infmitesimale e Goethe, discipline matematiche e Ber¬ gson, e Croce, e Pareto. La sua competenza scientifica gli permise di risolvere, appena laureato, un teorema di balistica che era sempre rimasto un rebus: la stabilità del proietto in traiettoria. Acquisizione decisiva, per la nostra artiglieria, nell'ultima parte della Grande Guerra, che propiziò il successo di Vittorio Veneto. Le sue predilezioni umanistiche lo portarono, assai presto, ad affermarsi come scrittore: fu tra i pruni collaboratori della Ronda, con Bacchelli e Cardarelli, autore di saggi che piacevano a Benedetto Croce e Luigi Einaudi; non certo al regime imperante dal 1922. Nonostante i meriti scientifici, si giocò la carriera universitaria per non aver aderito al fascismo (più tardi, nel 1937, fece anche di peggio: rifiutò un Premio Mussolini). Trovò rifugio nel mondo militare, dove non gb chiedevano tessere. E il filosofo insegnò per vent'anni balistica all'Accademia e alle Scuole di applicazione d'arma. Fuori da quelle mura, Burzio scriveva finissimi articoli di storia per la terza pagina della Stampa e, soprattutto, elaborava, per i suoi lettori privilegiati, la dottrina del Demiurgo alla quale pensava di affidare la sua fama. Aveva scelto quel termine di origine platonica per identificare un personaggio da contrap- porre agli uomini della Provvidenza allora di moda; non il superuomo, non il capo carismatico, ma un personaggio dotato di consapevolezza e distacco, a metà strada fra la storia e Dio; «antidoto alla società di massa avanzante che i regimi fascisti avevano esaltato e insieme domato», come ha scritto Norberto Bobbio. Il suo modello era ancora Giolitli. Chiamato alla direzione della Stampa nel breve periodo badogliano, dopo l'8 settembre Burzio fu condannato a morte da un tribunale fascista e dovette salvarsi nella clandestinità. Torno al suo posto nel luglio 1945, quando il giornale potè riprendere le pubblicazioni, sotto la testata La Nuova Stampa. Era legato al suo Piemonte, al quale ha dedicato pagme fra le più alte del Novecento; alla tradizione, alla monarchia. Ma era anche capace, lui liberale, di grandi prospettive: e fu tra i primi a intuire la necessità di costruire l'unità europea. «Un passo verso l'Europa» si intitolava il suo ultimo articolo, che oggi ci suona profetico, apparso il 24 gennaio 1948, la vigilia della morte. Aveva 57 anni. Per ricordare Burzio si è costituita da alcuni anni una Fondazione, presieduta dall'avvocato Vittorio Chiusane che ripubblica le sue opere, presso la Utet li¬ breria. Proprio in questi giorni escono gli Schtti scientifici a cura di Gaetano Pellegrino con prefazione di Luigi Bonanate e gli Scrìtti demiurgici, a cura di Paolo Bagnoli. E la figura di Bui zio sarà al centro del convegno sul tema «Pensiero scientifico e pensiero politico» che si svolgerà venerdì mattina al palazzo dell'Arsenale, dove egli ha insegna to. Con i curatori dei volumi, in terverranno Luciano Gallino, Valerio Zanone e il direttore dei la Stampa Carlo Rossella. Scien za e politica, giornalismo e poesia, Piemonte e Euiopa, tutto questo era Burzio. Giorgio Calcagno Rifiutò un Premio Mussolini, 18 settembre fu condannato a morte Oppose il personaggio platonico a superuomini e capi carismatici

Luoghi citati: Europa, Ivrea, Piemonte, Torino, Vittorio Veneto