Washington gelida per Netanyahu
Washington gelida per Netanyahu Niente cena col Presidente, niente alloggio alla Blair House. E un pranzo con la Albright, ma in albergo Washington gelida per Netanyahu Un'ora di colloquio con Clinton, nessun risultato NEW YORK NÒSTRO SERVIZIO Due cifre o una? Stringi stringi, il problema della visita di Benjamin Netanyahu a Washington, avvenuta ieri, era tutto sulla percentuale di territorio di Cisgiordania che il governo israeliano ò disposto a consegnare ai palestinesi entro la metà di quest'anno. Washington chiedeva «almeno due cifre» (che secondo tutte le indiscrezioni volevano dire il 12 per cento), Netanyahu ha risposto con ima cifra, cioè il 9 per cento. Gli americani chiedevano anche altro, per esempio il congelamento di nuovi insediamenti israeliani in territorio palestinese e nei quartieri arabi eh Gerusalemme, ma Netanyahu ha risposto di no. In queste condizioni sembrerebbe automatico considerare la visita di Netanyahu, e quella subito a ridosso che domani compira Arafat, del tutto prive di quei passi avanti su cui Bill Clinton, alla vigilia, aveva detto di contare molto. Ma un tale pessimismo non sembrava per niente condiviso dallo stesso Clinton. Anzi, il Presidente americano, visto che sapeva già ciò che Netanyahu era venuto a dirgli perche lo aveva annunciato lui stosso il giorno prima, in una serie di incontri avuti con tutta la destra in circolazione a Washington, da Newt Gingrich agli ebrei intransigenti, fino ai «fondamentalisti cristiani», lo aveva accolto con parole tutto sommato di comprensione. Netanyahu aveva detto che Israele «non intende negoziare sotto la minaccia di nuove violenze» e Clinton ha detto di essere «d'accordo». Netanyahu aveva detto che il modesto ritiro da lui proposto era «il massimo per garantire la nostra sicurezza» e Clinton ha evitato di imbarcarsi nella disputa delle «due cifre o una». L'unico accenno al fatto che la discussione con Netanyahu non sarebbe stata facile lo ha l'atto quando ha detto «lavoreremo duramente per fare progressi, avremo una dettagliata, franca, buona discussione», che co¬ me si sa in termini diplomatici vuol dire poco meno che le vie di fatto. Ma a proposito di diplomazia, la Casa Bianca in questo caso è ricorsa proprio ai «codici» di quell'antica arte per manifestare il suo scarso amore per Netanyahu. Niente cena con Clinton, dopo i colloqui; niente alloggio alla Blair House (la normale residenza degli ospiti ufficiali) e niente «ampio giro d'orizzonte sui problemi della regione» come ordine del giorno, ma la bruta indicazione del «conflitto Israele-palestinesi» come argomento del colloquio, rigorosamente ristretto a un'ora. Sulla decisione di infliggere a Netanyahu questa degradazione diplomatica si è molto diffuso il Washington Post, citando le sue brave fonti anonime; ma ii portavoce di Clinton, Mike McCurry, ha negato tutto. «E' mia visita di lavoro, non una visita di Stato», ha detto. Ma i dubbi sul fatto che la Casa Bianca, non potendo fare altro, abbia voluto mostrare così la sua antipatia per il primo ministro israeliano (contro la cui elezione, del resto, a suo tempo si schierò apertamente) non sono stati fugati, anche perché ieri è accaduto anche qualcos'altro. Prima di andare da Clinton, Netanyahu ha visto Madeleine Albright. Ma invece che nel suo ufficio al Dipartimento di Stato, come sarebbe stato logico, l'ha incontrata in un albergo. Hanno consumato insieme la colazione e poi si sono lasciati senza una parola e tutti e due scuri in volto. A causa del gran parlare che tutti facevano di questa storia, non è stato possibile stabilire se la «soluzione albergo» sia stata un'idea della Albright per snobbare ancora di più Netanyahu o eh Netanyahu medesimo, come rappresaglia per il mancato pernottamento alla Blair House. Ma di sicuro c'era che questa schermaglia diplomatica un po' infantile non era un'invenzione del Washington Post. Franco Pantarelli É Clinton e Netanyahu: un incontro freddo anche dal punto di vista protocollare
Luoghi citati: Cisgiordania, Gerusalemme, Israele, New York, Washington
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