Il boom delle moschee underground

Il boom delle moschee underground Marocchini, tunisini, egiziani, algerini, curdi, pakistani: l'unica identità è nella religione Il boom delle moschee underground L Italia «islamizzata», si moltiplicano i luoghi di culto IMPERIA DAL NOSTRO INVIATO Un tiepido sole allevia il digiuno di Ramadan. Passeggiamo sul lungomare di Imperia, tra le case da marinai di un porto ormai deserto e le ville che la borghesia dell'olio d'oliva ha costruito prima della decadenza. Hamza Piccardo, battezzato Roberto, ricambia il salamu alaykum deferente degli ambulanti maghrebini che salutano in lui l'omir, il capo della comunità islamica del Ponente ligure. A 45 anni sono già due le vite che ha vissuto: figlio anch'esso di un imprenditore oleario, imparentato coi titolari dell'antico caffè Piccardo, la sua prima vita è stata soprattutto quella del militante rivoluzionario, dalla fondazione del Manifesto all'ingresso nell'Autonomia operaia, fino alla direzione della locale Radio Onda Rossa. Risale al '75 il primo viaggio nel Sahara: ìa sohtudine mistica di quel deserto, tra l'Algeria e il Niger, preludio di ben altra militanza a tempo pieno nel nome di Aliali e del suo Profeta. In comune col passato c'è la speciale attenzione della Digos, quando gli capita di essere fermato in auto nel corso della sua vagabonda e instancabile attività di segretario nazionale dell'Ucoh (l'Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia, autonoma da ogni sudditanza statale araba e semmai partecipe del movimento sovranazionale dei Fratelli musulmani, presieduta da un medico siriano residente a Ancona, Mohamed Nour Dachan). Il poster di Malcohn X, firmato Autonomia operaia, è ancora appeso nello studio di casa Piccardo, accanto a un panorama di Gerusalemme. Sembra fatto ap posta per confermare l'idea di un Islam antagonista, riproposizione in chiave divina della rivolta sociale condotta ieri come oggi nel nome dei dannati della terra. Solo che Hamza si trova adesso nell'epicentro di un sommovimento ben più impetuoso di quello dei suoi rossi Anni Settanta, e rifiuta le troppo facili assonanze: «Io non condanno più la ricchezza in quanto tale. Ho tanti amici benestanti che sono ot timi musulmani, basta osservare il precetto islamico della zakat, la de voluzione annuale obbligatoria del 2,5% sul proprio capitale Un precetto poco rispettato, purtroppo Ma se lei vuole proprio scovare una continuità tra le mie due vite, non ho difficoltà a indicargliela: l'impe gno personale coretto del credente per l'Islam è un obbligo, senza alcuna separazione possibile tra di niensione religiosa e dimensione politica. Dunque solo le leggi islamiche possono sanare la vergogna di un quinto del mondo che sfrutta gli altri quattro quinti». Qui l'inchiesta sui guardiani del la fede integrale ci conduce ben ol tre il ritratto di un intellettuale ra dicale votato all'Assoluto. Lo scrive Renzo Guolo, sociologo dell'università di Padova, sidl'ultimo numero di «Limes»: in Italia stiamo viven do una «ristrutturazione identitaria che ha come esito la ritrasfor inazione deU'rnimigrato in musul mano». Il processo di islamizzazio ne degli extracomunitari immigra ti in Italia dal Sud del mondo è di mia repentinità straordinaria. Arri vano marocchini, tunisini, egiziani, algerini, curdi, pakistani. Qui, nello sradicamento della terra straniera, una forza trascinante li conduce a riconoscersi dentro l'identità comune che oltrepassa la nazionalità d'origine, restituendoli sempre più partecipi di una sola comunità islamica. Erano dodici i luoghi di culto musulmano censiti nel 1984, oggi sono circa 370. E poco importa se gli islamici in Italia siano mezzo milione (stime Caritas) o già il doppio come sostiene l'Ucoii. Altra è la vera domanda: se stia crescendo sul nostro territorio, dentro la crisi demografica italiana, un prolifico nemico interno, cioè un'entità per sua natura contrapposta al nostro modello sociale; oppure se l'Islam L italiano possa essere integrato. «Noi facciamo di tutto per favorire l'incontro e prevenire lo scontro», assicura Piccardo. «Combattiamo tutti i giorni le tentazioni fanatiche, predichiamo l'amore per i miscredenti, impediamo se necessario con mezzi drastici la diffusione dell'odio nelle moschee. Per questo rifiuto l'etichetta neofondamentalista che ormai viene appiccicata addosso a chiunque anziché Andrea si chiami Mohamed e porti un filo di barba». La buona volontà, la ricerca del dialogo sono risorse preziose che sarebbe irresponsabile lasciar cadere, facendo propria l'equazione degli ignoranti secondo cui Islam per forza vuol dire violenza, guerra all'infedele. Ma Piccardo non è il solo a riferire di una tensione continua che percorre la rete connettiva dell'Islam povero italiano, cioè le centinaia di moschee underground ricavate nei garage, negli scantinati, nelle case popolari, centri di preghiera ma anche di spaccio alimentare, assistenza sanitaria, educazione dell'infanzia. A Milano mi altro «convertito», Ah Schutz, che gestisce con la moglie somala Shugri Omar il Fondaco dei mori, uno squisito ristorante islamico in via Solferino, a pochi passi dal «Corriere della Sera», dice che i nuovi immigrati hanno reso stracolme le moschee ma sopportano malvolentieri le risposte moderate alle loro domande. Qualche volta si giunge fino allo scontro fisico. Ma quali sono le domande che seguono la preghiera in moschea? «Ci si chiede cosa è lecito e cosa è illecito in Europa. Se vuole gliene elenco un campionario». Eccolo. «Se taglio del prosciutto, commetto un atto impuro?». La risposta è sì, anche per i più moderati. «Ho trovato mi posto da cameriere. Posso versare il vino ai clienti?». No, è la risposta della moschea. «Posso custodire soldi in banca?». Sì, purché versi gli interessi sotto forma di zakat. «E sposare una cristiana?». Purché i figli siano allevati islamicamente. «Sarà il caso che mia figlia canti nel coro di Natale con i suoi compagni di classe?... Poi via via le domande si fanno più difficili, da parte di immigrati già delusi dal regime del Paese di provenienza e qui di nuovo frustrati, umiliati dalla nuova vita europea». «Sicché - prosegue Ali Schutz quando io o un'autorità religiosa li mettiamo in guardia dal ghettizzarsi, dal muro contro muro, fioccano le reazioni critiche». Tipo? «Ci vuole lo Stato islamico, e una rivoluzione per costruirlo». Parlano proprio di rivoluzione? «Naturalmente la parola più usata èjihad, guerra santa». Non commettiamo l'errore di gridare alla sovversione. Chi arriva qui da noi a cercare fortuna in genere ha poche ragioni di partenza per sentirsi moderato e tollerante. Non a caso l'Islam italiano si divide proprio su quale grado di integrazione sia lecito dentro la società occidentale. Chi punta a costruire spazi sociali del tutto separati, islamizzati, per sfuggire all'impurità della cultura laica, se n'è già andato fuori dal Centro islamico di Milano e dagli altri legati all'Ucoii. Per esempio gli algerini e gli egiziani salafiti, di un'ortodossia severissima, che hanno dato vita alla grande moschea milanese di via Jeimer e a una scuola araba alternativa frequentata da duecento bambmi. La degenerazione del Fis algerino, «il primo partito islamico che aveva vinto democraticamente le elezioni, ma poi ha buttato al vento quell'occasione», li spinge a isolarsi ancor di più. Ma è ai moderati che dobbiamo chiedere: pensate vada rifiutata in toto la società occidentale dentro cui vivete, in quanto empia, consumistica, pornografica, oppure un buon musulmano può convivere al suo interno? A leggere i testi di un'autorità religiosa importante come l'emiro milanese Ah Abu Shwaima, la critica è sì radicale, ma i toni non sono molto diversi da quelli che potrebbe utilizzare im rabbino ortodosso o un sacerdote tradizionalista. Insomma, vi sentite assediati dal Grande Satana? Hamza Piccardo ha un soprassalto d'orgoglio: «Semmai siamo noi che assediamo loro, se Dio vuole». E ribadisce che dentro la rete underground dell'Islam italiano sono transitati aiuti per i fratelli combattenti della Bosnia, ma nessun atto ostile nei confronti del Paese ospitante e stato concepito. Non c'è un Nemico Assoluto, dunque? «Mi spiace dirlo a lei che e ebreo - e il nostro dialogo mostra come sia possibile rispettarsi e comprendersi ma è nel sionismo che oggi riconosciamo la forma contemporanea dell'antitradizione, cioè l'empietà speciale di chi ha abusato della religione per occupare una Terra Santa dei Profeti benedetta da Dio e destabilizzare il mondo arabo». Prosegua pure, Piccardo. Vuole dirci che nelle moschee italiane si onorano i kamikaze della Jihad islamica, artefici delle stragi sui bus israeliani? «Non posso nasconderle che è così. Ricercare la morte sicura è considerato al limito, controverso, dalla dottrina. Conta la purezza dell'intenzione con cui quel gesto viene compiuto, ma indubbiamente noi preghiamo il Misericordioso per i martiri, autorizzati a quel tipo di azioni dal regime di occupazione costituito da Israele, un'aberrazione del nostro secolo. Il sionismo si sta rivelando un'empietà ancor più duratura del nazismo, durato meno di vent'anni, e del comunismo giunto ai settanta». L'intreccio indissolubile tra fede e pohtica produce anche giudizi come questi, il riconoscersi in mia guerra santa che altrove può assumere ima dimensione terrori- e a è e o l a n ò - li enao te n il l, n è oeta istica. «Eppure l'Islam può essere laico, sempre più lo diverrà», assicura Ali Schutz, «è anzi frequente la crescita di partiti che sono insieme islamici e laici». Proprio quest'vdtima, all'apparenza una contraddizione in termini (ma la stessa democrazia cristiana non era forse a suo modo im partito laico?), sembra essere la via intrapresa dalle comunità islamiche italiane. Le loro rivendicazioni nei confronti dello Stato mirano a integrare l'Islam dentro la vita nazionale, anziché organizzarlo come entità separata. Ha questo significato la richiesta dell'insegnamento religioso nella scuola pubblica per gli alunni musulmani; assistenza religiosa nelle caserme, negli ospeI dali, nelle carceri; riconoscimento della validità civile del matrimonio islamico: diritto (già praticato) alle donne di farsi ritrarre col velo sulla carta d'identità. Impossibile negare la legittimità di queste rivendicazioni, il cui accoglimento non potrà tardare troppo neppure in assenza di mi unico ente islamico rappresentativo con cui trattare. Resta la sensazione nuova, per certi versi inquietante, del doversi confrontare per la prima volta in Italia con un'energia possente, una forza spirituale che non tollera né la denigrazione né l'omologazione. Sintomatico l'editoriale di Giancarlo Politi sull'ultimo miniere del mensile cattolico «Mondo e missione»: racconta l'indignazione dei pellegrini che si sono sentiti invitare alla conversione da un'eminente personalità islamica, durante ima visita a Gerusalemme. L'espressione di lede dell'imam è stata avvertita come un'«aggressione» da Politi, fino a concludere. «All'Islam bisogna augurare un evento liberante come il Concilio Vaticano JJ». Sorride compiaciuto, Hamza Piccardo, la cui traduzione italiana del Corano edita da Sperling ha già venduto 38 mila copie in tre anni, quando gli confido quel senso di irriducibilità che promana dal nascente Islam italiano. Nell'aprile i scorso, alla line di una trasmissioI ne di «Pinocchio» che aveva radu ■ \ nato un nùgliaio di musulmani nel , Palasport di Vicenza, tra le decine 1 di sonisi e strette di mano, im uo| mo mi era venuto incontro sibilanj do duro: «Tutte chiacchiere, l'uniI ca verità è che l'Islam conquisterà i il mondo». «Lei crede che io, come fautore | del dialogo, debba prendere le di: stanze da cruci fratello?», mi stuzzica Piccardo. «Me lo auguro», ì «E invece devo dirle che alla fine è proprio lui a due la verità». | «L'Islam conquisterà il moni do?». | «Diciamo che, più pacificameni te, l'Islam governerà un mondo nel i quale ci sarà spazio per i cristiani e I gli ebrei». «Sottoposti alle leggi islamiI che?». I «Le leggi islamiche realizzano un ! maggior benessere sociale per tutti. ! Ad esempio suppongo che lei sia favorevole ai divieto della droga» «Ebbene?». «Il governo dell'Islam estenderebbe tale divieto al consumo di alcol, con beneficio evidente. Salvo il diritto per ì cristiani di consumarlo a casa propria». «L'ubriachezza molesta e la guida in stato di ebbrezza sono già punite dagli Stati laici, non abbiamo bisogno del divieto islamico». (Allora, se lo Stato non deve stabilire dei divieti, perché non abolire pure i semafori?». «Piccardo, mi piacerebbe presentarle il rabbino Hazan del movimento ortodosso dei Lubavitch. Credo ve la intendereste quanto a intreccio tra precetti religiosi e nonne dello Stato». Ritroveremo questi medesimi accenti tra i missionari impegnati a piantare di nuovo la croce nella nostra penisola scristianizzata? Gad Lerner (2 - continua) «Molti immigrati extracomunitari umiliati dalla vita europea sopportano male le risposte moderate che ricevono dai leader» L'ex autonomo divenuto capo della comunità «L'Islam governerà il mondo, ma in pace» «Noi facciamo di tutto per favorire l'incontro con i cristiani» (3 Qui accanto Hamza Piccardo battezzato Roberto: è il capo della comunità islamica del Ponente ligure In alto Ali Schutz che gestisce il Fondaco dei mori a Milano A sinistra l'emiro milanese Ali Abu Shwaima