La secessione? C'è già stata di Cesare Martinetti

La secessione? C'è già stata il malessere del nord-est La secessione? C'è già stata Uno su quattro non crede più nello Stato VICENZA DAL NOSTRO INVIATO Chiamatela come volete, «secessione tranquilla» o, come dice il sociologo, «normalizzazione del disincanto». 11 fatto è che qui a Vicenza la secessione l'hanno già fatta, dentro la testa e il cuore della gente la frattura con lo Stato s'è già consumata. Il nuovo mito sono ì Cobas del latte che resistono a Roma e all'Europa; la fiducia nel governo risale un po' ma è appena al 16 per cento; quella nella magistratura al 24, la metà di due anni fa. Uno su quattro dice tranquillamente che la separazione del Veneto da Roma è «opportuna». Nel '9G la sola parola «secessione» faceva scandalo. Ilvo Diamanti da vent'anni studia questo mondo, fin da quando vide uscire «colonne di fumo» da Schio, Bassano, gli angoli più sviluppati della zona e sfidando il rischio di vedersi appioppata la patente; di «leghista», comincio a dire che dietro quel fumo bruciava il malessere di una società post-industriale, non le nostalgie di un mondo rurale. Il sociologo ci spiega che la novità più grossa e ora la «normalità» con cui viene accettata l'ipotesi secessionista: «Non c'è una sindrome veneta perché' gli atteggiamenti della gente nei confronti degli altri problemi sono simili al resto d'Italia. Ma qui s'è ormai metabolizzato un sentimento di distacco dallo Stato». Ieri mattma, nella sede dell'associazione degli industriab di Vi cenza, Diamanti ha presentato la sua diagnosi fondata sul monitoraggio di quel che bolle nella pentola veneta: autosufficienza, indipendenza, convinzione di poter «fare da soli». La rottura è con lo Stato, ina ci sono segni di distacco anche dagli «altri». Crescono fenomeni di disintegrazione, c'è mia specie di «secessione)' anche da se stessi e dal mondo di relazioni sociali. Diffìcile mondo davvero, questo Nord-Est dove nella scala della fi¬ ducia resiste in testa la Chiesa (57 per cento), ma hi calando; le associazioni di artigiani, industriali ed agricoltori (circa 40 per cento) vengono ben prima delle istituzioni. Il Comune (38) precede la Regione (30); la magistratura è caduta al 24 (era al 48 nel '96); i sindacati confederali sono al 22. Il governo solo al 16 per cento. Non stupisce, ma rivela il Dna del Nord-Est, leggere che per affrontare la disoccupazione il 91 per cento pensa che si debba aiuta- re chi si vuol mettere in proprio, non ridurre l'orario di lavoro (solo il 23 dice sì, contro il 47 della media italiana! Nell'Europa c'è una fiducia generica, ma un sospetto concreto: un terzo pensa che l'unione monetaria sia destinata a creare più problemi che vantaggi. Per il futuro si nutre un moderato ottimismo, ma il 65 per cento ritiene che sicurezza sociale e criminalità siano peggiori: un senso di insicurezza e di diffidenza che qui è più corrosivo di altrove perché l'economia è fatta di piccole imprese e l'insieme delle relazioni sociali è il sistema. Pino Bisazza, presidente degli industriali vicentini e committente della ricerca di Diamanti che è una specie di lente di ingrandimento sul Nord-Est, si dice preoccupato per le diffidenze verso gli extracomunitari che sono invece «una ricchezza per il futuro»: manodopera in una zona dove è difficile trovarne. Ma Bisazza ricava dall'indagine anche la convinzione che «o si trova una via veneta all'autonomia, o si passa davvero alla secessione. Il limite del non ritorno - dice - è già stato superato». Ma può davvero l'autonomia prossima ventura (ammesso e non concesso che le riforme costituzionali la contemplino) riportare il Nord-Est in Italia? Il ((federalismo radicale» di Massimo Cacciari e il suo nascente partito «catalano» potranno prosciugare lo stagno emotivo della secessione? Diamanti non ne è sicuro. Dice che le varie storie delle autonomie nel mondo non sono andate così. Dice che un partito deve essere visibile, presente sul territorio, com'è ora, qui, la Lega che ormai metà dell'elettorato vota «come una volta si votavano i partiti di massa: con un atto di fede». Dice Diamanti che c'è qui nel Nord-Est un «nucleo duro indifferente ai mutamenti di politica economica». Che il governo faccia bene o no, fa lo stesso e la secessione è «opportuna», legittima e legittimata. Ed è questo che si chiama «male del Nord». Cesare Martinetti Nella foto qui sopra il sindaco di Venezia Massimo Cacciari

Persone citate: Bisazza, Ilvo Diamanti, Massimo Cacciari, Pino Bisazza