L'imbarazzo del Cancelliere Eterno

L'imbarazzo del Cancelliere Eterno Per la prima volta l'Italia non si presenta con il «complesso dell'ultimo della classe» L'imbarazzo del Cancelliere Eterno c ROMA HI si aspettava qualcosa di più, dall'attesissimo vertice tra Prodi e Kohl, sarà rimasto deluso. Chi sperava che il Cancelliere Eterno, al di là della rituale diplomazia del sorriso, aprisse all'«amico Romano» uno spiraglio politico sull'ingresso dell'Italia in Europa, sarà rimasto insoddisfatto. In realtà questo summit italo-tedesco ha offerto esattamente quello che doveva offrire. Kohl non poteva tradire un orientamento, benevolo o malevolo. Non poteva negarci un passaporto per Maastricht, perché non è il tempo né il luogo, e soprattutto perché non toccherà a lui - o quanto meno non solo a lui - decidere chi lo avrà meritato. Meno che mai poteva rilasciarcelo, quel passaporto, a pochi mesi dalle elezioni tedesche che lo vedono, per la prima volta nel suo longevo, straordinario cancellierato della riunificazione e del sogno adenaueriano, seriamente in difficoltà presso l'opinione pubblica proprio per questa sua testarda «opzione europeista». Per questo - a prescindere da un'astiosa, quasi dalemiana insofferenza verso i giornalisti e soprattutto i vignettisti - il Cancelliere si è limitato ad esprimere in pubblico pochi messaggi, di generico e ordinario buon senso: è presto per dare le pagelle, ognuno faccia i suoi compiti, ognuno finisca di mangiare quello che ha nel piatto e solo dopo guardi anche nel piatto degli altri, come gli diceva sempre la mamma... Il paradosso, tutto sommato, è che questo vertice riflette un'immagine politico-economica dei due Paesi clamorosamente rovesciata. La Germania di Kohl è una nazione inquieta, angosciata: il Dio Marco morirà, l'economia so- L'im ciale di mercato e diversi milioni di disoccupati si immoleranno con lui. L'Italia di Prodi è una nazione risorta dalle sue stesse ceneri del '92: paga il suo tributo all'Euro, in termini di sacrifici e lavoro, convinta a torto o a ragione di vivere la sua palingenesi. La Germania appare debole e per la prima volta confusa, l'Italia appare sorprendentemente forte e per la prima volta credibile. E' «apparenza», appunto. Ma forse stavolta c'è anche un po' di realtà. Come dice Luigi Spaventa: «Finalmente possiamo avvicinarci all'Europa senza quello che nel '78 chiamai il "complesso di Tonio Kroger", che ci ha accompagnato sempre nella nostra storia: il complesso secondo il quale noi siamo poveri e brutti, mentre gli altri, soprattutto se biondi, sono sempre belli, e soprattutto fanno sempre la cosa giusta. Non è più così, per fortuna». Forse è proprio questo che accresce l'inquietudine tedesca, e genera i nervosismi di Kohl. Il Cancelliere Eterno, per rassicurare il suo popolo segnato dall'iper-inflazione di Weimar, farebbe volentieri a meno di imbarcare la lira nella moneta unica. Ma non può dirlo. E a que- sto punto, conti alla mano, forse non può più neanche farlo. Al vertice di ieri ha glissato su una domanda circa il problema dell'alto debito pubblico italiano, l'unico nervo scoperto rimasto nel nostro bilancio. E non si è certo sperticato in elogi, sulla «promozione» della Finanziaria italiana ottenuta sul campo da Ciampi lunedì scorso, a Bruxelles: «I vostri sforzi - ha detto - sono stati ben riconosciuti». La verità è che, a leggere le 26 cartelle del documento della Commissione europea, l'Italia dei numeri è stata già promossa. Citiamo qua e là: «L'obiettivo del governo per un fabbisogno al 2,8% del Pil appare credibile»; «l'attività economica sta crescendo, la crescita del Pil ha accelerato al 2,1% nel terzo trimestre, il processo di disinflazione è continuato, con prezzi al consumo all' 1,5% a dicembre»; «i tassi a lungo termine hanno continuato a calare». Al di là di ogni aspettativa, forse persino troppo generoso è il giudizio della Commissione sulle riforme, le stesse che Kohl non riesce a portare avanti. La riforma del Welfare: «Nonostante non tutte le misure abbiano carattere strutturale, rno gli et tetti sul oiiai ii io crescono negli anni gialli, alla maggio] severità nei requisii pei Je pensioni di anzianità» «nono stante la collezione alia spesa pensionistica sia pai i solo allo 0,15% del Pil (mentre nei piano di convergenza l'obiettivo indicato era pari allo 0,47% del Pil). la stabilizzazione della dinamica pensionistica è raggiunta, anche se a un livello più alto di spesa», e «il sistema non è più in pericolo di collasso finanziario». La riforma del bilancio, che grazie ai cash limits imposti dai Tesoro «rappresenta uno dei piti importanti cambiamenti strutturali recentemente intervenuti nelle finanze pubbliche italiane» E infine la riforma fiscale, «la più importante mai realizzata in Italia dall' inizio degli Anni 7U>', che nonostante i rischi di calo di gettito nella pi ima fase e un li vello ancora troppo elevato di imposizione di retta, «rappresenta un grande sforzo di razionalizzazione» e «darà luogo ad una vasiu redistribuzione del peso fiscale, assicurando una più ampia neutralità del sistema di tassazione e rispettando le scelte di allocazione delle risorse». Questa Italia, l'Italia dei numeri, ha già vinto, anche se avrà poi molto da fare pei rispettare il Patto di Stabilità. Lo sanno i mercati. Lo sa la Commissione di Bruxelles (che infatti nel rapporto non cita mai il problema del aenuo). E lo sa anche Kohl. L'unica che di qui a maggio può perdere la partita, a questo punti e ['«altra Italia», l'Italia della politica Mi, almeno stavolta si gioca a testa alta senza compiessi Nemmeno quello di «Tonio Kiogei '» Massimo Giannini Il premier tedesco è alla guida di un Paese debole e confuso II governo Prodi invece ha già vinto la «battaglia dei numeri»