LA QUESTIONE ITALIANA di Mario Deaglio
LA QUESTIONE ITALIANA LA QUESTIONE ITALIANA r e a n d j ti, puramente e semplicemente, ai livelli tedeschi, tanto valeva dar vita subito a un'intesa tra Germania, Austria e Paesi Bassi, dal momento che a ben vedere neppure la Francia e il Belgio hanno tutte le carte contabili in regola secondo i famosi parametri di Maastricht. E' questo che il capo del governo italiano, Romano Prodi, dovrebbe ricordare al capo del governo tedesco, Helmut Kohl, che oggi viene a trovarlo a Roma. Così come potrebbe rammentargli, se mai Kohl ne avesse bisogno, che i parametri di Maastricht hanno in ogni caso un valore indicativo, che la decisione finale non spetta ai tecnici e che non è corretto che ministri e banchieri centrali di altri Paesi rilascino a getto continuo dichiarazioni sulla salute dell'economia italiana, quasi a far dimenticare lo scarso successo nel migliorare la salute delle proprie economie. E' arduo accettare prediche dai tedeschi, per i quali sono freschissimi i dati che mostrano il livello di disoccupazione più grave dal dopoguerra, e sarebbe ineducato rammentar loro un lungo anno di sostanziale insuccesso nella riduzione del loro deficit pubblico. Per gli europeisti convinti e non c'è dubbio che Kohl e Prodi lo sono entrambi - è tempo di guardarsi francamente negli occhi e domandarsi se si vuole davvero realizzare la moneta unica. Se la risposta è positiva, in base alla convinzione degli effetti benefici di carattere generale che deriveranno da tale moneta, l'esclusione dell'Italia Paese che da solo rappresenta un sesto dell'economia europea - sarebbe tale da alterare profondamente la natura stessa della nuova moneta. Se la risposta è invece negativa, è bene cercare di realizzare con altri mezzi una maggiore unione politico-economica del continente (la cosa è infatti possibile anche senza la moneta unica) e occorre avere il coraggio di dirlo apertamente e serenamente, senza prendere come alibi la debolezza italiana. Vi è infatti la sensazione diffusa che la «questione italiana» rappresenti una pedina importante in un gioco politico che si svolge a ridosso delle elezioni olandesi e tedesche, il cui scopo è quello di ottenere, suscitando un caricaturale sentimento anti-italiano, il consenso decisivo di una parte importante dell'elettorato; che si tratti, insomma, di una questione interna olandese e tedesca in cui si agita, in negativo, lo spauracchio dell'«orco italiano», così come il governo italiano ha giocato, in positivo, l'immagine dell'Europa per avviare riforme indispensabili. Se così dovesse essere e se, in un'Europa percorsa da forti tensioni sociali, l'Italia divenisse una sorta di irrazionale e simbolico capro espiatorio, occorrerebbe imboccare con decisione un'altra strada: forte di uno spettacolare risanamento finanziario, che ha tutte le premesse per rivelarsi duraturo, di una nuova solidità e di un'intensa attività di rinnovamento economicoistituzionale, il Paese dovrebbe comportarsi in modo alquanto simile alla Gran Bretagna. Dichiarare, cioè, di voler, sì, aderire all'euro ma con i propri tempi e secondo il proprio prudente giudizio, riservandosi così una certa autonomia nelle politiche economiche e monetarie, pur continuando nel proprio impegno per l'unità del continente. Non è possibile, per un'Italia che ha ottenuto miglioramenti sostanziali, essere considerata come un'eterna Cenerentola, infingarda e sciupona. Questo, con grande pacatezza, il presidente del Consiglio dovrebbe ricordare ai suoi interlocutori europei. Mario Deaglio '8
Persone citate: Helmut Kohl, Italia Paese, Kohl, Prodi, Romano Prodi
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