I socialisti si spaccano sulla Cosa 2

I socialisti si spaccano sulla Cosa 2 E Veltroni ammette: «Non so se avrei accettato di entrare nel pei di Togliatti» I socialisti si spaccano sulla Cosa 2 Boselli: le concessioni di D'Alema non ci bastano ROMA. Massimo D'Alema ha mandato in soffitta il pei, ma la sua condanna del passato comunista sembra interessare più le altre anime della sinistra italiana che i compagni pidiessini. «La discussione storica non si ferma dice Fabio Mussi, capogruppo della Quercia a Montecitorio -. Ma è con l'azione politica che si riscrive la storia, perché nella politica contano gli atti concreti». E Walter Veltroni, a Milano per presentare l'ultimo libro di Pietro Folena, quasi ringrazia l'età che gli ha consentito di non dover fare i conti con Palmiro Togliatti: «Non so se sarei stato nel pei negli Anni Cinquanta ammette il vicepremier -. Non c'è oppressione della libertà che possa essere condotta in nome di nessuna buona ragione». Ma poi anche lui guarda al futuro: «Oggi la sinistra è moderna - dice - ha imparato molte cose dalle sconfitte e dagli errori e può essere molto più radicale che in passato. La sinistra del Duemila non può limitarsi a essere post-comunista, deve essere democratica, radicale, liberale». Il giorno dopo la condanna del comunismo, a essere sconvolti sono soprattutto gli irriducibili di Rifondazione, che non riescono a digerire il progetto della Cosa 2. «Riflettere sul passato va bene - si arrabbia Fausto Bertinotti - ma processare il comunismo italiano per giustificare il proprio presente è un'operazione intollerabile». E Armando Cossutta rincara la dose: «I comunisti italiani vanno fieri del loro passato - taglia corto il presidente del prc -. Il ripudio del comunismo è il prezzo che D'Alema deve pagare per entrare nel salotto buono dei moderati». Nonostante le aperture di D'Alema, il viaggio verso il nuovo partito della sinistra si annuncia ancora lungo e tortuoso. Sul tappeto i rapporti con le mille frange in cui si è spaccato il vecchio psi. D'Alema, nel suo intervento sull'Unità, ha riconosciuto alla sinistra democratica e socialista il merito di aver condannato «per prima e in modo più chiaro» i delitti del comuni smo reale. Eppure, ventiquattro ore dopo, soltanto una parte del mondo socialista è soddisfatta. Valdo Spini, leader dei laburisti, ap plaude, mentre Enrico Boselli, segretario del Si, scuote la testa chiedendo altre conferme. Le parole di D'Alema, recita un comunicato diffuso ieri da Spini, «costituiscono una riprova della validità del processo che ci sta portando agli Stati generali della sinistra democratica e alla costruzione di un nuovo soggetto unitario». Ma «il passo avanti» del segretario del pds, avverte Boselli, non può bastare. «Il dialogo deve continuare - spiega il leader del Si - non ci sono ancora le condizioni perché il Si possa partecipare alla Cosa 2. Non si tratta di fare concessioni ai socialisti, ma di dire la verità: che la storia del psi non si identifica con Tangentopoli o con la vicenda penale di Bettino Craxi. Può essere comodo pensarlo, ma non è così». A meno di un mese dal varo, anche il nome e il simbolo del nuovo partito sono oggetti di trattativa tra il pds e le forze minori che entreranno nell'orbita della Cosa 2. La riunione di ieri, annunciata come «risolutiva», si è conclusa senza certezze: sotto la Quercia c'è chi non vorrebbe rinunciare al nome nato dalla Bolognina, e non sono mancate scintille con il segretario. Spini insiste sulla necessità di inserire la parola «socialismo», magari «europeo», nella denominazione. Ma qui sono i cristiano sociali di Camiti e i repubblicani di Bogi a non volerne sapere. La soluzione definitiva potrebbe es¬ sere «Federazione della sinistra democratica» o «Nuova sinistra democratica»: il dibattito è ancora aperto e i contrasti non sono pochi. Sul simbolo, invece, sembrerebbe esserci un accordo di massima: la quercia pidiessina e la rosa socialista, coronata dalle 15 stelle che rappresentano l'Unione europea, si affiancheranno a testimoniare che nessuna delle due anime della nuova sinistra prevale sull'altra. Scontata, a questo punto, la definitiva archiviazione della falce e martello che oggi compare ancora nel simbolo pidiessino. L'annuncio definitivo, stando alle indiscrezioni, potrebbe arrivare venerdì. Tardi? «Non direi sorride Mussi -. In fondo la Chiesa ha dibattuto cinque secoli per decidere sul simbolo della trinità...», [g. tib.] Da sinistra: il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni, il leader del pds Massimo D'Alema e il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti

Luoghi citati: Milano, Roma