«Compagni, ecco i nostri errori»

«Compagni, ecco i nostri errori» V «Compagni, ecco i nostri errori» Sull'Unità l'autocritica di D'Alema I «CONTI» VCON IL PASSATO AVEVA cominciato sabato Marco Minniti, numero due della Quercia, a dire che anche i pidiessini avevano qualche scheletro nell'armadio della storia. Ieri Massimo D'Alema è andato oltre: «Il movimento comunista, nato da un progetto di liberazione umana, si è rapidamente trasformato, là dove ha conquistato il potere, in una forza oppressiva responsabile di un totalitarismo che si è macchiato di enormi delitti. Anche il pei è stato parte di questa storia», scrive il segretario del pds in un lungo articolo pubblicato sul paginone centrale dell'Unità. «E' innegabile - - continua il segretario - che il comunismo italiano abbia avuto sin dall'inizio, con Gramsci, una sua impronta originale. Ma non si può negare che negli anni bui dello stalinismo vi fu una reticenza e una corresponsabilità del pei di Toghatti...». E ancora: (A lungo abbiamo giustificato l'ambiguità del legame con i sovietici nella speranza che si potesse promuovere una riforma democratica del comunismo dal suo interno. La storia non è andata così, e la caduta del muro ha segnato la fine dell'illusione di un comunismo democratico...». Su un paio di questioni, però, D'Alema sembra tirar fuori le unghie: intanto non è vero che il pei ha sempre taciuto sul suo passato, sostiene. E poi la polemica sul passato del pei ha un sapore «sgradevolmente strumentale, come se attraverso questo dibattito si volesse privare di legittimazione la principale forza di governo... Ciò che per altri può essere motivo di una facile polemica - dice il segretario - è stato per noi ragione di sofferenze personali, di un lungo travaglio e di scelte difficili. Ma noi le abbiamo compiute, sapendo anche ricono scere alla sinistra democratica, socialista, azionista e laica o cattolica, il merito di aver visto prima di noi e detto in modo più chiaro che sotto le bandiere del comunismo non si edificava l'uomo nuovo, ma si affermava una forma terribile di oppressione. Anche per questo voghamo costruire insieme a loro un nuovo partito della sinistra...». La svolta di D'Alema non accontenta gli uomini del Polo. «Troppo facile dire adesso che avevano ragione i socialisti...», sorride Gianni Baget Bozzo, che da tempo sostiene l'impossibilità di definire i pidiessini «ex» comunisti. «Non basta scaricare tutte le colpe sui russi - dice il sacerdote ex craxiano, ora vicinissimo a Berlusconi - Non è vero che Toghatti ha avuto delle "reticenze" nei confronti di Stalin: Toghatti era più stalinista di Krusciov. Quelle di D'Alema sono belle parole, ma non bastano. Il pds deve ripeterle in mi docu¬ mento frutto di un congresso. Non con mi semplice articolo sull'Unità che non è neppure un editoriale. E poi D'Alema, quando accenna a mi dibattito "strumentale", parla come Toghatti: per loro l'anticomunismo non può esistere, se non per nascondere intrighi e manovre». Più che perplessi anche i «transfughi» dal vecchio pei, cui D'Alema dedica ima decùia di righe per definirli «apologeti dell'esistente». Saverio Vertane, oggi senatore di Forza Italia, ammette che nella sinistra stanno comparendo «qualità nuove». Ma poi avvisa: «Dare giudizi negativi sul proprio passato è facilissimo, ma e più importante l'analisi del momento politico attuale: il pds si porta dietro riflessi somatici di cinismo e doppiezza. I suoi duigent.i tendono alla propria morni- Ma al Polo non basta Ferrara: era meglio una svolta garantista Baget Bozzo: parla come Togliatti Vertone: piuttosto pensi al presente Critica la sinistra pds V. l §3 «idDneaida A sinistra il pnginone centrale dell'Unità di ieri, a destra D'Alema

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