Addio al vescovo Uhac nel giorno della porpora
Addio al vescovo Uhac nel giorno della porpora Morto a 74 anni il presule croato segretario della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli Addio al vescovo Uhac nel giorno della porpora LA morte arriva il giorno della porpora. C'era grande esultanza, ieri, a mezzogiorno, in piazza San Pietro: voli di palloncini, voli di colombe, migliaia di ragazzi dell'Azione Cattolica e degli Scout festosamente radunati a invocare la pace sulla Terra. Dalla finestra dell'Angelus, il Papa dava anch'egli annunci festosi, annunci di vescovi da lui chiamati alla porpora cardinalizia. Ma la festa si spegneva improvvisamente nella voce del Pontefice. L'ultimo dell'elenco dei nuovi porporati non poteva rispondere all'appello: Giuseppe Uhac, segretario della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, l'ex Propaganda Fide, era morto il mattino stesso. Un drappo nero coprirà ora il vescovo che doveva vestirsi di porpora. Un Requiem aeternam è sceso mestamente dalla voce del Papa per un uomo che era giunto al momento della sua esaltazione ecclesiastica. Uhac, 74 anni, nativo di Rijeka, in Croazia, aveva percorso il canimino della diplomazia vaticana, era stato nunzio apostolico in Germania, dove aveva dovuto affrontare anche qualche difficile situazione del cattolicesimo tedesco in fermento, poi era stato chiamato a coprire la carica di segretario di Propaganda Fide, la congregazione vaticana che si occupa delle missioni. Magro, silenzioso, gentile, viveva ultimamente un po' appartato, in salute malferma, forse il cuore. Era stato informato della sua nomina a cardinale tre giorni prima che il Papa ne facesse il nome dalla finestra del suo appartamento. Anche nella chiesa le lacrime si mescolano talvolta ai trionfi. Era capitato nel 1988 per uno dei maggiori uomini di cultura del mondo cattolico: Hans Urs von Balthasar, il grande teologo svizzero, nominato cardinale da Giovarmi Paolo II, ma che morì po¬ chi giorni prima del Concistoro del 28 giugno in cui avrebbe dovute ricevere la porpora. I cardinali, «Principi della Chiesa», hanno sempre richiamato, e forse richiamano ancora, aspetti di magnificenza ecclesiastica. Oggi, questa immagme mondana viene rotta non solo dalla morte, ma anche da precise intenzioni di Giovanni Paolo II. A guardare, infatti, in tutte le nomine cardinalizie fatte da Wojtyla negli anni passati, c'è sempre stato qualcuno che ha sperimentato la sofferenza. Sono i cardinali della Chiesa del dolore. Anche questa volta c'è il nome di un anziano vescovo polacco di 87 anni, Adam Kozowiecki, missionario in Africa, nello Zambia, che ha passato cinque anni nel lager nazista di Dachau. Altre vol¬ te Wojtyla ha fatto entrare nel Sacro Collegio uomini che sono stati testimoni della Chiesa del Silenzio sotto i regimi dell'ateismo: il prete albanese Mikel Koliqi, ultranovantenne, 25 anni ùi carcere; il ceko Miloslav Vlk, vescovo di Praga, per 10 anni costretto a fare il lavavetri; il bielorusso Kazimierz Swiatek, per 10 anni incarcerato dal Kgb. Forse entrano in questa categoria del dolore i due vescovi mclusi ieri tra i cardinali da Giovaimi Paolo II ma il cui nome rimane segreto, riservato «in pectore», come ha annunciato il Papa. Cid potrebbero essere? Forse un vescovo nascosto della Chiesa cinese fedele al Papa. Qualcuno pronuncia mi nome: l'arcivescovo Tadeusz Koncìrusiewicz, che da Mosca assiste i cattolici della Russia europea. Visto come vanno le cose tra le Chiese oggi, creare un cardinale a Mosca potrebbe essere considerato una grave offesa per il Patriarca ortodosso. Domenico Del Rio
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