L'orda dei senzalavoro di Enrico Benedetto
L'orda dei senzalavoro Battaglia a colpi di manganelli e bottiglie. Fallisce il tentativo di sgomberare l'Ecole Normale occupata L'orda dei senzalavoro In 15 mila a Parigi contro ipoliziotti PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nel giorno del raddoppio -15 mila senzalavoro in piazza a Parigi contro i 7500 di martedì scorso, e cortei un po' ovunque nel Paese - è ancora la violenza che tiene banco. Dopo un'occupazione simbolica, i disoccupati abbandonano Sciences Politiques, ma l'Ecole Normale Supérieure conosce nuovi, duri scontri. Manganelli contro bottiglie. Flic e celerini - i «crs» sono in assetto da guerriglia urbana. Vorrebbero isolare la prestigiosa scuola, che da mercoledì controllano gli chómeurs (un centinaio), introdottisi con un blitz. Ma una frangia di manifestanti, 300 anarchici, spezza l'assedio, raggiungendo i compagni all'interno. Come artiglieria usano proiettili in vetro. Non sono molotov, tranne qualcuna, ma brandire un collo di bottiglia o spranghe lanciandosi all'assalto è, se possibile, ancor più pericoloso. Colta di sorpresa, la forza pubblica finisce per allentare la morsa. E gli assalitori s'infilano nel varco. Da ingovernabile che era, la situazione all'Ens diviene quasi drammatica. Alcuni professori deplorano i cordoni polizieschi. E l'autorevole sociologo Pierre Bordieu arringa con un megafono, legittimandoli, gli occupanti: «La vostra è una première nella storia». Come stupirsi allora che fallisca la mediazione governativa? Il ministro dell'Education Nationale spedisce in loco il suo braccio destro. Parlamenterà a lungo, ma senza convincere i senzalavoro. La Grande Scuola per eccellenza, che sforna l'elite amministrativa garantendole impiego sicuro, è ormai una cittadella sott'assedio, alla mercè dell'emarginazione sociale. Difficile non scorgervi un simbolo emblematico. Il governo annaspa. Ostile alla ribellione sulle prime, indi comprensivo (ma invano, malgrado promesse assistenziali), ieri misurava appieno il suo isolamento. E risponde - non era mai successo con il silenzio. Scopre sui giornali che 70 francesi su 100 dichiarano simpatia per la causa (se non i metodi) degli chómeurs. Jospin incassa il suo primo, vero schiaffo. Nessun membro del governo tranne il sottosegretario all'Industria Pierrot, per minimizzare - si esprime sulla crisi. Dicono che il premier interverrà sul piccolo schermo in settimana. La Francia l'attende al varco. Dopo la gaffe sul caso Dreyfus, valsagli un clamoroso incidente parlamentare (la minoranza che abbandona l'aula), il tardivo «rammarico» «non volevo offendere la Destra attuale con accuse di antisemitismo» - e un tutto a picco nelle rilevazioni demoscopiche, il primo ministro si direbbe in panne. Saggiando gli interlocutori ha fatto balenare, venerdì, un sostanzioso ritocco sui «minimi sociali». Ma solo dal '99, Maastricht obhge. Le reazioni sono feroci. «L'Europa può attendere, noi no» martellano i manifestanti, promettendogli - a Bordeaux - «un sanpietrino sul muso». Era prevedibile, si dirà. Ma che gli alleati di governo 10 scaricassero, Lionel Jospin proprio non se l'aspettava. Proclama 11 segretario pcf Robert Hue: «Solidarizzo con i senzalavoro. Questa vertenza è una chance per stimolare la Gauche». Retorica? Le delegazioni comuniste ingrossano i ranghi dei marciatori. E la centrale filo-pcf - la Cgt - cavalca il malessere. I Verdi pure. «Millecinquecento franchi per mangiare» scandiva la manifestazione parigina, ove sono comparsi numerosi carrelli da supermarket. Vuoti, beninteso, per dimostrare che lo stomaco non conosce disoccupazione. Elargire l'assegno mensile che i protestatari invocano equivarrebbe a un harakiri francese per l'ingresso neh'euro. Hue può fingere di ignorarlo. Jospin no. Ma che cosa rispondere a quanti l'accusano - come Philippe Séguin, il suo principale avversario - di essere un generale Brancaleone, con «maggioranza schizofrenica, anzi contronatura» e «programmi virtuali»? Dalla bonaccia '97, la Sinistra si ritrova in pieno maelstrom. Che l'asse Verdi-pcf ignori gli ordini del capitano preferendo armeggiare sulle scialuppe, pone fine al «modello Jospin». La «maggioranza arcobaleno» è sfarinata. Ricucirla esigerà sforzi notevoli. E tuttavia il premier coltiva una speranza neppure troppo inconfessabile. Mettere i suoi grandi nemici - Confindustria e senzalavoro - l'uno contro l'altro. Forse che i dùnostranti non sfilavano con una bara (quella dell'orario, che l'imprenditoria transalpina difende con estrema determinazione) al grido «Vogliamo le 35 ore»? Uno Jospin mai sì debole si lascerà forse tentare dalla prova di forza. Enrico Benedetto La rabbia degli esclusi contro il santuario dei «garantiti» Jospin a picco nei sondaggi. Ma i dimostranti invocano le 35 ore Qui sopra il primo ministro francese Lionel Jospin e nella foto grande disoccupati manifestano a Parigi per chiedere l'aumento dei sussidi [FOTO REUTER]
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