Patto premier-D'Alema: più poteri al Colle

Patto premier-D'Alema: più poteri al Colle L'incontro dopo le divisioni nel centrosinistra, ma ppi e Rifondazione sono contrari Patto premier-D'Alema: più poteri al Colle Riforme, un vertice sulle funzioni del Capo dello Stato ROMA. Lo ha ripetuto anche ieri, Romano Prodi. Ha. detto che non pensa a un suo eventuale futuro da presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo. Lo ha dichiarato pubblicamente, e anche agli amici, quando glielo chiedono, il leader dell'Ulivo risponde: «Il Quirinale non-mi interessa in questo momento». Ed è quell'aggiunta, quel definire temporalmente l'arco del proprio interesse, che lascia gli interlocutori del capo del governo con un dubbio sulle sue reali intenzioni. Quali possano essere lui non lo dice esplicitamente, ma c'è un fatto inedito che potrebbe aiutare a comprenderle. Prima delle feste natalizie il segretario del pds D'Alema e il premier si sono incontrati. Il loro colloquio - sul contenuto del quale vige il riserbo - è stato dedicato alle future tappe della politica. E, come ovvio, si è finiti a parlare delle riforme. Prodi ha spiegato a D'Alema che a suo giudizio il ruolo del capo dello Stato, nella bozza elaborata dalla Bicamerale, risultava un po' vago. Meglio allora, definirlo, attribuirgli poteri di governo. E' questo il segnale che sta a dimostrare che il leader dell'Ulivo non esclude il Quirinale dal suo futuro. La figura del presidente della Repubblica che emerge dal testo della Bicamerale non gli si confà (come ha confidato lo stesso Prodi ad alcuni collaboratori quello è un ruolo non adatto a un uomo di governo e più consono a un politico a tutto tondo). Ma un presidente più forte, così come lo ha immaginato qualche giorno fa - e non è un caso - Veltroni, sarebbe una cosa ben diversa. Il leader della Quercia, in via di principio, non è contrario a una simile ipotesi e sa che il Polo ne sarebbe felice, ma si rende anche conto che il ppi e Rifondazione, alleati di governo, non sono di questo parere. Franco Marini lo ha ribadito qualche giorno fa ai colleghi di partito: «Se si cambia il testo del¬ l'accordo, sappiate che allora per noi è meglio andare alle elezioni anticipate». Ma c'è chi pensa che alla fine il segretario del partito popolare possa addivenire a un compromesso, a patto che la legge elettorale, che seguirà alla riforma delle istituzioni, non penalizzi la sua forza politica. Rifondazione comunista, però, e questo è un dato certo, contrasterà una simile proposta. Armando Cossutta è particolarmente sensibile all'argomento: durante i lavori della Bicamerale meditava addirittura di aprire la crisi di governo per evitare quella che lui definiva «la deriva plebiscitaria del presidenzialismo». Questo tentativo di modificare il testo originario della Bicamerale potrebbe condurre in un vicolo cieco, potrebbe addirittura far fallire le riforme? Sebbene in politica nulla si possa dare per scontato, tornare indietro dalla strada intrapresa, appare difficile a tutti. Al Quirinale, dove si segue con attenzione e favore il processo costituente, si ritiene che già a marzo, quando si sarà nel vivo del lavoro parlamentare, si capirà se le riforme andranno in porto o se saranno vanificate. L'atteggiamento di Prodi, comunque, spiega anche le uscite che hanno fatto nei giorni scorsi alcuni esponenti di spicco del «partito dei sindaci», sostenuti dal vice presidente del Consiglio Veltroni: Francesco Rutelli, che ha proposto l'elezione diretta del premier, e che alla fine si è detto convinto che comunque il presidenzialismo sarebbe meglio dell'attuale bozza di riforma, e Antonio Bassolino che ha suggerito di rafforzare i poteri di governo del Capo dello Stato eletto direttamente dal popolo. Non per niente ieri Romano Prodi ha pubblicamente lodato i sindaci sottolineando che saranno loro «la nuova classe dirigente dell'Ulivo». Tutto torna, dunque, e anche D'Alema trarrebbe un motivo di soddisfazione se si imboccasse la strada di «riformare» la riforma partorita dalla Bicamerale. In questo caso, quel patto tra lui e Prodi che consentirebbe all'uno di scendere in Uzza per il Quirinale e all'altro di candidarsi a Palazzo Chigi, potrà essere sancito. Maria Teresa Meli Il segretario del pds e presidente della Bicamerale Massimo D'Alema

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