«Ma è già pronto l'erede» di Maurizio Molinari

«Ma è già pronto l'erede» «Ma è già pronto l'erede» // leader sarà il sindaco di Istanbul LO STORICO DEL REFAH KEMAL Karpat vive e insegna fra Ankara e Madison, nel Wisconsin ed è fra i più noti analisti di affari turchi. Karpat ha passato gli ultimi mesi a Istanbul per un'indagine sul Refah. Professore, il Refah si aspettava la decisione della Corte? «Il Refah si stava preparando da tempo al dopo-Erbakan». Vuole dire che il partito islamico soprawiverà? «Il Refah è stato messo fuori legge come era già avvenuto per i due partiti islamici suoi precedessori. Anche ora vi saranno degli eredi politici, perché esiste nel Paese, soprattutto nei settori meno abbienti della borghesia, un ampio sostegno alla rivalutazione della religione. Per un Islam inteso non come applicazione fondamentalista della sharia (la legge coranica, ndr) ma come rispetto della libertà religiosa». Chi erediterà la battaglia politica del Refah? «La sentenza della Corte Costituzionale non solo mette fuori legge il Refah ma è destinata anche a bandire dalla vita pubblica del Paese per i prossimi cinque anni tanto Necmettin Erbakan che i suoi più stretti collaboratori, come l'ex ministro della Giustizia Seffket Kacan. A prendere il loro posto sarà la seconda linea di leader del Refah, personaggi finora rimasti in ombra ma politicamente abili. Come i sindaci a co- minciare da quello di Istanbul, Taiyp Rejeb Erdogan, o come l'attuale portavoce del Refah, Abdalla Gul. Fra costoro c'è già un accordo per dar vita al nuovo partito, posso assicurarvi che hanno anche scelto il nome». Non teme che con il Refah fuorilegge l'Islam turco possa andare verso una deriva fondamentalista? «No, per due ragioni. Primo: gli islamici in Turchia sono da sempre divisi in una galassia di 10-15 gruppuscoli, differiscono su tutto ma sono uniti nel non voler sovvertire le istituzioni nazionali. Secondo: la Turchia non è l'Egitto né l'Algeria né l'Iran. Qui la democrazia esiste da decadi, è radicata, soprattutto fra i giovani». Ma allora perché i giudici hanno condannato il Refah? «La sentenza è una condanna per quei politici del Refah che, sulla scia del successo elettorale e dell'arrivo al governo, hanno iniziato a mischiare politica e religione. Decidendo, ad esempio, di trasformare in mi evento propagandistico la partenza per la Mecca di un numero di pellegrini assai più numeroso che in passato. Si è trattato di im errore da parte di Erbakan, perché chi ha votato per il Refah non lo ha fatto con l'intenzione di favorire il fondamentalismo ma di rilegittimare l'Islam inteso come diritto alla religiosità, nel pieno rispetto dei principi di Kemal Atatùrk. La rivendicazione del diritto all'Islam - im diritto civile - è molto diffusa nel Paese, dove esistono fenomeni di massa come il seguito - si parla di otto milioni di persone per uomini di fede e cultura, ma non integralisti, come Setullah Gulan. E' da questo terreno che potrà partire il tentativo di riscatto degli eredi del Refah». L'uscita di scena di Erbakan è destinata a cambiare l'equilibrio di poteri fra il governo e i militari? «I militari turchi non sono come quelli dell'America Latina, non passano le giornate a pensare di fare i colpi di Stato: sentono come missione la tutela della Turchia kemalista. Ma questo è il punto: kemalista non è quel gruppo di potere culturale e politico che oggi dipinge come fondamentalisti tutti gli elettori del Refah. E' una lobby che mira solo a difendere i propri privilegi grazie ad una falsa crociata, il cui ultimo obiettivo è negare la libertà religiosa hi Turchia». Maurizio Molinari Sequestrati i beni Sei dirigenti esclusi per 5 anni dalla politica Anche l'ex alleata Tansu Ciller rischia un processo I Nella foto grande in alto una sfilata di militari turchi che da sempre sono i fedeli custodi dell'eredità laica dello Stato kemalista

Persone citate: Abdalla Gul, Erbakan, Erdogan, Karpat, Kemal Atatùrk, Necmettin Erbakan, Seffket Kacan, Tansu Ciller