Il Csm «ammonisce» Salomone

Il Csm «ammonisce» Salomone L'accusa: non doveva partecipare alle indagini sull'ex pm Antonio Di Pietro Il Csm «ammonisce» Salomone E Bonfigli chiede il trasferimento da Brescia ROMA. Colpevole di aver violato «il dovere di correttezza» e «pregiudicato il prestigio dell'ordine giudiziario». Con queste motivazioni, dopo due ore di camera di consiglio, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha «ammonito» il pm di Brescia Fabio Salamone per non essersi astenuto dalle inchieste su Antonio Di Pietro. E mentre Salamone viene «sanzionato», dalla stessa procura di Brescia un altro pm, Silvio Bonfigli, conferma che potrebbe andarsene: il magistrato, che è uno dei titolari delle inchieste su Di Pietro, ha infatti presentato al Csm domanda di trasferimento. La rivelazione è avvenuta proprio a margine del processo «disciplinare» nei confronti del collega Salamone, durante il quale è stato ascoltato come testimone. «Lascerà le inchieste sull'ex pm di Mani pulite?», gli è stato chiesto. «Semmai dovessi farcela - ha risposto -. Passa così tanto tempo prima che il trasferimento diventi effettivo...». Non è ancora certa la sua destinazione. Sono tre le sedi indicate: giudice al tri- bunale di Brescia o a quello di Bologna, e sostituto alla procura presso il tribunale di Roma. Salamone dunque è stato «ammonito» per non essersi astenuto dalle indagini su Di Pietro, ma «assolto» per gli altri due capi di incolpazione, entrambi riferiti a dichiarazioni che il magistrato aveva rilasciato alla stampa: dopo le sentenze di non luogo a procedere nei confronti di Di Pietro pronunciate dal gip Spanò e dopo la decisione del pg Torregrossa di sostituirlo durante il processo. Il «tribunale» di palazzo dei Marescialli lo ha invece assolto dalle accuse di esser «venuto meno ai doveri di riserbo e correttezza» per le dichiarazioni rilasciate alla stampa. L'accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale della Cassazione Mario Persiani, aveva chiesto che il magistrato venisse prosciolto per le frasi pronunciate dopo la sostituzione nel processo, ma aveva sollecitato rammollimento sia per la mancata astensione che per le dichiarazioni riferite al gip Spanò. In particolare, l'accusa ha sottolineato la necessità che Salamone si astenesse vista la «situazione oggettiva di palese incompatibilità». Di Pietro infatti, ha spiegato, aveva svolto «rilevante attività di indagine a carico di suo fratello Filippo»: una circostanza, secondo l'accusa, che rendeva «necessaria» l'esclusione di Salamone dal processo per «eliminare ogni sospetto di connotazione personalistica della pubblica accusa» e «garantire l'oggettiva serenità e imparzialità». E invece l'atteggiamento del pm bresciano, ha osservato Persiani, è stato «riluttante e reticente»: «il suo rifiuto ad astenersi, come più volte gli era stato sollecitato dal procuratore Tarquini, è stato incauto e imprudente». Salamone ha negato ogni addebito: «Di Pietro non ha svolto il minimo ruolo nelle vicende di mio fratello. Non intravedevo motivi per astenermi. Tanto più - ha spiegato - che Di Pietro in quel procedimento era parte offesa. Mi sembrò doveroso non abbandonare il mio ruolo istituzionale», [r. i.] A sinistra Fabio Salamone Qui accanto Silvio Bonfigli

Luoghi citati: Bologna, Brescia, Roma