Scorte, il galateo entra al cinema
Scorte, il galateo entra al cinema Palermo, sott'accusa alcuni magistrati «blindati» che saltano le code nelle sale Scorte, il galateo entra al cinema Lettera di Caselli ai colleghi dopo le proteste neanche stavolta ha rinunciato ai toni civili, educati che gli appartengono. Così, con tutto il garbo possibile, consapevole oltretutto di toccare un tasto che scotta, ha chiesto ai suoi collaboratori attenzione sulla vicenda specificando di aver ricevuto segnalazioni esplicite. Nel dirsi certo che la questione non riguarda alcun magistrato del suo ufficio, e pertanto assolvendo a priori i destinatari della circolare. Caselli ha precisato che vai la pena una riflessione «ad ogni buon fine, per contemplare anche l'impossibile, sperando che vogliate scusarmi». Insomma Caselli ha usato molto tatto e diplomazia: «Sono sicuro che tutto ciò non ci riguarda - ha concluso - prendete questa mia dunque come nota... di costumi altrui». A Palazzo di giustizia è cominciato il toto-magistrato alla ricerca del superscortato in toga che s'infila nelle sale cinematografiche noncurante dei «comu¬ ni mortali» costretti invece a fare la fila. Con un pizzico di polemica, che lui ovviamente non intendeva attizzare, Caselli è stato esortato da alcuni colleghi a rivolgersi in futuro per situazioni analoghe esclusivamente a chi «ha i benefici della scorta». E a questo punto è riaffiorato il disagio dei magistrati che, non essendo fra quelli che sfrecciano nel traffico su auto blindate o super scortate, in quanto non ritenuti in pericolo, spesso, e talvolta con toni polemici, sottolineano i privilegi di alcuni colleghi scortati facendo presente il fatto che si avvalgono della loro condizione speciale sì per sicurezza personale, ma pure come di una sorta di status symbol. Un'insinuazione sempre sdegnosamente respmta dagli interessati che, in verità, non sono affatto da invidiare per la vita blindata e per le innumerevoli limitazioni a cui sono obbligati, ma che pure in qualche occasione potrebbero apparire meno «rumorosi». I magistrati scortati aggiungono che non hanno colpa se non possono condurre esistenze da «comuni mortali», considerati i rischi che corrono per le minacce della mafia. Tra i precedenti che fanno riflettere vi sono le stragi con vittime magistrati e scorte (Chinnici, Falcone-Morvillo, Borsellino e gli 11 poliziotti e carabinieri loro «angeli custodi») ma pure i due studenti uccisi dall'auto blindata di Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta nel novembre del 1985 a Palermo in via Libertà davanti al liceo Meli e, ancora nel novembre di due anni fa, a Trapani, la mamma e il suo bambino uccisi a un incrocio dall'auto, pure questa blindata, che trasportava il procuratore della Repubblica di Sciacca Bernardo Petralia. Antonio Ravidà
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