SE LA MAFIA E' PIÙ' FORTE DELLA POLITICA di Francesco La Licata
SE LA MAFIA E' PIÙ' FORTE DELLA POLITICA SE LA MAFIA SE LA MAFIA E' PIÙ' FORTE DELLA POLITICA LROMA A vicenda di Antonio Di Pietro, «oscuro oggetto di desiderio'» della mafia, accende più di qualche interesse che non si ferma alla giusta apprensione per il timore di un attentato contro il neosenatore della Repubblica. Dalle pieghe dell'intreccio investigativo che ingloba realtà apparentemente lontane - da un lato la corruzione e le inchieste dei giudici di Milano, dall'altro le stragi e le indagini su Cosa nostra - viene messa a fuoco una realtà oscura e preoccupante che riguarda i meccanismi regolatori posti a sovrintendere il rapporto tra mafia, affari, politica e uomini politici. In una parola, il quadro che ci viene offerto sugli Anni Ottanta e Novanta lascia più che sgomenti e pone le basi per qualche riflessione. Non è una novità, nel gioco politico che si è svolto specialmente nel Meridione d'Italia, la presenza inquinante - a volte devastatrice - di Cosa Nostra. E' ormai cosa certa che nel corso degli ultimi cinquantanni (lo sbarco degli alleati, il separatismo, la morte di Giuliano e Pisciotta, i tentativi di golpe, Sindona, Calvi, la P2) si siano verificati imbarazzanti episodi di commistione politico-criminale. La storia, seppure tra reticenze e segreti di Stato, è stata scritta. Anche da alcune sentenze. E la storia racconta di una «insana alleanza» con le caratteristiche di «occasionale convergenza» di interessi, a volte resa possibile dall'adesione palese di qualche uomo della politica o delle istituzioni. Diceva Giovanni Falcone che «non esiste un partito della mafia, esitono uomini politici amici di Cosa nostra o addirittura affiliati». In questo senso, specialmente i siciliani lo hanno sperimentato, abbiamo assistito ad un rapporto quasi «pubblico» Francesco La Licata CONTINUA A PAG. 8 PRIMA COLONNA 1
Persone citate: Antonio Di Pietro, Giovanni Falcone, Pisciotta, Sindona
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