Dopo Yen plein con Pi Bella, Tg5 batte Tgl di Simonetta Robiony

Dopo Yen plein con Pi Bella, Tg5 batte Tgl Critiche da Polo e Ulivo. Siciliano: siamo come la Juve, quando perde fa notizia, poi vince lo scudetto Dopo Yen plein con Pi Bella, Tg5 batte Tgl E il sorpasso scatena la polemica, bufera sulla Rai ROMA. Il Tg5 di Enrico Mentana, fresco di compleanno, ha battuto ai punti l'altra sera, mercoledì, il Tgl di Marcello Sorgi: 7 milioni 889 mila spettatori contro 7 milioni 459 mila che in percentuale significa 31,04% di share contro 29,23. Non sarebbe una tragedia. Capita. E' capitato anche in passato. Perfino in anni lontani, quando il Tg5 era ancora giovanetto e il Tgl era già la corazzata che è. La cosa però ha suscitato un gran clamore perché, per uno scherzo del destino, accade esattamente la sera dopo che la rappacificazione tra la Bindi e Di Bella celebrata su Canale 5 ha fatto il pieno d'ascolti, mettendo in grave imbarazzo la Rai. Com'è potuto succedere? Cosa ha trascinato in alto il Tg5 e in basso il Tgl? E' mai possibile che l'attesa per «Striscia» di Ricci, che continua a macinare 9 milioni e oltre a puntata, si riverberi anche sul Tg5 che la precede? O che «Colorado» non sia più in grado di garantire al Tgl quella supremazia conquistata in quarant'anni di continuità? E, comunque, cosa c'era di tanto speciale alla tv, nella serata di mercoledì? Incredibile a dirsi ma l'unico cambiamento nel palinsesto l'ha fatto Raidue, mandando prima del Tg2 delle 20,30, la replica della puntata numero 1 di «Provincia segreta», e dopo il Tg2, la puntata numero 2, sempre di «Provincia segreta». E siccome questo è l'anno della fiction e «Provincia segreta» è risultato il programma più visto dell'intera serata, ecco che un pezzo di pubblico, rimasto attaccato alla seconda rete Rai, ha determinato l'insolita flessione del Tgl, confermata del resto, guarda caso, dall'aumento del Tg2 che, d'un balzo, s'è ritrovato 1 milione e 700 mila spettatori in più. Si dirà: misteri del palinsesto, questioni di Auditel, battaglie di ascolti. E invece no. Non è solo questo. Perché se è vero che conta poco o niente che per una sera il Tg5 di Mentana batta il Tgl di Sorgi, conta notare come quest'avvici¬ namento sia una lenta marcia in atto da mesi. Tant'è che, mettendo a confronto i dati del dicembre '96 con quelli del dicembre '97, vien fuori in maniera inequivocabile che mentre allora tra i due tg c'era una differenza in punti share del 12,26, un anno dopo ce n'è una di 4,61. Quindi, basta uno sceneggiato come «Provincia se- greta», che non è «Il maresciallo Rocca» e non è neanche «Fatima», a capovolgere gli equilibri e a far entrare in fibrillazione il mondo del giornalismo televisivo, pubblico e privato. E parte il tam-tam delle reazioni a catena. Enrico Mentana si dichiara orgoglioso, ma non infierisce sull'avversario perché finché non è consolidata, non vai la pena di cantar vittoria. Marcello Sorgi, per il momento, ha scelto il silenzio. Parlerà sul prossimo numero di «Prima comunicazione». Si sa, però, che nella giornata di ieri è stato a pranzo con il Presidente della Rai Enzo Siciliano al famoso settimo piano di viale Mazzini e che tra loro l'atmosfera era cor- diale. Tanto cordiale che Siciliano, commentando le recenti sconfitte Rai, s'è permesso perfino una battuta: «Siamo come la Juventus che quando perde fa notizia, ma poi siamo i primi tutto l'anno e vinciamo lo scudetto». Assai più duri i commenti dei politici che sul sei-vizio pubblico, soprattutto se sono all'opposizione, vanno giù ni maniera pesante. Tre senatori di An, De Corato, Pontone e Ragno, chiedono le dimissioni di Sorgi e di Siciliano. Il coordinamento per l'informazione del Polo, attraverso Landolfi, Follini e Romani, giudica la Rai «non credibile» e accusa la maggioranza di aver appiattito le redazioni «con nomine di marchio ulivista che hanno reso il prodotto più asfittico e conformistico». Ma anche l'Ulivo stavolta non scende a spada tratta in difesa della Rai cosi com'è. Vincenzo Vita, sottosegretario alle Poste e per anni esperto del pds sulla questione Rai, parla di una crisi della dirigenza, dovuta al fatto clie «il modello storico del servizio pubblico sta arrivando al capolmea» e che la riforma è diventata urgente. Della stessa opinione la Melandri che aggiunge: «Il titolo di servizio pubblico va guadagnato». Addirittura perentorio Mauro Paissan dei Verdi; «Per la Rai è quasi Caporetto. Si scuota l'elefante, si cambino i direttori, si rilanci il servizio pubblico». E poi aggiunge' «In attesa della nuova leggo, che arriverà fra otto-dieci mesi, non si può stare fermi, bisogna commissariare l'azienda e cambiare il consiglio di amministrazione». Non ò un grido di dolore, ma manca poco. Simonetta Robiony Vìta: il servizio pubblico al capolinea Paissan: viale Mazzini va commissariata ORE 20,00 20,01 20,02

Luoghi citati: Caporetto, Colorado, Mentana, Roma