« Stia lontano dalla Sicilia Qui gli facciamo la festa» di Chiara Beria Di Argentine
« Stia lontano dalla Sicilia Qui gli facciamo la festa» « Stia lontano dalla Sicilia Qui gli facciamo la festa» Allora Madonia aggiunse un paragone di non poco conto: l'attentato di Pizzolungo, 2 aprile 1985, a Carlo Palermo, 2 giudice che indagava sul traffico di anni e droga (morirono una donna e i suoi due bambini) attribuito a Cosa Nostra ma che, seconde il boss, avrebbe avuto ben altri mandanti. Ecco il testo integrale di quel rapporto. Scrive il dirigente della Mobile: «Mercoledì 9 settembre, durante la traduzione in un penitenziario di massima sicurezza (braccio G7 di Rebibbia, n.d.r.) del pregiudicato Madonia Giuseppe, esponente di spicco di Cosa Nostra, qui arrestato, domenica 6 settembre, ho avuto occasione, quale capo-scorta, di scambiare alcune parole con il detenuto. Questi mi ha riferito di tenere in massima considerazione il Suo operato nelle inchieste sulle tangenti, nonché di nutrire la massima stima per la Sua persona. Successivamente mi diceva con tono di estrema serietà: "Dica a Di Pietro di non metter mai piede in Sicilia, perché lì gli fanno la festa". Gli rispondevo che un attentato avrebbero potuto prepararlo adeguatamente anche in Lombardia. Il Madonia a questo punto rispondeva che se ciò avvenisse a Milano "si scoprirebbero gli altarini", mentre in Sicilia si darebbe la colpa di fatto alla mafia. Aggiungeva inoltre che così era avvenuto per l'attentato a mezzo auto-bomba al giudice Carlo Palermo, in quanto i reali mandanti sarebbero stati uomini politici disturbati dalle indagini del magistrato e non la mafia. Evidentemente, il Madonia ritiene che gli unici ad essere interessati alla Sua soppressione fisica sarebbero gli uomini politici da Lei inquisiti. Essendo il Madonia», prosegue nel suo rapporto l'ufficiale di polizia, «un personaggio che si attaglia perfettamente al ruolo che riveste all'interno di Cosa Nostra, ho cercato, nel discorso, di cogliere anche le minime sfumature del suo volto e della sua voce. Le espressioni di stima nei Suoi confronti mi sono apparse estremamente sincere. Molto particolare è invece stato il momento in cui ha accennato ad un Suo eventuale soggiorno in Sicilia, con i rischi conseguenti. Ha infatti cambiato espressione ed ha marcato le parole, scandendole lentamente. Con ogni probabilità voleva farmi intendere che le cose che diceva non erano da lui presupposte, ma erano conosciute, e che tramite la mia persona stava trasmettendo un messaggio a Lei». Interrogato da un funzionario della Criminalpol, in quel primo autunno di Mani Pulite, Piddu Madonia non volle aggiungere altro. Ai primi di novembre del '92, a Milano con la scoperta dell'autoparco controllato da clan catanesi, filtrò la notizia di un possibile attentato a Di Pietro. Pochi giorni dopo, il 12 novembre, Di Pietro volò a Roma per interrogare nel carcere di Rebibbia, alla presenza del capitano dei Ros, Giuseppe De Donno, fedelissimo di Falcone, il geometra Giuseppe Li Pera, il pentito dell'inchiesta su mafia e appalti. Le strade tra Tangentopoli e la Sicilia si erano incrociate già allora, di tutto questo forse ha parlato ieri Di Pietro con Caselli prima ancora di essere ascoltato come testimone a Caltanissetta. Chiara Beria di Argentine
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