I PIANI DI MADONNA

I PIANI DI MADONNA I PIANI DI MADONNA MILANO ICA a Di Pietro di non mettere mai piede in Sicilia, perché lì gli fanno la festa». Venerdì 11 settembre 1992. Sono giorni di grande tensione per ilpm Antonio Di Pietro, in quel primo autunno di Mani Pulite. Agli attacchi del vertice socialista - il famoso poker d'assi - si aggiunge un segnale ben più inquietante, l'oscuro avvertimento del boss Giuseppe «Piddu» Madonia, numero due della cupola di Cosa Nostra. Dopo il primo allarme mafia di luglio, il rapporto dei Ros di Milano su possibili attentati a Paolo Borselhno e Di Pietro (secondo un confidente dei carabinieri anche il pm di Milano è nel mirino perché «blocca le attività delle cosche al Nord») su cui ora indaga la Procura di Caltanissetta, Di Pietro gira con l'auto blindata e la scorta. Da settimane è teso, non conferma né smentisce i contatti con Borsellino, in particolare una telefonata tre giorni prima della strage di via D'Amelio, ma ai pochi con cui ne parla confida di non riuscire ancora a capire perché mai le sue indagini sulle tangenti a Milano possano dare fastidio a Cosa Nostra. In questo clima arriva la nuova segnalazione, un rapporto di 33 righe firmato da un poliziotto (il nome non si è mai saputo) dirigente della Squadra Mobile di Vicenza, tanto allarmato da ciò che gli ha detto Madonia da preoccuparsi non solo di avvertire i suoi superiori a Roma ma lo stesso Di Pietro. Ex impiegato dei costruttori Graci di Catania, il boss di Gela, si era lanciato per anni nell'affare dei subappalti fondando con il costruttore, Salvatore Polara, la società Poma e la Grandi Scali, una scatola vuota che serviva ad agganciare note imprese del Nord; poi, Piddu Madonia era sparito dall'83 dalla Sicilia, per sfuggire al primo maxiblitz ordinato da Giovanni Falcone. Una carriera tutta ai vertici di Cosa Nostra al fianco di Salvatore Riina fino all'arresto, domenica 6 settembre 1992, a Costezza di Longare, un paese del Vicentino. Tre giorni dopo Madonia viene tradotto a Roma e durante il viaggio parla con il funzionario che guida la scorta di Antonio Di Pietro. Parole che ora, a distanza di anni, sono state clamorosamente confermate dalla deposizione di Giovanni Brusca, al processo di Firenze sulle stragi del '93. Brusca ieri, mentre si aveva notizia di un nuovo allarme per la vita dell'ex magistrato, ha detto che far fuori un personaggio scomodo come Di Pietre sarebbe stato «un favore» di Cosa Nostra ai politici.