SEMBRA IERI CHE LA NAVE ASCIAVA NAPOLI di Bruno Quaranta

SEMBRA IERI CHE LA NAVE ASCIAVA NAPOLI De Crescenzo SEMBRA IERI CHE LA NAVE ASCIAVA NAPOLI SEMBRA IERI Luciano De Crescenzo Mondadori, pp. 117, L 18.000 RLAVA, la sirena del piroscafo nel porto di Napoli. Uomini, donne, bambini con il biglietto di sola andata per l'America lanciavano un gomitolo ai parenti e agli amici in lacrime (anche loro) sulla banchina. La nave andava, il filo si dipanava, fino a rompersi, sancendo il distacco dalla terra natale. Luciano De Crescenzo, no. Nell'arte di riannodare il più o meno esile canovaccio del passato eccelle. E' una sorta di prestigiatore, di acrobata sospeso fra il mondo di ieri e il computer - lui ingegnere -, una clessidra che filtra II tempo restituendolo intatto, limpido, vivo. Già, Sembra ieri, come suona il titolo del nuovo, subito fortunatissimo, album di questo bizzarro spirito partenopeo. E' un Dilettante della commedia umana, ha in uggia le accademie, non esita a dare del tu a Socrate e a Platone, è un caldarrostaio della cultura, sbuccia le idee, le ordina in padella, le fa magicamente scoppiettare, quindi offrendole ai passanti, a chi sa, a chi crede di sapere, a chi non sa. Perché «non si nasce imparati», come usa dire sotto il Vesuvio. Sono gli antenati l'ultima e non inedita scommessa di De Crescenzo, alias signor Bellavista. I lombi da cui discende, in forma di dagherrotipi, via via vengono estratti, evocati, narrati, chissà: reinventati. E' un teatrino di anime morte solo per l'anagrafe, di volti seppiati eppure rosei, di abiti d'antan eppure freschi di sartoria. E' un «core» non deamicisiano, un fiotto di sentimenti che una suprema ironia e smagatezza e infiocchettata «cattiveria» sottraggono alla tragedia. Istantanee, ovali, medaglioni. «Il ritratto di una generazione fatta di persone specializzate nel non consumare». Un'antologia di tipi salvati dalle abitudini, dai riti, dalla saggezza minima, domestica, frullata e tramandata nei secoli, dal compito ricevuto (sì, la sorte, né benigna né maligna) di fare di necessità virtù. «Eravamo felici» quasi mormora De Crescenzo, riecheggiando Hemingway: «... quando eravamo molto poveri e molto felici». C'è la nonna - col nastrino di velluto nero intorno alla gola che dispensava «'na bella cosa». C'è la tata ciociara braccata da un segreto. C'è io zio «pallista». Ci sono le zie che «essendo state, come si dice dalle nostre parti, "sfortunate con i mariti", erano due zitelle di ritorno». C'è lo zio Bebé, un simpatico mariuolo abbagliato dal lume di Sèvres. C'è papà, guantaio e pittore. C'è mammà, accasatasi in età matura grazie «a 'onna Amalia 'a Purpessa». Non mancano le pagine dispari in Sembra ieri. Luciano De Crescenzo, una creatura del quartiere Santa Lucia, immagina, infine, di salire in Paradiso. Lo attendono i genitori, all'oscuro dei successi che il figlio, dopo la loro scomparsa, ha inanellato. Debitamente informati - ogni notizia un colpo di stupore -, a loro volta intrattengono l'enfant prodige sul destino ultraterreno toccato ai carissimi antenati. Divagazioni, chiacchiere, pinzillacchere. Tanto per finire, almeno pare. Un'allegria di maniera, che stordisce la morte impedendole di sferrare il brivido. Cercatelo - se lo biamate - nelle Ore napoletane di un napoletano d'adozione, Giovanni Ansaldo: «E sotto quel cielo, da saga nordica, su quel mare da leggenda mediterranea, una piccola imbarcazione nera, ma nera, ma nera come non ricordo di averne vedute mai; lenta, sicura, misteriosa». Bruno Quaranta

Luoghi citati: America, Napoli, Sèvres