DNA MISTICA ADESIONE A RIMBAUD

DNA MISTICA ADESIONE A RIMBAUD DNA MISTICA ADESIONE A RIMBAUD SARA' pur sempre la stessa storia. Ma se i traduttori tradiscono non è mica detto che i poeti ci perdano, specie se a tradurli sono altri poeti. Come esiste infatti una critica dei poeti che risulta più penetrante e intelligente di quella accademica o «professionale», così esiste una fraternità di poesia che attrae soprattutto i poeti traduttori di poeti. Un buon esempio viene da Roberto Luciano Tàpparo (64 anni), il quale ha al suo attivo un libro poetico che piacque a Contini, Finché c'è il merlo (Scheiwiller, '91). Recupero del significato e tensione della forma chiusa ne costituiscono la dominante, segnata in particolar modo dai sonetti delle ultime sezioni. Già in Finché c e il merlo trova posto una poesia, / miei poeti, in cui Pessoa, Rimbaud, Machado e Eliot (così «vaganti» e così «distanti») vengono eletti a presenze vive «in quell'esteso bianco / che fu per noi un giorno / la carta dell'Europa». Ma tra i quattro riconosciuti, il più inseguito è stato certamente Rimbaud. Tàpparo lo ha pedinato per una vita, cercando di impossessarsi dei suoi versi come solo può desiderare un mistico o un iluminato. E ora il di più che correda il testo del volume intitolato Poesie e pubblicato dall'editore milanese Ignazio Maria Gallino (pp.8l,L. 25.000), denuncia candidamente i tratti di una generosa dismisura. Perché passi per la Vecchia lettera a Rimbaud, ritrovata, bel documento dove brillano alcune perle di meditazione confidenziale, ma i non proprio ignoti documenti biografici del poeta di Charleville che Tàpparo include nel libro come se fossero le tracce di un legante familiare, fanno piuttosto pensare a una bacheca un po' feticistica di cimeli. Meglio dunque restare al testo, che reca in parità i nomi del tradotto e del traduttore: Rimbaud e Tàpparo come una voce sola. Un atto che potrebbe suonare temerario e che invece, considerato l'avviso della Noto introduttivo, non è se non necessario: «Il mio intento è stato quello di far rivivere nella mia lingua pezzi del mondo di Rimbaud». Tàpparo sceglie la strada di un'immersione testuale che tenta di riportare soprattutto a galla il significato protondo dell'erranza e del vagabondaggio. Una poesia di movimento che incalza col ritmo di passi a volte sontuosi, ma più spesso estrosi e rapidi, come La commedia della sete o la Conzone della torre più alta, dove compaiono i famosi versi: «Per delicatezza / La mia vita ho persa». Verrebbe da parlare di consustanziali ta, se non si trattasse di un sostantivo un po' troppo teologale. Ma è vero che traducendo Rimbaud Tàpparo fa suo il concetto di comunione. Ogni parola di quella voce vibra nella fibra della sua, dice l'esperienza profonda del suo proprio dire. [g-1]

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