SALO', FUNEBRE SPETTACOLO: NON SI DEVE SEPPELLIRE di Giuseppe Culicchia

SALO', FUNEBRE SPETTACOLO: NON SI DEVE SEPPELLIRE SALO', FUNEBRE SPETTACOLO: NON SI DEVE SEPPELLIRE STORIA FOTOGRAFICA DELLA RS.I. A cura di Giovanni De Luna e Adolfo Mignemi Bollati Boringhieri pp. 410, L. 90.000 HI sfoglia la Storia fotografica della Repubblica sociale italiana, curata da Giovanni De Luna e Adolfo Mignemi per Bollati Boringhieri, non può fare a meno di interrogarsi sul tentativo di rileggere in un'ottica diversa dal passato le vicende di Salò e degli uomini che presero parte a quell'ultima avventura a fianco della Germania nazista. Si capit'i di dit d li iti i sce come a più di cinquant'anni di distanza da quegli avvenimenti si possa sentire il bisogno di chiudere i conti con quel pezzo della nostra storia. Se però da un punto di vista «esistenziale» si possono comprendere le motivazioni dei singoli ventenni che decisero di indossare la divisa delle Brigate Nere, il rischio che si corre nei confronti di chi vent'anni li ha oggi - e magari non ha in molti casi fatto in tempo, a scuola, a studiare quanto accaduto in Italia e al di fuori dei nostri confini nel corso del Novecento - è quello di confondergli ulteriormente le idee, ad uso e consumo delle cosiddette necessità politiche contingenti. Che Alleanza Nazionale e il Partito Democratico della Sinistra abbiano deciso rispettivamente a Fiuggi e alla Bolognina di non chiamarsi più Movimento Sociale e Partito Comunista va benissimo (anche se, in entrambi i casi, tali svolte vennero a loro tempo intraprese dalle dirigenze dei due partiti, senza che vi fosse una vera discussione con la base - da cui poi la rottura con gli elettori che oggi votano per la Fiamma o Rifondazione Comunista - e senza una reale autocritica nei confronti delle proprie enormi responsabilità storiche); ma che la reciproca legittimazione implichi anche di conseguenza un uso cinicamente strumentale o quantomeno ambiguamente disinvolto della Storia - frullando poi il tutto in una delle innumerevoli polemiche politiche della Seconda Repubblica e servendo il piatto ai giornali -, questo pare assai meno condivisibile. Tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, il Fascismo - attraversato dalle pulsioni di morte di cui scrisse Elias Canetti in Massa e potere, presenti nel suo Dna fin dalle origini, e imbevuto da un istinto di autodistruzione parallelo a quello dell'hitlerismo, secondo il quale la sconfitta avrebbe dovuto equivalere all'annientamento della nazione - portò consapevolmente il Paese verso la catastrofe. Sfogliando questa Storia, ci si rende conto ad esempio di come le fotografie della R.S.I. si distinguono tra tutte quelle scattate in Italia nel corso della guerra proprio perché sono innanzitutto essenzialmente «funebri»: e non soltanto nel caso dei tanti «ritratti» di parti¬ giani impiccati o fucilati in occasione dei rastrellamenti operati dagli uomini del Duce, oppure nella documentazione delle esequie di un qualche milite caduto nella lotta contro i «banditi» e seppellito secondo le tenebrose prescriziom della liturgia fascista. Il carattere funebre restituitoci dagli obiettivi dei fotografi dell'Istituto Luce, incaricati dalla propaganda di Salò di testimoniare lo sforzo bellico della Repubblica a fianco dei nazisti, traspare con la stessa evidenza anche dalle pellicole impressionate dai semplici fotoamatori arruolatisi volontari tra le file del variegato esercito mussoliniano, persino quando per questi si tratta di riprendere momenti di gioco o riposo tra camerati o nell'eventualità di feste e matrimoni. E' come se, tra l'autunno del '43 e la primavera del '45, all'interno del territorio controllato dall'Asse, tutti e tutto - anche le case, le strade, il cielo, gli alberi, le biciclette, i camion e ogni altro soggetto fotografato - avessero partecipato a un'ininterrotta ed enorme cerimonia funebre; e siccome ogni funerale è anche una rappresentazione, e quindi uno spettacolo, ecco la spettacolarizzazione dei corpi dei caduti, che diventa addirittura seriale nel momento in cui il ribelle giustiziato alla forca viene impiccato più volte in posti diversi ed esibito per giorni e giorni sulle piazze cittadine, palcoscenici ideali per quelle sinistre compagnie di teatro da strada. Ma non si rappresentò solo la morte del nemico per mostrare la propria forza, il proprio potere, né si mise in scena l'inumazione del compagno d'armi per eroicizzarlo nell'ottica della mistica di regime; in realtà, nell'arco di quei venti mesi, la R.S.I. celebrò il suo stesso lutto, reificatosi, insieme alla scomparsa delle illusioni del ventennio precedente, nel progressivo decadimento fisico di Mussolini, l'uomo che da tempo era diventato la personificazione vivente del Fascismo. Nella corsa verso l'estinzione, l'esperienza totalitaria - che nel frattempo, paradossalmente, era diventata a sovranità limitata, succube di un altro totalitarismo, parimenti indirizzato verso il suo crepuscolo degli dei ma ciò nonostante ancora in grado di esercitare sull'alleato una supremazia sia politica che militare - coinvolse nel suo lugubre percorso la totalità del reale residuo a sua disposizione, e perciò risultano mortuarie (e in certi casi addirittura di più) istantanee che in apparenza non avrebbero alcuna ragione di esserlo: basta guardare i soldati del reggimento San Marco al luna park, o l'esibizione di una ballerina in un locale notturno frequentato dai tedeschi, o ancora il pranzo delle operaie nella mensa della Pirelli. Aprire questa Storia corrisponde a ritrovarsi davanti a una macabra sfilata, alla testa della quale stanno gli adolescenti finiti in uniformi troppo grandi per loro, simili ai coetanei della Hitlerjugend accarezzati dal Fùhrer nel cortile della Cancelleria in uno degli ultimi cinegiornali del conflitto; ma, per quanto queste immagini siano macabre, non si può non confrontarsi con esse, e con la storia che esse raccontano. Rimuovere quest'ultima, o metterci la classica pietra sopra, non serve: né ai giovani di ieri (che cercavano la bella morte), né a quelli di oggi. Giuseppe Culicchia

Persone citate: Adolfo Mignemi, Bollati Boringhieri, Duce, Elias Canetti, Giovanni De Luna, Mussolini

Luoghi citati: Fiuggi, Germania, Italia, Salò