IL CALAMARO ALL'AGLIO DI ISABEL ALLENDE di Gabriella Bosco
IL CALAMARO ALL'AGLIO DI ISABEL ALLENDE Eros & cucina IL CALAMARO ALL'AGLIO DI ISABEL ALLENDE AFRODITA Isabel Allende Feltrinelli pp. 328 L 32.000 RO una matrona di Rubens, giusto un po' più anziana, che saltellava nuda come una fata obesa in un giardino incantato dove crescevano asparagi alti come alberi, funghi carnosi, melanzane impressionanti e ogni sorta di frutti morbidi da cui stillava miele denso e dorato. In quel luogo straordinario c'erano anche degli animali: anatre all'arancia, fagiani alla griglia, conigli al vino, maiali caramellati e qua e là un calamaro all'aglio». Inizia così, smagliante kitsch, uno dei sogni erotici che Isabel Allende racconta in Afrodita, il libro del risveglio sensuale - superata la soglia liberatoria dei 50 anni - e del ritorno all'appetito per il cibo e per la vita. C'è voluto del tempo, circa tre anni, dopo la morte della figlia Paula, perché la Allende tornasse a sognare una piscina di riso al latte in cui godere («e quella crema deliziósa mi accarezzava la pelle, scivolava tra le mie pieghe e mi riempiva la bocca») o Antonio Banderas nudo su una tortilla messicana, condito con guacamole e salsa piccante, arrotolato e mangiato con avidità. Tre anni come tre secoli in cui il mondo aveva perso i colori e un grigio universale si stendeva inesorabile sulle cose. Con la ripresa delle fantasie sessuo-alimentari, «chilo a chilo e bacio a bacio», Isabel Allende capì - era il gennaio 1996 - che il lungo tunnel del dolore era finito e che nel riemergere alla luce la voglia scoppiava in tutte le direzioni. Impossibile contenerla. Afrodita è la soluzione letteraria al problema della rinnovata esuberanza. La scrittrice cilena, altrove più incline al visionario e meno alla ciccia, si sente come all'età di otto anni, quando un maturo pescatore le mise tra le labbra con invida mano un'ovaia di riccio. «Iniziazione al mistero dei sensi... quel primo incontro intimo con un uomo» fu come una predizione. Tutti gli amori, sempre, avrebbero avuto il gusto di un cibo o di una bevanda: prosciutto, formaggio francese, vino del Reno. La Allende piroetta sulle credenze popolari che attribuiscono poteri afrodisiaci a questo o quell'alimento, cucinato in questo o quel modo («Lumache: non so perché siano tanto apprezzate. La loro fama erotica proviene dalla somiglianza con la clitoride... ma questa metafora mi pare offensiva. Non ho niente che assomigli a una lumaca e credo di poter dire lo stesso della maggior parte delle mie amiche»). Il suo ricettario, che segue a racconti e teorie, evita le complicazioni consuete, gli intrugli impervi e faticosi al pari di quelli truci e violenti. L'appagamento del desiderio deve avvenire in maniera piena, diretta e facile. Nessuna lingua di canarino strappata nottetempo e cotta in sangue mestruale. Al contrario, golose e realizzabilissime ricette, tutte sperimentate da Panciuta Llona, complice mamma di Isabel Allende, e illustrate con piccola malizia da Robert Schekter, coautore dell'idea di Afrodita e suggeritore per l'esperienza che fu. La «consolazione di riso al latte» chiude il libro. «Quali altri piaceri vi si adagino, lo sa la lingua. Ma non può dirlo». Gabriella Bosco
Persone citate: Allende, Antonio Banderas, Isabel Allende, Robert Schekter
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