Gli anticorpi della Cgil contro il virus di Fausto di Massimo Giannini
Gli anticorpi della Cgil contro il virus di Fausto NOMI E COGNOMI Gli anticorpi della Cgil contro il virus di Fausto ON la consumata ars dilatoria post-democristiana, con il «tutto s'aggiusta» andreottiano trasformato nell'«adagio, adagio» prodiano, il governo ha dunque aperto con le parti sociali il nuovo «tavolo», sul quale si dovrebbe sciogliere per estenuata consunzione il nodo delle 35 ore. Com'è noto alla riduzione dell'orario per legge non crede nessuno, tranne Fausto Bertinotti. Com'è noto si sta cercando di svicolare dalla scadenza-capestro di fine gennaio senza snaturare l'accordo con Rifondazione che ha rappattumato in extremis la maggioranza e scongiurato una crisi dagb esiti devastanti. Non sarà facile, ma è reabsticamente l'unica strada per Prodi e Micheli. La riunione di ieri con i sindacati - procedurale, «di metodo» e nient'affatto di merito, come esige il consolidato copione dilatorio - è la fotografia esatta della difficile prova di equilibrismo che aspetta il governo. Da palazzo Chigi arriverà una proposta, fanno sapere Cgil-Cisl-Uil. Vedremo di che natura sarà. L'impressione è comunque quella di un film già visto: si chiama vWelfare, la madre di tutte le riforme». Iniziò nella primavera scorsa, andò in onda fin verso l'estate, finì in autunno. Come, 10 sappiamo tutti. Ma a parte questo, tra il dibattito sulla riduzione dell'orario di lavoro e quello sullo Stato sociale la vera analogia riguarda il ruolo, decisivo, di alcuni protagonisti del film. La vera star-ring è stata, e sarà anche stavolta, la Cgil. Perché nonostante quello che ha così lucidamente scritto nel suo articolo di sabato scorso sul Sole 24 Ore - e cioè che le 35 ore non sono «un semplice pretesto politico», e che la «visione dietrologica» non gli appartiene, e che la sua è «una concezione non macchinosa e non ombrosa della politica» - per Bertinotti il vero obiettivo da colpire, o comunque da tenere sotto schiaffo, è e resta 11 grande sindacato guidato dal «nemico» Sergio Cofferati: sulle 35 ore, come già accadde sulle pensioni. Rifondazione per ora non ha la forza per costruire il «suo» sindacato: lo provano i tentativi, tutti abortiti, e lo dicono i numeri. Ma ha la capacità di inoculare, volta per volta, l'antico virus scissionista nella Cgil. O quanto meno di farla sbandare a sinistra, sulle questioni economico-sociali più laceranti per i lavoratori e i pensionati. E' il «brodo di coltura» politico, e anche elettorale, di Bertinotti, che non rinuncia a inzupparci il pane della polemica più radicale, ai danni del «riformista» Cofferati. L'operazione è riuscita, e sta riuscendo anche stavolta. Non foss'altro per il fatto che la Cgil è fortemente divisa, sulla strategia da seguire nella vicenda delle 35 ore: i cofferatiani da una parte, con in testa Walter Cerfeda, e l'ala comunista dall'altra, con i Giampaolo Patta e gli Augusto Rocchi. Sotto questo profilo, il direttivo che si svolgerà oggi in Corso d'Italia servirà a capire se, e in che misura, la confederazione è in grado di esprimere i propri «anticorpi». E di arrivare ad una sintesi che non si distacchi troppo dalla linea di netta contrarietà alla riduzione d'orario per legge, già espressa dalla Cisl di D'Antoni e dalla Uil di Larizza. E' probabile che l'idea dello scambio orario-produttività a livello aziendale, e della sperimentazione incentivata, biennale e su base contrattuale, sia una mediazione utile, sia per gli equilibri interni alla Cgil, sia per quelli interconfederali. Lo capiremo presto. L'importante è che, da questo vicolo cieco apparente (ancorché inevitabile per la sopravvivenza del governo e per l'obiettivo Maastricht) non si esca scegliendo «terze vie» raffazzonate, confuse, contraddittorie. Quella dell'orario è materia delle parti sociali: a loro, e solo a loro spetta la parola finale, su qualunque ipotesi di compromesso. Il governo farebbe bene a tenerne conto, se è vero - come dicono e ripetono tutti i ministri - che (da concertazione resta la stella polare». E farebbe bene a ricordare che l'arma che Rifondazione usa per scardinare e rimescolare a suo vantaggio gli equilibri interni alla Cgil e all'intera Sinistra è proprio la «fine della concertazione», «sconfitta secondo Bertinotti - dalla sua manifesta incapacità di risolvere il problema della lotta alla disoccupazione». Predicare la concertazione solo a parole, praticando nei fatti la politica dei due forni si tratta con le parti sociali e poi si ridiscute con Rifondazione, o viceversa - è come caricare l'arma nelle mani di Fausto. Esattamente quello che ha fatto il ministro del Lavoro Treu, rinunciando a recepire la direttiva europea sull'orario legale a 40 ore. Post-democristiani va bene, ma per favore, non fino a questo punto. Massimo Giannini lini
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