L'ultima guerra del pensionato Pinochet

L'ultima guerra del pensionato Pinochet A sorpresa il generale ha comunicato al presidente Frei che lascerà la carica di capo di Stato Maggiore con un mese di ritardo L'ultima guerra del pensionato Pinochet L'ex dittatore esige un posto in Senato. Che si oppone IL CASO I Ol SANTIAGO IWttj, I Somoza, sergente mi- BBB liardario in Nicaragua, W&P Roosevelt aveva detto: «Sarà un figlio di puttana, però è d "nostro" figho di puttana, e ce lo teniamo». I dittatori erano una categoria che idustrava bene la storia squilibrata di un Continente, e avevano nomi adeguati, da opera comica. Somoza. Noriega. Peròn. Viola. Pinochet. Era un elenco che poteva essere lungo all'infinito. Ma era poi caduto fuori moda, e per questo le notizie da Santiago, di un severo braccio di ferro con un dittatore, ci tornano ora addosso come una storia di tempi remoti. Da anni l'America Latina ha imparato a filare in riga con d Fondo monetario, perfino le sue Borse, a Rio, a Buenos Aires, anche a Città di Messico, stanno reggendo abbastanza bene la débàcle delle tigri d'Asia; chiusa la «década perdida», l'economia del dollaro ha saputo imporre un ordine che, dalla sponda arida del Rio Bravo fino alle terre ventose del Capo Horn, ha dato stabilità e nuova ricchezza (ma non per tutti: U 34 per cento del subcontinente sta tuttora sotto la soglia della povertà). Sembrava il nuovo paradiso delle società finanziarie, comunque. E, confessiamolo, dei dittatori ci eravamo proprio dimenticati. Ci eravamo dimenticati anche del Cde, che era ormai soltanto un vago ricordo di anni amari, le guerriglie, la Cia, i colpi di Stato, gli spaghetti in salsa edena, i desaparecidos. Più Pinochet, naturalmente, con la sua faccia da faina, gli occhiali scuri, e quel cappotto verde lungo, da SS di seconda mano. Pinochet era stato l'anima nera di quegli anni, ma Pinochet era stato anche l'uomo che aveva bloccato d disastro finanziario di un Paese ado sbando, senza più crediti internazionali; e con lui il Cde era diventato la pupilla dorata degli economisti liberisti, terreno di grandi avventure per gli investitori stranieri, unico vero dragone del Sud America con un tasso di sviluppo costante del 7 per cento negli ultimi anni. Ora d tintinnio dede sciabole che risuona dade caseine di Santiago non ci porta notizie di golpe (da Pinochet in avanti, i golpe si fanno a suon di dollari, non più con i cadetti che sfilano in armi). Ci porta però la notizia che anche i Paesi che hanno conti in ordine e pance grasse conservano però - al fondo del fondo, ma la conservano - una coscienza. E questa pare una buona notizia. Sono stato in Cde alcuni mesi fa, ho incontrato gh uomini del potere, i padroni dell'economia, la gente senza cronaca. Ne ho riportato con me la storia imbarazzante di un paese civile ma in gabbia, dove la lingua non ha la forza di sciogliersi, dove tutti - d presidente Frei, i ministri, i partiti, gd intellettuali - tacciono e ammiccano. Come a dire che in casa, di là, ned'altra camera, c'è un ospite ingombrante ma che nessuno può sbatter fuori. L'«ospite» era Pinochet, che nel marzo del '91 aveva dovuto cedere U potere per un fatale errore di presunzione (d plebiscito ded'89), ma che se ne era risarcito abbondantemente ritagliando per se stesso uno spazio politico inattaccabile, dal quale - come capo dede Forze Armate e però anche come leader di un 45 per cento della società, non dimentichiamolo - condiziona- va drammaticamente ogni esercizio del potere costituzionale. Il padrone restava lui, anche se al lungo tavolo di noce deda Moneda ora sedeva un signore in panni borghesi armato di tanta buona volontà. E poi, se a qualcuno saltava in mente di dimenticarsi di dove fosse d potere reale, e si agitava troppo a chiedere i conti con il passato, subito lui faceva indossare ai suoi uomini le uniformi da combattimento. Il ghiribizzo rientrava, e i soldati tornavano in libera uscita. Ora a Santiago c'è un nuovo sussulto. Non è che, intontiti dal sodeone deda loro estate australe, i politici si stiano improvvisamente dimenticando di dove sia il potere reale; piuttosto, la novità è che questo «potere» si trova ora a misurarsi un po' ridotto, ristretto a dimensioni meno terrorizzanti dopo il passaggio di Pinochet nella riserva e dopo la nomina di un nuovo comandante in capo (lo scambio formale sarà chiuso a marzo, quando «Pinocho» lascerà per sempre la caserma e diventerà senatore a vita). La battaglia si sta agitando proprio su questo diritto a diventare senatore, che la Costituzione cilena (che è però una Costituzione pinochettista) gli garantisce come forma di continuità del precedente potere, informale, di veto. Gli oppositori dicono: no, l'indegnità del potere dittatoriale priva il generale Pinochet di questo diritto. Ma, ripetendo un rituale ormai consunto, ecco che nelle caserme si riunisce d'urgenza la gran congrega dello Stato Maggiore, e uno dei tanti generali con medaglia viene fuori a dire alla tv: «Attenzione, state giocando con il fuoco». Non ci sono molti Paesi, nella storia di questo secolo (che è breve ma ha sicuramente mostrato sete di democrazia), non ci sono molti Paesi nei quali un potere dittatoriale abbia passato alle forze politiche, senza conflitti, il controllo del governo; la Turchia, la Spagna, e il Sud Africa, completano, forse, con il Cile, l'asfittica casistica delle forme di transizione democratica. Non tutte queste forme sono uguali tra di loro. La Turchia ha tuttora sufficienti anomalie nell'equilibrio di forze tra potere militare e potere civile; Cile e Sud Africa non hanno nemmeno completato il percorso difficile della transizione, ed è per questo che in qualche modo aprono processi di violazione (Botha, Pinochet) del patto politico stilato nella fase del passaggio dei poteri. Soltanto la Spagna postfranchista rispettò l'impegno a non guardare più al passato; ma la Spagna aveva avuto modo di assorbire e metabolizzare l'eredità della dittatura, e la nuova società s'identificava in poco o nulla del vecchio stile, dell'ideologia falangista, dei morti interrati nel Valle de los Caidos. Il soprassalto di (Johannesburg e di) Santiago conferma soltanto che i moti della coscienza collettiva non sono riducibili a pure categorie dello spirito. I conti con il passato restano un passaggio obbligato di ogni società che costruisca il progetto del proprio futuro; a Santiago, quel vecchio cappotto da SS di seconda mano è ancora appeso nell'anticamera di questo futuro. E ingombra. Mimmo Candito I comunisti annunciano che lo denunceranno per i morti e i desaparecidos del golpe Viene alla luce il vizio d'origine della democrazia cilena Il generale Pinochet ascolta «Lili Marleen», la sua canzone favorita, suonata da una banda militare davanti a casa sua. Nelle foto piccole, il presidente Frei (a sin.) e l'ex capo dello Stato Patricio Aylwin