Vuota il sacco uno degli uomini d'oro

Vuota il sacco uno degli uomini d'oro Si è aperto con una svolta il processo per il colpo miliardario alle Poste e i due omicidi Vuota il sacco uno degli uomini d'oro In serata, appena conclusa la prima udienza Cella chiede di parlare al pubblico ministero La coppia degli uomini d'oro si sfascia dopo la prima udienza: Cella si trattiene a colloquio con la sua donna, anche lei in carcere, dopo mesi, e poi va in procura. Vi rimane sino a sera. Ha vuotato il sacco? Uno dei presenti all'interrogatorio conferma mdirettamente la collaborazione dell'imputato: «Cella farà dichiarazioni in aula». Stamane in corte d'assise. E pensare che la svolta doveva venire da Domenico Cante. «Devo cominciare a dire quello che so», aveva confidato alla moglie nel repartino delle Molinette, un anno e mezzo fa. Una microspia aveva carpito le parole finite fra le fonti di prova depositate dall'accusa all'apertura del processo. L'accusa contro i due è un macigno: omicidio premeditato dei complici nel furto Giuliano Guerzoni e Enrico Ughini. Il pomeriggio del 26 giugno 1996 Cante e Guerzoni formano l'equipaggio del furgone impegnato a ritirare l'incasso dell'Ici in dieci uffici postali. Ughini li aiuta nascon¬ dendosi sul blindato, Cella è accusato di attenderli in zona. Il bottino risulterà inferiore alle previsioni: 2 miliardi e 52 milioni in contanti e quasi 3 in assegni (questi ultimi non saranno riciclati). I cadaveri di Guerzoni e Ughini vengono scoperti 17 giorni dopo: i due sono stati uccisi la notte del colpo. In aula i pm Maurizio Boselli e Antonio Malagnino martellano sin dal primo minuto, suscitando le proteste dei legali di Cante, Antonio Forchino e Franco Trebbi: «L'esposizione dei fatti deve essere coincisa, ha stabilito il codice di procedura. La relazione introduttiva è già una requisitoria». Il presidente Costanzo Malchiodi stoppa la prima controffensiva. E si va avanti per due ore e tre quarti con la dettagliata ricostruzione di furto e omicidi. Per sottrarre il denaro dell'Ici, Guerzoni dà il meglio della «sua ricchezza immaginativa». Glielo riconosce Boselli ricordando la partecipazione dell'autista per forza (e rubacuori di provincia per vocazione) ai certamen di poesia fra dipendenti postali. Guerzoni meditava il piano da anni e lo preparava da tre mesi, da dopo il 16 marzo, quando cambiano le disposizioni sui sacchi portavalori. Poi il furto di una punzonatrice da un ufficio postale, i contatti con Cante, un primo tentativo a fine maggio che va a vuoto perché un agente di scorta si avvicina ai vetri bruniti della cassaforte dell'automezzo, in cui si è nascosto Ughini: la brutta copia di Guerzoni. Per il pm le loro vite sono «accomunate dall'insofferenza per il lavoro e la famiglia». Guido BufTardeci, l'avvocato dello Stato, unica parte civile, si appunta i rilievi che Boselli muove all'organizzazione postale: il giorno prima c'è stata una rapina e la scorta è più che attenta, ma il piano di Guerzoni prevede di colpire dall'interno, con Ughini pronto a sostituire durante le soste i sacchi con il denaro con altri pieni di cartaccia; i controlli saranno inesistenti all'ufficio assicurate di Torino-Ferrovia, in via Nizza. Secondo i pm, Cante e Guerzoni hanno concordato un alibi per il primo, «che ha tutto da perdere». Il compito di Cante è ritirare i sacchi portavalori negli uffici postali: l'ultimo, il decimo, deve essere lasciato intatto per consentire allo «scambista» di potersi difendere: «Dopo l'ultima sosta, con me sul furgone, non è più successo nulla». Ma va così: il sacco viene aperto e 577 milioni in contanti restano però sul blindato. Senza uno straccio di distinta. All'arrivo in via Nizza, Guerzoni dirà inutilmente, per addossarsi a futura memoria ogni colpa: «Domani non mi vedete, vado ai Caraibi». [al. ga.] Domenico Cante, lo scambista accusato di aver ucciso i complici, ieri al suo arrivo in aula

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