crolla un altro tabù

crolla un altro tabù Da domenica il maestro dirigerà l'Orchestra della Scala nell'esecuzione integrale del ciclo crolla un altro tabù MILANO. Perfino Wagner, il cui super-io poteva essere più ingombrante dell'Everest, lo temeva. Era il suo incubo: non arrivare sul podio, non riuscire a dirigere la «Nona» di Beethoven, culmine di un monumento sinfonico che da 170 anni sfida e seduce l'onnipotenza dei direttori d'orchestra, il desiderio d'ascolto e di conferme del'pubblico. Da domenica Riccardo Muti e l'Orchestra Filarmonica della Scala avviano il progetto dell'esecuzione integrale del ciclo beethoveniano. «Segno - dice il direttore - della maturità e dell'affidabilità raggiunta dal nostro complesso, dopo anni di lavoro e di continui progressi. Un impegno al quale attribuiamo un valore particolare». Con «Traviata», riproposta da Muti dopo un'assenza di 25 anni, questo è il secondo tabù che s'infrange: le nove sinfonie mancano dalla Scala dal 1952, quando le diresse Victor De Sabata. Da mesi il teatro è esaurito per tutte le repliche di tutti i concerti. «Crediamo - commenta il direttore artistico Paolo Arca - al valore dell'esecuzione dal vivo, voghamo che chi è abituato all'ascolto dal disco riscopra l'emozione e la ritualità della presenza degli interpreti, di essere nel teatro, non nel salotto di casa propria». Le Sinfonie vengono dopo le Sonate per pianoforte affidate a Maurizio Pollini, dopo i Trii e i Quartetti, prima del «Fidelio» che il 7 dicembre 1999 inaugurerà la prima stagione del nuovo millennio. «L'opera della libertà contro l'oppressione, della fratellanza e dell'amore: questo il messaggio che la Scala intende dare in quell'occasione», anticipa Muti. Due anni fa a Roma anche l'Accademia di Santa Cecilia propose il ciclo beethoveniano, diretto dal giovane Christian Thielemann. In quell'occasione vennero pubblicate delle lezioni universitarie tenute da Fedele d'Amico: «La fede nella capacità dell'azione umana, questo è il cardine della morale di Beethoven: la sua musica lo esprime con chiarezza apodittica». E' l'ottimismo della volontà che ancora pretendiamo da questi lavori, dal tema affidato ai vio lini, già così perentorio e inconfondibile, che scandisce il pri mo movimento della Prima Sin fonia (1800), fino all'Inno alla gioia su testo di Schiller che sigilla il finale della Nona (1824)? «Vive in lui il vero spirito tedesco, una spiritualità che non si può calpestare», scriveva Wil helm Furtwangler motivando così la decisione di restare a Berlino durante gli anni del nazismo per testimoniare - dirigendo Beethoven - la sua devozione all'idea di un'altra Ger mania. Ma nel 1941 il giovane Karajan eseguiva l'Eroica da vanti al Fuhrer per celebrare il compleanno del dittatore. Al di là dell'oceano, esiliato dall'Ita lia fascista, Toscanini con l'Orchestra della Nbc aveva allora già completato il primo dei suoi due cicli sinfonici. Ma il primo direttore a lasciare testimonianza discografica delle nove sinfonie era stato, nel 1927, Felix Weingartner. Luigi Bellingardi, che per il programma di sala ora pubblicato dalla Scala ha curato la discografia, riporta 71 incisioni integrali (per la maggior parte registrate in studio) già disponibili, quattro stanno per concludersi, tre sono state avviate. Karajan ne ha volute cinque, più di ogni altro. Non c'è direttore che non ne abbia subito il fascino, che sia sfuggito al bisogno di cimentarsi e verificarsi di fronte a partiture che chiedono passione e rigore, rispetto del testo e invenzione. Una for¬ tuna esecutiva che inizia subito, già durante gli ultimi anni di vita del compositore, quando l'editore di Bonn Nikolaus Simrock pubblica le sue prime sei sinfonie «per erigere un degno monumento al mio vecchio degno amico». Negli Anni 30 dell'Ottocento Mendelssohn-Bartholdy è orgoglioso di possedere l'autografo della Settima, Hector Berlioz parla di quelle sin¬ fonie come di «un'opera immensa»; nella seconda metà del secolo Hans von Bùlow, il direttore e primo marito di Cosima Liszt, poi Wagner, pensa ad un'edizione critica e pretende di correggere Beethoven nelle sue scelte più audaci, in quella tromba che tace improvvisa nel finale del primo movimento dell'«Eroica», immagine della morte di Napoleone, traditore dell'ideale repubblicano e nuovo imperatore. L'equilibrio di Eugen Jochum, lo scrupolo di Igor Markevitch, Hermann Scherchen e i suoi tempi veloci fino alla follia visionaria, il languore compiaciuto dell'ultimo Karajan, Christopher Hogwood e la bella pretesa degli strumenti originali, la danza dionisiaca di Carlos Kleiber... Beethoven è sempre lì, a pie fermo attende il maestro, l'orchestra e il pubblico che bussano alla porta del suo segreto. Sandro Cappelletto MUTI BEETHOVEN Verranno eseguite tutte le sinfonie Persino Wagner temeva la Nona «Grande impegno» «Segno di maturità e di affidabilità del complesso, dopo lunghi anni , di progressi» Riccardo Muti dice a proposito dell'«impresa» sinfonica: «L'opera della libertà contro l'oppressione, della fratellanza e dell'amore: questo il messaggio che la Scala intende dare in quell'occasione»

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